Il postulato Quadri al Consiglio federale ancora in attesa di risposta
Ma a Roma lo sanno che stanno perdendo importanti entrate fiscali?

Nelle fasi conclusive della campagna elettorale italiana, sono tornati “sotto i riflettori” gli accordi fiscali Svizzera-Italia.
E’ evidente che non c’è alcuna fretta da parte nostra di concludere simili accordi.
Per contro, un trattato con l’Italia che sarebbe nel nostro interesse, ma anche in quello della Vicina Penisola, c’è. E riguarda la fiscalità dei frontalieri. In quest’ambito, è concreta la possibilità di arrivare ad una situazione di win-win, come si usa dire oggi con l’ennesima orribile espressione inglese.
Oltre ad incassare più soldi, l’Italia potrebbe correggere un trattamento iniquo tra i suoi stessi concittadini. Poiché i frontalieri in senso fiscale, ovvero quelli che risiedono nella famosa fascia di 20 km dal confine, risultano smaccatamente avvantaggiati rispetto a tutti gli altri lavoratori residenti in Italia.
Qual è, quindi, la proposta in questione? E’ quella portata a Berna da chi scrive, sottoforma di postulato su cui il Consiglio federale deve ancora prendere una posizione ufficiale.
In sé si tratta di una proposta semplice: tassare i frontalieri in base all’aliquota italiana, come tutti gli altri loro concittadini residenti in Italia.
L’aliquota italiana è nettamente più elevata di quella elvetica. Sicché in caso di applicazione ai frontalieri dell’aliquota della Vicina Penisola, la Svizzera si terrebbe la totalità dell’imposta elvetica, senza ristornare niente all’Italia: per il Ticino questo vuol dire 60 milioni di Fr e più. L’Italia si prende la differenza tra le due aliquote.
Questa proposta non deve essere poi così balzana dal momento che, a quanto pare, è una delle ipotesi su cui starebbero lavorando i negoziatori elvetici. Ma guarda un po’!

La via da percorrere
Poiché l’accordo sulla fiscalità dei frontalieri è vantaggioso sia per la Svizzera che per l’Italia, non può certo essere messo sullo stesso piano di quello concernente la piazza finanziaria. Da un lato perché le cifre in gioco sono diverse, dall’altro perché da un eventuale accordo con l’Italia in materia di fiscalità del risparmio la Svizzera, e il Ticino in prima linea, avrebbe solo da perderci.
Quindi è poco ma sicuro che la piazza finanziaria ticinese e migliaia di posti di lavoro non possono essere barattati semplicemente con un migliore accordo sui frontalieri che, come detto, è nell’interesse di entrambe le parti e non di una sola.
Imporre tutti frontalieri secondo l’aliquota italiana, ovvero abolire lo statuto fiscale di frontaliere, non è solo doveroso per una questione di equità tra lavoratori italiani (un problema che, di per sé, riguarderebbe l’Italia e non noi) ma anche e soprattutto per una questione di equità nei confronti dei lavoratori ticinesi. I quali stanno scontando le pesantissime conseguenze della libera circolazione delle persone con l’Italia. E’ infatti evidente che il potere d’acquisto di un frontaliere che guadagna X è di molto superiore a quello del ticinese che guadagna la stessa cifra. Oltretutto nella situazione attuale non è nemmeno vero che il frontaliere paga le stesse imposte che verserebbe il cittadino elvetico. Infatti paga circa il 15% in meno.
Poiché il frontaliere vive in Italia, a costi della vita italiani, è giusto che il suo carico fiscale sia quello italiano.
Dovendo inoltre pagare più imposte, il frontaliere non sarà più nella condizione di accettare gli attuali salari da dumping, ad esempio 1800 Fr per un lavoro a tempo pieno. Dovrà anche lui guadagnare di più. Quindi il bieco giochetto della sostituzione di dipendenti ticinesi con frontalieri pagati la metà ne risulterà ostacolato.
E’ questa la via da percorrere. Non certo quella dei salari minimi per tutti promossa dal Consiglio di Stato che si traduce in un regalo per i frontalieri (come ben emerso dalle reazioni esultanti del Corriere di Como) e per un danno per i ticinesi che guadagnano più del minimo salariale, le cui paghe si appiattiranno su questo minimo.
Quindi è giusto che i frontalieri paghino più imposte ed è giusto che queste maggiori entrate vengano utilizzate per promuovere l’occupazione dei ticinesi.
Lorenzo Quadri