E questo a pochi giorni dalla decisione del Consiglio nazionale secondo cui simili favoreggiamenti devono cessare
Capiamo, ovviamente, che ognuno debba fare il proprio verso. Ma qui si passa il limite. E si dimostra la precisa volontà, Oltreconfine, di rendere sempre più attraente il frontalierato. Aggravando l’invasione del mercato del lavoro ticinese a seguito della devastante libera circolazione delle persone.
Tale Raimondo Pancrazio, segretario dell’Unione lavoratori frontalieri, vorrebbe estendere la fascia di confine dagli attuali 20 km fino a Milano. E auspica che le trattative italo-svizzere andranno in questo senso. Colmo dei colmi, la proposta arriva pochi giorni dopo il plebiscito, da parte del Consiglio nazionale, del postulato Quadri che chiede di tassare i frontalieri secondo aliquote italiane.
La fascia di confine
Attualmente i frontalieri che risiedono entro i 20 km dal confine elvetico godono del privilegio fiscale di frontaliere. Quindi pagano solo la famosa imposta alla fonte svizzera, di cui il 38.8% viene ristornato ai comuni di provenienza. Chi vive più lontano non gode di tale vantaggio (da qui i numerosi domicili tarocchi in zona Como e Varese). Il segretario dell’unione frontalieri vorrebbe estendere il privilegio fiscale almeno fino a Milano. Perché? Perché, ammette ingenuamente il proponente, sempre più frontalieri arrivano da più lontano della famosa fascia di confine. Si ammette pacificamente, dunque, che è in corso un assalto alla diligenza del mercato del lavoro svizzero, e da sempre più lontano. Del resto, la situazione occupazionale italiana è sempre più disastrata. L’ultima notizia, dei giorni scorsi, è che nel Belpaese nei primi 6 mesi dell’anno hanno chiuso i battenti 8000 imprese. Il che, è chiaro, significa sempre più pressione sul mercato del lavoro ticinese.
Svizzerotti da raggirare senza ritegno?
Il rappresentante dei frontalieri è dunque consapevole (come potrebbe non esserlo?) dell’assalto alla diligenza in essere. Ma evidentemente non si rende conto di stare tirando troppo la corda. Al contrario: pretende di rendere il frontalierato ancora più attrattivo. Estendendo dei privilegi fiscali che vanno invece aboliti per tutti. E si aspetta magari di ottenere il consenso da parte del Ticino?
E’ evidente: incoraggiati dalla scandalosa passività elvetica, oltreconfine pensano che gli svizzerotti possano essere sfruttati senza ritegno: tanto sono fessi e non si accorgono di niente. Del resto le dimostrazioni di passività si moltiplicano: ministra del margine di manovra nullo che non fa un tubo per tutelare il mercato del lavoro ticinese, nessuna reazione all’scrizione della Svizzera su liste nere illegali, eccetera.
Respingere in un nanosecondo
La proposta di estendere i privilegi dei frontalieri è di per sé scandalosa: questi privilegi vanno aboliti e non certo estesi. I frontalieri, tutti, devono pagare le stesse imposte che pagano i loro connazionali che lavorano in Italia.
Approvando con ben 154 favorevoli, 25 contrari e 7 astenuti il postulato del sottoscritto sulla tassazione dei frontalieri, il Consiglio nazionale ha indicato chiaramente al consiglio federale la rotta da seguire nelle trattative con la Penisola. Ossia, che le tasse per questi ultimi devono aumentare in modo drastico, non certo diminuire. E’ quindi evidente che proposte che vanno nel senso diametralmente opposto, come quelle del segretario dell’unione frontalieri, vanno respinte nel giro di un nanosecondo. Il Consiglio federale non può in alcun modo permettersi di prenderle in considerazione.
Queste iniziative da parte italiana evidenziano peraltro un totale menefreghismo nei confronti dei problemi che il Ticino si trova ad affrontare a seguito dell’invasione di frontalieri e padroncini. Evidentemente per certuni il mercato del lavoro del nostro Cantone costituisce solo una risorsa da sfruttare e devastare, senza alcuna considerazione per i residenti. Ma attenzione: quando si tira troppo la corda, si rompe. Un vecchio proverbio che vale anche in Italia.
Lorenzo Quadri