Lo scrivevamo la scorsa settimana per Lugano; e puntualmente (non poteva essere altrimenti) il dato cittadino ha trovato conferma in quello cantonale.

L’assistenza sociale ha raggiunto cifre record. In Ticino i casi aperti a fine dicembre 2013 erano 5300, a Lugano 1100.

Il DSS segnala l’aumento delle nuove domande, nel 2013, di in media 190 al mese contro le 134 del 2009.

Il problema dell’assistenza riguarda principalmente i centri urbani che spesso fungono da attrattori di beneficiari di prestazioni sociali; questo poiché vi si trovano quartieri popolari con affitti più bassi. Per restare nel Luganese, ad esempio, con tutta probabilità un comune quale Collina d’oro di abitanti in assistenza ne ha ben pochi, se non zero.

Contratti farlocchi

L’aumento delle persone in assistenza, e non c’è storiella che tenga, è legato a doppio filo con la devastante libera circolazione delle persone e col ben noto fenomeno di soppiantamento dei lavoratori residenti con frontalieri e padroncini. Ma è legato anche alla revisione della LADI, legge sull’assicurazione contro la disoccupazione, che nel 2012 ha ridotto la durata del termine quadro, col risultato di scaricare prima i senza lavoro sull’assistenza (o sull’AI). Terzo fattore: l’immigrazione nel nostro Stato sociale, il quale è particolarmente attrattivo per i cittadini UE. Ciò grazie alla dabbenaggine degli svizzerotti per i quali la priorità è evidentemente “aprirsi all’UE”!

Particolarmente pernicioso, sia per i costi ma anche per l’immagine che diamo all’estero di paese del Bengodi per chi vuole mettersi a  carico della socialità, il fenomeno dei permessi B in assistenza. Si tratta di persone in arrivo dall’ UE che hanno ottenuto il permesso di dimora per esercizio di un’attività lucrativa in Svizzera (in Ticino spesso si tratta di italiani). Il problema è che stranamente, per la serie “ma tu guarda i casi della vita”, capita che dopo pochi mesi, o addirittura dopo poche settimane, il contratto lavorativo presupposto al rilascio del permesso venga rescisso, sicché il neo-immigrato chiede (ed ottiene) la disoccupazione – basta che dimostri (?) di aver lavorato in un paese UE un tempo sufficiente per aprire un termine quadro – e in seguito, una volta esaurite tali prestazioni, chiede l’assistenza. E nümm a pagum, direbbe qualcuno, e lo direbbe giustamente!

Si verificano, in quest’ambito, anche episodi particolarmente pittoreschi, come quel cittadino italiano che ha aperto una sagl in Ticino, si è  fatto assumere dalla medesima con stipendio di lusso, dopo un paio di mesi ha chiuso baracca e si è messo in disoccupazione, naturalmente ottenendo le prestazioni sulla base dell’ultimo stipendio. E, intanto che usufruisce di prestazioni LADI, arrotonda lavorando in nero.

Cambiare registro

Visto che sia il Cantone che i Comuni hanno i conti in rosso, una misura di risparmio da mettere in atto da subito è il diniego delle prestazioni d’assistenza ai richiedenti con permesso B. A Lugano oltre il 16% delle nuove domande d’assistenza proviene da dimoranti. Bisogna dare un segnale chiaro contro l’immigrazione nel nostro stato sociale. Questo pernicioso fenomeno va bloccato senza se né ma. A beneficio delle casse pubbliche. E per ridurre la nostra attrattività nei confronti di chi arriva in Svizzera per mettersi a carico. Ma anche a chi giunge in buona fede bisogna chiarire che, se si mantiene da solo, bene; se non lo fa, non interviene il settore pubblico. La situazione è in effetti cristallina. Il permesso B viene rilasciato per esercizio di attività lucrativa. Chi chiede l’assistenza non svolge più un’attività lucrativa. Quindi, non può venire a chiedere soldi all’ente pubblico.

La stessa Confederazione, seppur in chiave propagandistica in vista della votazione del 9 febbraio, ha lanciato ai Cantoni un messaggio di maggior rigore nei confronti dei permessi B in assistenza.

Perché il Belgio sì e noi no?

Anche il Belgio, che pure è uno Stato membro dell’Unione europea, viste le difficoltà finanziarie, ha deciso di dare un giro di vite. Nel 2013 ha rimandato a casa quasi 3000 cittadini UE poiché pesavano troppo sullo Stato sociale belga. Ohibò. Possibile che noi non siamo in grado di fare altrettanto? Perché? Quanti stranieri sono stati allontanati dalla Svizzera nel 2013 perché pesavano troppo sullo Stato sociale? Come si spiega che Stati membri della fallita Unione europea riescono a fare ciò che a noi, che (per fortuna) siamo fuori dall’UE, viene sistematicamente impedito ripetendo il mantra del “sa pò mia”?

Certo che, se abbiamo istanze giudiziarie che annullano l’espulsione di un pluricondannato per truffe milionarie (è notizia di lunedì), non c’è da stupirsi se diventiamo il paese del Bengodi non solo per i furbi, ma anche per i delinquenti.

E’ quindi ora non solo di restringere in modo sensibile il flusso migratorio in entrata, ma anche di cominciare ad espellere più gente.

Lorenzo Quadri