Caso Balerna, il Tribunale conferma: il Gigante giallo può fare tutto quel che vuole

 

Come da copione, il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha stabilito che la Posta, guidata dalla Susanne “un milione all’anno” Ruoff, può tranquillamente chiudere l’ufficio postale di Balerna. Questo malgrado l’ufficio questione non sia deserta e dimenticata da tutti ma, secondo i dati, serva in media un cliente ogni due minuti nelle sei ore di apertura giornaliere: il che significa 224 clienti al giorno.

Il fatto è che la motosega della Posta non colpisce solo uffici postali “in disuso”. Si abbatte anche  su quelli che dispongono di un’utenza bastante a giustificarne la sopravvivenza.

La farsa del “dialogo”

Nel 2015, quindi non nell’antichità classica, gli uffici postali in Svizzera erano ancora 2200. Adesso sono circa 1300. Entro il 2020 è previsto che ne restino solo 800/900. Il che equivale alla cancellazione di quasi 1200 posti di lavoro. Il tutto però nell’indifferenza della casta, la quale – come abbiamo ben visto nella campagna di votazione sull’iniziativa “No Billag” – si scalda (fino all’isteria!) solo per gli impieghi della sovradimensionata radioTV di Stato.

La sentenza del TAF viene comprensibilmente vissuta come un pesce in faccia ai cittadini e alle autorità locali: non solo a quelle di Balerna, ma a quelle di tutti i Comuni raggiunti dal machete della Susanna “un milione all’anno” Ruoff.

In realtà la sentenza del TAF era scontata. Si sapeva bene che, nel quadro normativo attuale, Comuni e Cantoni non hanno nulla da dire sulle chiusure degli uffici postali. A decidere è solo la Posta. Il tanto declamato e politikamente korrettissimo “dialogo” è una farsa.

Statalismo selvaggio

Occorre dunque cambiare le regole del gioco, visto che l’ex Gigante giallo ne sta ampiamente abusando. Chi lo deve fare? I politicanti federali. La Posta è infatti al 100% di proprietà della Confederazione. E dunque fa ridere i polli che i populisti di $inistra attribuiscano il malandazzo attuale alle privatizzazioni. Ma quali privatizzazioni? Nella Posta di privato non c’è un centesimo. Il CdA, presieduto dall’uregiatto Urs Schwaller, è nominato dal Consiglio federale. Chi vi siede non detiene nessuna azione, quindi non rischia un centesimo del suo. L’organo di controllo è la PostCom, anch’essa nominata dal Consiglio federale. Questo non è certo capitalismo selvaggio. Semmai è statalismo selvaggio.

La Posta fa tutto lei

Il servizio pubblico nel settore postale lo deve definire la politica, e non la Posta. Adesso invece sono i capoccioni del fu Gigante giallo che stabiliscono a quali prestazioni hanno diritto i cittadini. Lo stabiliscono in base alle proprie paturnie pseudo-manageriali, impipandosene di tutto il resto.

Per questo il parlamento federale ha approvato le moratorie sulle chiusure di uffici postali: fino a quando la politica non avrà stabilito quale e quanta Posta ci vuole in Svizzera, l’attuale piano di smantellamenti del servizio pubblico (perché di questo si tratta) va congelato. Quindi non si chiudono più uffici postali. Da notare che la Posta realizza in media utili per 800 milioni di Fr all’anno. Non è quindi di un’impresa che deve tagliare per sopravvivere.

Agli aspetti di servizio pubblico si aggiungono anche quelli occupazionali. Chiusura di uffici postali significa perdita di impieghi. E appaltare il lavoro alle agenzie (che comunque non offrono gli stessi servizi degli uffici postali) è un modo per aggirare il contratto collettivo (la Posta ce l’ha, le agenzie no). Quindi una forma di dumping.

Parlamento inascoltato

A Berna dunque il Parlamento tanto per una volta una decisione l’ha presa: la chiusura di uffici postali va fermata.  Ma la Posta se ne sbatte. Se ne sbatte perché a reggerle la coda ad oltranza c’è il Consiglio federale e specificamente la ministra dei trasporti e delle telecomunicazioni, ossia la Doris uregiatta. Che non perde occasione per ergersi a paladina dell’operato dell’ex gigante giallo e della sua ormai indifendibile direttrice Ruoff. Evidentemente gli utili fatti dalla Posta sulle spalle dell’utenza e dei collaboratori sono un “tesoretto” che al governicchio federale torna molto comodo.

Fa quindi un po’ specie leggere, sul bollettino Popolo e libertà, le invettive, anche giustificate, del presidente del PPD ticinese contro la Frau Ruoff, ma neanche un cip sulla “connection azzurra” – Consigliera federale e presidente della Posta – che non solo le conserva la poltrona, ma ne appoggia l’operato.

Autopostale?

A proposito: che fine ha fatto l’inchiesta sullo scandalo Autopostale, che ha visto lo Stato (la Posta) truffare lo Stato (Confederella e Cantoni) per centinaia di milioni di franchetti? Tutto imboscato? Quanto scommettiamo che, grazie alle protezioni di cui sopra, la Susanna resterà al suo posto tranquilla come un tre lire, e a pagare sarà, al massimo, qualche quadro intermedio (nell’impossibilità di dare la colpa per l’accaduto alle donne di pulizia)?

Lorenzo Quadri