Frontiere spalancate e stop all’energia fossile e nucleare: il black out è garantito!
Il prossimo 18 giugno saremo chiamati a votare sulla legge sul clima (LOCli). Il titolo è stato taroccato aggiungendoci un “rafforzamento della sicurezza energetica”, che con la legge in questione non c’entra una fava. Il tentativo di infinocchiare il popolazzo è evidente. La LOCli, ben lungi dal rafforzare la sicurezza energetica, otterrà l’effetto opposto. Infatti è stata soprannominata “legge divoratrice di elettricità”. Poiché farà impennare il consumo di corrente. Ma la corrente necessaria non ci sarà.
Non ci sarà perché si pretende di abbandonare, da qui al 2050, i combustibili fossili, che coprono il 60% del nostro fabbisogno energetico. Previsto pure lo smantellamento delle centrali atomiche, che forniscono un terzo dell’elettricità prodotta in Svizzera, e senza emettere CO2. Si fantastica di sostituire tutto ciò con energia proveniente da fonti rinnovabili. Ma non ne avremo mai in quantità sufficiente. Tanto per dirne una: nei giorni scorsi il progettato parco solare Grengiols-Solar in Vallese è stato ridotto ad un sesto (!) di quanto previsto. Sempre in Vallese, i Verdi hanno lanciato il referendum contro la legge cantonale che agevola la realizzazione di parchi solari alpini.
Bomba demografica
A far impennare il consumo di corrente – e quindi la penuria di elettricità – contribuisce pure, in modo rilevante, l’aumento della popolazione dovuto all’immigrazione incontrollata.
Negli ultimi 20 anni sono arrivati in Svizzera 1.4 milioni di persone. Causa immigrazione, la popolazione della Confederella è aumentata del 21% in meno di due decenni. Questa crescita non ha uguali in nessun paese europeo di oltre un milione di abitanti.
Coloro che sono arrivati in Svizzera – è ovvio – consumano energia. Necessitano di alloggi, che devono essere riscaldati ed illuminati. Hanno bisogno di automobili per spostarsi. Eccetera eccetera. Così crescono sia il consumo energetico che le emissioni della vituperata CO2.
Non ci sta bene
Non è accettabile che gli svizzeri vengano penalizzati, colpevolizzati e sanzionati per consumi ed emissioni che sono la conseguenza non già di una mancanza di sensibilità ecologica, ma di politiche migratorie sballate, ed oltretutto contrarie alla volontà popolare (e pertanto anticostituzionali). Ricordiamo infatti che nel febbraio 2014 i cittadini hanno votato l’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” che è poi stata azzerata dalla partitocrazia.
I dati procapite
La realtà è che le emissioni procapite di CO2 in Svizzera sono calate in modo importante nel corso degli ultimi anni. In un decennio si sono ridotte di circa il 20%. Ma i progressi fatti vengono azzerati, o significativamente ridotti, dall’immigrazione.
Ad esempio: la legge sul CO2 – farcita di ecobalzelli – venne bocciata dalle urne il 13 giugno del 2021. A meno di un mese dal voto, l’allora direttora del DATEC kompagna Simonetta Sommaruga (P$) aumentò drasticamente, per decreto, l’imposizione sul CO2 che grava l’olio combustibile. Il balzello è così passato da 96 a 120 franchi alla tonnellata. Si tratta di un aumento massiccio. Argomentato come? Così: tra il 1990 ed il 2020 la Confederella non ha ridotto la propria produzione di CO2 del 33%, come previsto dall’accordo di Parigi, bensì “solo” del 31%. Ma è palese che l’obiettivo non è stato raggiunto a causa dell’immigrazione scriteriata!
Consumo cresciuto a causa di…
Negli ultimi 10 anni in Svizzera le emissioni pro-capite di CO2 sono diminuite del 20%. Non è certo poco.
Discorso analogo vale per l’utilizzo di energia elettrica. Il consumo procapite dal 2001 si è ridotto del 10%. In quell’anno, il consumo complessivo del Paese (economie domestiche e attività economiche) era di 54 terawatt/ora (TWh). Nel 2019 era salito a 57.2 TWh. Quindi c’è stato un aumento. Senza l’immigrazione, tuttavia, il consumo del 2019 sarebbe stato di 49.9 TWh. Ovvero, 7.3 TWh in meno di quello effettivo: ed è l’equivalente della produzione della centrale nucleare di Gösgen!
Anche l’industria sta facendo la propria parte nel ridurre i consumi di corrente. Tant’è che, sempre tra il 2001 ed il 2019, li ha ridotti di quasi il 6%. Nello stesso periodo, invece, il consumo delle economie domestiche è cresciuto di ben il 19%. Ed è cresciuto a causa dei flussi migratori.
Trasparenza non voluta
Se le emissioni di CO2, come pure l’impiego di energia, venissero calcolati pro capite, ci si renderebbe ben conto che la Svizzera, in campo di politica climatica, è già sulla strada giusta. Non abbiamo pertanto bisogno di ulteriori corsetti. Non ci servono leggi illusorie ed ideologiche come la LOCli, che costerà uno sproposito (si calcola 387 miliardi da qui al 2050) e che causerà penurie e quindi divieti e razionamenti. E, chiaramente, esporrà il paese al rischio di blackout. Altro che straparlare, nel titolo, di “rafforzamento della sicurezza energetica”: tutto il contrario!
Ma la partitocrazia i calcoli procapite non li vuole. Nella sessione speciale del Consiglio nazionale ha infatti respinto una mozione che li richiedeva. Chiaro: essi rendono evidenti le conseguenze negative dell’immigrazione incontrollata; anche in ambito di energia e clima. Inoltre smontano la narrazione catastrofista ed autodenigratoria secondo cui gli svizzeri “non starebbero facendo niente per l’ambiente”.
L’ipocrisia impera
I promotori della legge divoratrice di elettricità non vogliono alcuna limitazione dell’immigrazione. La contraddizione è palese. L’ipocrisia impera.
Non si può far esplodere il consumo di elettricità (tramite eliminazione di vettori energetici fossili, tramite immigrazione incontrollata), falcidiare la produzione (uscita dal nucleare) e poi parlare di “rafforzamento della sicurezza energetica”.
Qualsiasi politica energetica e di riduzione delle emissioni di CO2 deve prevedere una limitazione dell’immigrazione. A maggior ragione in prospettiva futura: la magnificata digitalizzazione abbisogna di molta elettricità. Non facciamoci prendere in giro dagli spalancatori di frontiere! Il 18 giugno, tutti a votare NO alla LOCli della partitocrazia!
Lorenzo Quadri