Grazie partitocrazia! Ecco il bel regalo che hai fatto al Ticino con i bilaterali
Gli annunci di lavoro ci spiattellano in faccia le conseguenze della libera circolazione. E i soldatini dei partiti storici hanno ancora il coraggio di fare le verginelle offese
Nei giorni scorsi è stato segnalato sul portale Tio un annuncio di lavoro di un’azienda, guarda caso italiana, che cerca collaboratori allettandoli in questo modo: “l’azienda si trova in Ticino, il candidato ha quindi la possibilità di valutare se lavorare come frontaliere, il che comporterà un forte vantaggio economico”. Ma guarda un po’! Capito come funzionano le cose in regime di devastante libera circolazione delle persone? Altro che “prima i nostri”: prima gli altri!
Ed ecco l’ennesimo esempio di azienda italica che sbarca in Ticino e “predilige” (per usare un eufemismo) l’assunzione di frontalieri. Poi ci chiediamo come mai ne abbiamo 65mila.
Un’ovvietà
Il bello, o il brutto, è che l’annuncio in questione contiene in realtà un’ovvietà. Ossia che fare il frontaliere conviene. Poiché grazie al differenziale tra il costo della vita al di qua e al di là della ramina, i frontalieri possono fare concorrenza sleale ai lavoratori residenti. Sicché è inutile che esponenti della partitocrazia spalancatrice di frontiere, rispettivamente i loro soldatini sistemati nelle istituzioni, davanti ad annunci come quello di cui sopra facciano le verginelle offese e strillino allo scandalo. Perché quello che succede era ampiamente previsto e predibile.
“Stigmatizziamo” gli spalancatori di frontiere
Ad esempio il direttore della divisione dell’economia del DFE Stefano Rizzi al medesimo portale dichiara: “annunci simili ci preoccupano, li stigmatizziamo assolutamente”. Noi invece “stigmatizziamo” questo modo di prendere la gente per i fondelli! E “stigmatizziamo” gli spalancatori di frontiere! Annunci simili, caro Rizzi, sono una semplice descrizione della realtà. Realtà creata da chi ha voluto la libera circolazione delle persone. Vertici del DFE compresi. Ma come: prima si eleva la libera circolazione a dogma intoccabile, si sfornano ricatti e terrorismo di regime a favore dei bilaterali, e poi per lavarsi la coscienza si “stigmatizzano” le loro conseguenze, che erano ovvie fin dall’inizio?
Chiaramente, e a maggior razione, il discorso vale anche per gli esponenti di quei partiti che vogliono la libera circolazione, che combattono prima i nostri, e poi davanti agli annunci di lavoro diretti ai frontalieri fingono di scandalizzarsi credendo di guadagnare in questo modo facili consensi. Ma i ticinesi “non sono mica scemi”. Sicché, quando il DFE dirà chiaro e tondo che la libera circolazione va disdetta, i suoi funzionari dirigenti targati PLR potranno essere credibili nello “stigmatizzare assolutamente” certi annunci di lavoro. Prima proprio no. Prima possono solo recitare il mea culpa. Il resto sono storielle.
Ci vogliono i muri
Più interessante, per quanto anch’essa non certo originale, la posizione dell’esperto di risorse umane, pubblicata sempre sul portale Tio. Eccola: “Fintanto che i frontalieri godono in Italia di una tassazione più vantaggiosa rispetto agli altri lavoratori italiani, un datore di lavoro può legittimamente fare presente questa opportunità”. Appunto. I frontalieri pagano molte meno tasse rispetto ai loro connazionale che lavorano in patria. Senza che esista, per questo privilegio, uno straccio di giustificazione plausibile. Gli italiani che lavorano in Italia sono di conseguenza chiamati a compensare con le loro imposte quel che i frontalieri non pagano. Nessun politicante del Belpaese ha nulla da dire? Ad esempio: la mamma della Comi non le ha spiegato niente al proposito?.
Seconda affermazione interessante: “l’unica soluzione è la logica Trumpista di costruire muri di separazione tra sistemi. Ma la Svizzera è un paese esportatore. E se si affermasse la logica delle frontiere, avrebbe più svantaggi che vantaggi”. Ad essere interessante è ovviamente solo la prima frase. Le due seguenti sono fole. Per esportare non c’è affatto bisogno della libera circolazione delle persone. Gli accordi conclusi con la Cina, ad esempio, mica la contemplano. La Svizzera era paese esportatore assai prima di sottoscrivere lo sciagurato accordo sulla libera circolazione. Ed esportava anche più di adesso.
Lorenzo Quadri