Altro che starnazzare allo “sciacallaggio” contro chi chiedeva misure ai nostri valichi!
La situazione sul fronte del maledetto coronavirus peggiora ovunque. In Ticino più che nel resto della Svizzera, ed il motivo è evidente: confiniamo con il più grande focolaio dell’Occidente, la Lombardia, e dalla Lombardia siamo tutti i giorni invasi “grazie” alla devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia spalancatrice di frontiere PLR-PPD-P$$ (Verdi anguria ovviamente inclusi). Con meno invasione da sud e più frontiere avremmo anche meno coronavirus. Questo non è né razzismo né sciacallaggio. E’ un semplice dato di fatto. Per cui, è inutile che i finti moralisti si mettano a starnazzare. La casta ha voluto sabotare, svilire ed addirittura demonizzare le frontiere; adesso arriva il conto.
Adesso e per un mese, il radicale cambio di paradigma arriverà proprio per decisione del governo italiano, con la decisione del Consiglio dei ministri di estendere la zona rossa all’intera Lombardia.
A seguito di tale decisione – che era nell’aria da venerdì sera, anche se a pochi sembrava verosimile – in queste ore dalle nostre parti c’è chi si sta adoperando per far soggiornare un certo numero di frontalieri in Ticino. Si parla anche di aiuti all’economia colpita dal virus. Come sempre, anche in questo caso occorre distinguere. Un conto è quella parte (ampiamente minoritaria) di frontalieri che servono al funzionamento del sistema sanitario o ad altre attività essenziali. Chi invece, per il proprio tornaconto, ha assunto frontalieri al posto di ticinesi, adesso ha poco da lamentarsi. Ha compiuto scelte contrarie agli interessi del nostro territorio e della nostra comunità per far lavorare cittadini italiani, che creano indotto nel Belpaese? I sostegni pubblici li vada a chiedere all’Italia.
Quanto all’idea di far risiedere temporaneamente in Ticino alcuni frontalieri necessari alla copertura dei turni in ospedali e case anziani, non è una novità: ne avevamo già parlato da queste colonne.
Grazie a chi lavora
Evidentemente la maggiore pressione la subisce chi lavora nel settore sanitario. Anche perché non c’è solo il coronavirus. Ci sono anche tutti gli altri malati o infortunati, magari gravi, che non possono semplicemente venire messi in attesa, ma vanno curati. La situazione non è rosea nemmeno per chi lavora nel settore della cura degli anziani. Come pure per gli anziani stessi. La famosa rete sociale si sfalda per evitare il contagio. I contatti vengono tagliati. La parola d’ordine è isolamento. Tanti anziani non possono più frequentare i centri diurni (perché chiudono) o svolgere attività di gruppo; sono tenuti ad evitare luoghi affollati; i volontari (spesso a loro volta non giovanissimi) non li possono più andare a trovare. Agli ospiti delle case anziani sono state drasticamente decurtate, a loro protezione, le visite dei familiari. Anche le attività di animazione sono ridotte. Alcuni anziani, in particolare quelli disorientati, ne risentono.
Anche nelle scuole c’è comprensibile preoccupazione da parte dei docenti, per la salute degli allievi ma anche per la propria e quella dei propri congiunti in caso di contagio.
In queste circostanze non si può che ringraziare chi svolge il proprio dovere in condizioni particolarmente difficili.
Lorenzo Quadri