Il despota turco, che culla sogni ottomani, vuole ergersi a paladino del mondo islamico

Giovedì 29 ottobre 2020, al TG principale, delle ore 20:00, della RSI  la notizia di testa era indubbiamente quella concernente l’ennesimo e feroce attentato all’arma bianca, in nome di Allah (urlato ossessivamente dall’attentatore), nella cattedrale di Nizza, costato la vita a tre persone.  Ebbene, come già successo in casi simili in passato (non solo alla RSI, sia chiaro), né la giornalista-presentatrice e neppure il corrispondente RSI da Nizza hanno ritenuto di dover fare riferimento al movente e non hanno mai pronunciato i termini “islam” e “terrorismo islamico”, come se quanto avvenuto in Francia negli ultimi tempi fosse opera dei nani da giardino o di squinternati sconosciuti che si aggirano baldanzosamente in Europa a tagliare teste e a sgozzar persone. Ancora una volta, il “politicamente corretto” del pensiero unico ha imposto di non pronunciare il nome della causa e del responsabile, il terrorismo islamico, di quanto avvenuto, celando di fatto la verità.  Questo è abbastanza grave, anche perché la Francia è letteralmente “sotto attacco”, come ha affermato lo stesso presidente Macron.

E’ una guerra

Non si tratta ormai più di uno “scontro di civiltà”, espressione sempre rigettata dalla maggioranza dei mass media e dei politici, ma di una vera e propria guerra, di cui ha sottolineato la valenza, fra i molti  altri, il direttore del quotidiano “Le Figaro”, all’indomani della decapitazione del professor Samuel Paty, precisando che gli islamisti (cioè i fondamentalisti islamici) non sono dei separatisti (“separatismo” inteso quale tendenza di molti musulmani francesi a non rispettare le leggi della Repubblica), ma dei conquistatori che intendono imporre i loro aberranti e oscurantisti principi politico-religiosi a paesi liberi e democratici.

Furia egemonica

Questa guerra si è riacutizzata nelle ultime settimane, di riflesso soprattutto agli interventi e agli incitamenti del presidente turco, il quale, nella sua furia egemonica, sta perseguendo una precisa strategia geopolitica nei confronti del Nord Africa, di parte dell’Asia, dell’area mediterranea e dell’Europa. Per le sue aggressive farneticazioni e rozze esternazioni, indirizzate al presidente francese e non solo, Erdogan non può essere accusato direttamente di terrorismo, ma il suo continuo aizzare contro i valori occidentali e le nazioni del Vecchio continente ha indubbiamente influenzato il mondo islamico dove, con il pretesto delle vignette satiriche su Maometto, qualche Paese ha pensato bene di boicottare i prodotti francesi, mentre i tagliagole di turno sono tornati all’attacco.

Una crisi al mese

Che il despota turco, sostenitore di pericolose organizzazioni, tipo “Fratelli musulmani” e “Hamas”, voglia ergersi a paladino della difesa del mondo islamico, promuovendo il suo sogno neo-ottomano, sembra chiaro, fosse anche solo per coprire i gravi problemi interni in cui si dibatte il Paese che guida. Ci sono inoltre ragioni economiche e militari per le quali da diverso tempo continua a provocare crisi a ripetizione.

Il “Jerusalem Post” faceva notare in maniera dettagliata nei giorni scorsi come, dallo scorso anno, il sultano di Ankara sia riuscito ad innescare e costruire una nuova crisi praticamente ogni mese: dalla presenza Usa in Siria nel 2019 ai contenziosi con l’Egitto, dalle frizioni per i giacimenti di risorse naturali con la Grecia alle questioni armene, per non parlare dei ricatti nei confronti dell’UE sui migranti, al contenzioso cipriota e via discorrendo. La Francia è così diventata bersaglio privilegiato anche perché Parigi ha dimostrato, a differenza di altre capitali europee, più fermezza nei confronti della Turchia, che, tanto per rinfrescare la memoria, è la seconda maggior potenza militare della NATO, oltre ad essere stata proposta quale candidata per entrare nell’UE. Come fanno notare gli analisti, la penetrazione turca in Francia si è nel frattempo rafforzata, al punto che 150 dei 300 più importanti imam sono di origine turca (anche in Svizzera il sostegno di Ankara alle moschee e a certi predicatori pare sia abbastanza diffuso). Assieme al Qatar, la Turchia supporta molte moschee e associazioni di vario tipo in Inghilterra e anche in Francia, dove i cittadini e i residenti di fede islamica raggiungono poco meno del 10%.

Istituzioni dormienti

Parigi ha nel frattempo intrapreso delle azioni per frenare l’ondata terrorista, chiudendo alcune moschee capeggiate da predicatori d’odio e decidendo di rispedire a casa (sarà stato fatto davvero?) qualche pericoloso fondamentalista straniero. Alla luce dei fatti e considerato che la guerra in atto coinvolge l’intero Vecchio continente, le istituzioni nazionali e sovranazionali, al di là delle vacue parole di condanna, non hanno mostrato grandi reazioni allo stragismo islamista. Sarebbe magari il caso di affrontare “senza nascondere il viso” anche la questione dell’immigrazione insostenibile e incontrollata (l’assassino di Nizza era un clandestino, giunto in Italia in un barcone nel settembre scorso, proveniente da un Paese, la Tunisia, dove non ci sono guerre e neppure carestie) che dal Nord Africa e da alcune aree asiatiche si riversa in Europa. E intanto la violenza e le stragi continuano.

Iris Canonica