Dato federale: chi finisce le indennità AD ha solo il 55% di chance di trovare un impiego
E sicuramente in Ticino la situazione è ancora peggiore. Ringraziamo il triciclo PLR-PPD-P$$ che ci ha fatti invadere da 70mila frontalieri!
Ma come, non erano tutte balle della Lega populista e razzista? Non erano “solo percezioni”? Il mercato del lavoro di questo sfigatissimo Cantone e non procedeva a meraviglia? E la disoccupazione, mica era ai minimi storici? E quella CIOFECA denominata “preferenza indigena light” non era – come ci ha raccontato la SECO – una figata pazzesca? E un ex candidato ticinese PLR, ala radikal-chic, al Consiglio degli Stati, mica andava al pulpito della Camera bassa a raccontare che “la preferenza indigena è in vigore, le problematiche sono attenuate”?
Invece adesso arriva l’Ufficio federale di statistica, assai poco sospetto di sovranismo e di opposizione alla libera circolazione delle persone, a raccontare una storia diversa.
Il fatto è degno di nota perché si tratta forse della prima volta in cui un ufficio federale non intona il consueto ritornello del “tout va bien, Madame la Marquise”.
Il tema è la collocabilità dei disoccupati di lunga durata, che hanno esaurito le indennità di disoccupazione. La prima informazione di rilievo è che quasi la metà di essi, ovvero il 45%, ad un anno dalla fine del diritto alla rendita, non aveva trovato un’ occupazione. Già questo è preoccupante. Significa che un disoccupato di lunga durata su due è di fatto tagliato fuori definitivamente dal mercato del lavoro. Da notare che questi sono i dati raccolti a livello federale. La situazione in questo sfigatissimo Cantone è sicuramente peggiore, e non c’è bisogno di spiegare per l’ennesima volta il perché.
Peggio di prima
Quindi: la metà di chi non ha più diritto alla disoccupazione non trova lavoro. E chi in un modo o nell’altro riesce a rientrare nel circuito lavorativo, come se la passa? Si trova nella condizione antecedente al licenziamento?
La risposta è: se la passa male e sta ben peggio di prima di entrare in disoccupazione.
- Prima di tutto il salario: esso risulta più basso rispetto al salario mediano (28 Fr all’ora contro 36.1).
- Poi le modalità lavorative, che vengono pudicamente definite “atipiche”. Ovvero: lavoro su chiamata, stipendio ad ore, orari irregolari e/o spezzati, lavoro serale, lavoro domenicale, eccetera eccetera. Quindi forme di precariato.
- Chi trova un lavoro lo trova spesso a tempo parziale. Non per scelta, ma perché deve accontentarsi. Vorrebbe lavorare di più. Ci troviamo quindi davanti a quel fenomeno chiamato sottoccupazione, che, in Ticino, è più che raddoppiato nel corso di un decennio. Infatti si stima che attualmente nel nostro Cantone i sottoccupati siano circa 20mila. Non per nulla in Ticino quasi un terzo della popolazione risulta a rischio di povertà; il doppio del dato nazionale.
- Cinque anni dopo l’esaurimento del diritto alla rendita di disoccupazione, il 63% delle persone era occupato, il 15% cercava ancora lavoro (campa cavallo) mentre il 22%, ovvero quasi un quarto, si era ritirato dal mercato del lavoro. Quindi si era rassegnato a non lavorare mai più.
- Chi ha esaurito la disoccupazione si trova in uno stato di salute peggiore rispetto alla popolazione attiva. Evidentemente la perdita dell’impiego, e non ci voleva un premio Nobel per l’economia per scoprirlo, non ha solo conseguenze economiche e sociali; ne ha anche di psicosomatiche.
E in Ticino?
Queste informazioni, seppur parziali, seppure riferite alla situazione nazionale che è migliore di quella della Svizzera, ben evidenziano come le statistiche della SECO siano farlocche. Esse si riferiscono infatti solo agli iscritti agli URC. Si dimenticano di dire che gli iscritti agli URC sono solo una parte dei senza lavoro. Ed infatti l’indicatore ILO, utilizzato a livello internazionale, dice che in Ticino il tasso di disoccupazione naviga attorno all’8%. Altro che il 2.6% con cui si riempie la bocca la SECO!
E nemmeno i dati dell’assistenza forniscono una visione completa. Ci sono infatti persone che non hanno un impiego, non sono più in disoccupazione, ma non per questo sono a carico dell’assistenza. Ad esempio perché hanno un coniuge, o un genitore, o un’altra persona che li può mantenere. Questi disoccupati non figurano in alcuna statistica.
Grazie, partitocrazia!
E’ evidente che la causa di questo disastro è la devastante libera circolazione delle persone, che ha provocato l’invasione di quasi 70mila frontalieri, troppi dei quali lavorano al posto degli svizzeri. In particolare nel settore terziario. Settore dal quale provengono i 2/3 dei disoccupati ticinesi.
In un decennio, di 40mila posti di lavoro creati in Ticino, 30mila sono andati a frontalieri. E nessuno dice se i restanti 10mila sono andati a Ticinesi o – tanto per fare un esempio – a permessi B, magari farlocchi.
In primavera…
E’ positivo che al ballottaggio del 17 novembre i ticinesi abbiano mandato a casa quelli del “va tutto bene”, del “sono solo percezioni”, del “la preferenza indigena è in vigore e funziona”. In particolare il PLR, partito del “bisogna firmare subito l’accordo quadro istituzionale perché è l’accordo della ragione” e del “con i bilaterali, i nostri giovani potranno andare a lavorare a Milano” ha perso il cadregone al Consiglio degli Stati dopo 171 anni.
L’esito dell’elezione del 17 novembre è buon segnale anche per la votazione popolare sulla disdetta della devastante libera circolazione delle persone, che si terrà la prossima primavera.
Lorenzo Quadri