I dati trionfalistici “pro-aperture” dell’Ustat non rispondono ad alcune domandine

 

Scusate ma ci scappa da ridere! L’Ufficio cantonale di statistica (Ustat) in questi giorni se ne è uscito con una bella ricerchina dalla quale risulta che il Ticino avrebbe l’economia più dinamica della Svizzera. O gaudio, o tripudio! Evidentemente lo studio viene subito enfatizzato dalla stampa di regime per il solito scopo: far credere che, con la libera circolazione delle persone, questo sfigatissimo Cantone prospererebbe alla grande! E chi sostiene che esiste invece un’emergenza occupazione, ed anche assai preoccupante, è un becero populista e razzista!

Peccato che invece l’emergenza esista eccome. E la partitocrazia farebbe bene a prenderla sul serio. Invece preferisce minimizzarla, se non addirittura negarla. Naturalmente pro sacoccia. Perché riconoscere la realtà equivarrebbe ad ammettere che la tanto osannata libera circolazione è, per dirla alla Fantozzi, una ca*ata pazzesca. Il nostro benessere ed il nostro futuro sono stati svenduti per la smania di “aprirsi” e di adeguarsi all’idiozia del pensiero unico spalancatore di frontiere.

La realtà è un po’ diversa

La realtà ticinese, alla faccia dell’ “economia dinamica”, parla infatti di record di casi di assistenza. In gennaio ce n’erano 8106. 272 in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Tra il 2010 ed il 2016 le richieste di assistenza sono aumentate del 62%

La realtà ticinese parla anche di povertà che schizza verso l’alto. In Svizzera, secondo l’Ufficio federale di statistica, è povero il 7.5% della popolazione, mentre nel nostro  Cantone siamo al 17%. A livello nazionale le persone a rischio povertà sono  il 14.7% mentre Ticino si raggiunge un inquietante 31.4%. Ovvero, praticamente un terzo della popolazione in Ticino è a rischio di povertà. La percentuale cresce a ritmo accelerato: nel 2013 infatti eravamo al 24.4%.

E sempre questa sgradevole realtà, che con vergognosa e volgare  insistenza(“quelle vulgavité!”) continua a manifestarsi, dice anche in Ticino è record di fallimenti di aziende. Tra il 2016 ed il 2017 i fallimenti sono cresciuti dell’11%. Solo nel primo semestre dello scorso anno sono andate a gambe all’aria 212 società.

Sarà che notoriamente siamo populisti e razzisti, ma le cifre sopra indicate non sembrano molto in linea con le fetecchiate dell’Ustat che descrivono l’economia ticinese come la più dinamica del Paese (ovviamente in un goffo tentativo di puntellare l’attuale regime di invasione da sud).

Nuove aziende e posti di lavoro

Ma su che base l’Ustat stabilisce che il Ticino avrebbe l’economia più dinamica della Svizzera? Risposta: tra il 2011 ed il 2015 il numero di aziende presenti sul territorio è salito del 17.1%, ed i posti di lavoro del 7.4%.

A questo punto a noi, che notoriamente siamo beceri populisti e razzisti, e che di economia ne capiamo come il Gigi di Viganello, nascono spontanee un paio di domandine. Ad esempio:

  • Quante di queste nuove aziende sono ancora operative?
  • Quante di queste aziende sono in realtà ditte-foffa in arrivo da Oltreramina che assumono solo frontalieri, e dopo qualche tempo falliscono, stuccando dipendenti e fornitori?
  • Quanto ha influito sul numero di nuove aziende creato in Ticino il fenomeno dei “serial-pufatt”, ovvero dei furbetti del quartierino (magari quartierino italico, ma non solo) che a ritmo vertiginoso aprono imprese, le chiudono e le riaprono sotto un’altra ragione sociale (uella), lasciando dietro di sé una lunga scia di debiti impagati o “puff” che dir si voglia?
  • Sul numero dei nuovi posti di lavoro creati: quanti di essi sono occupati da ticinesi, e quanti da frontalieri?
  • E’ vero o non è vero che da vari anni ormai il numero dei nuovi posti di lavoro creati in Ticino equivale a quello dei nuovi permessi G rilasciati, o addirittura è inferiore? E in considerazione di tale dato: è vero o non è vero che a beneficiare della sedicente “crescita”non sono i ticinesi bensì i frontalieri, quindi non è il tessuto economico e sociale ticinese ad avvantaggiarsene ma quello delle fasce di confine del Belpaese?

Morale della favola:

Prima di venirci a raccontare storielle fantasiose sull’economia a gonfie vele (tanto per cercare di sbugiardare gli odiati “populisti”), e di descrivere scenari idilliaci da pubblicità del Mulino Bianco che non hanno riscontro nella realtà, cominciate a rispondere alle domandine di cui sopra. Poi ne riparliamo.

Lorenzo Quadri