Frontiere spalancate, costi di 100 milioni annui, e non otteniamo quello che ci serve
Gli accordi di Schengen sono un fallimento. Del resto, nessuno potrebbe seriamente credere che la sicurezza aumenti spalancando le frontiere. Ed infatti, anche all’interno dell’UE, ogni volta che si verifica un problema migratorio le dogane vengono richiuse: si reintroducono i controlli sistematici sul confine. A ragione. Vedi quello che fa l’Austria sul Brennero. E anche la Germania – o, più precisamente, i Länder tedeschi a noi confinanti – ha a più riprese minacciato gli svizzerotti di chiudere le frontiere con la Confederella. Motivo: filtrano troppi finti rifugiati. Proprio la Germania, principale responsabile del caos asilo in Europa, a seguito dello scellerato invito dell’Anghela Merkel ai migranti economici ad arrivare tutti!
La spesa
C’è poi l’aspetto dei costi di Schengen. Al momento della votazione popolare sul tema (2005) venne indicata una spesa di circa 7 milioni di Fr all’anno. Nel giro di pochi anni si è scoperto che la fattura reale era non del doppio, non del triplo ma addirittura di 14 volte più elevata. E’ infatti superiore ai 100 milioni. Ovvero: si spendono oltre 100 milioni all’anno per permettere ai delinquenti di varcare indisturbati le nostre frontiere. Sembrerebbe una barzelletta. Il calcolo dei costi, clamorosamente sbagliato, dovrebbe già di per sé essere un motivo per mettere in discussione la validità dell’adesione della Svizzera a Schengen, visto che si basava su presupposti fallaci.
Ennesima fola
L’aspetto finanziario non è nemmeno quello più grave. La spesa di 100 milioni e le frontiere spalancate sono state “vendute” come il sacrificio necessario per poter accedere alle banche dati sulla criminalità internazionale e blablabla. Ed invece, ma guarda un po’, si scopre che si trattava dell’ennesima panzana. Infatti adesso salta fuori che l’accesso ai famosi database, ed in particolare a quelli sul terrorismo, è sì possibile per la Svizzera. Però solo dopo lunghe procedure. Che rendono l’operazione estremamente onerosa, per non dire impossibile.
Quadro desolante
Quindi con Schengen abbiamo spalancato le frontiere, paghiamo cento milioni all’anno, e nemmeno otteniamo le informazioni che ci servono. Ed infatti svariati terroristi islamici sono passati attraverso la Svizzera “come se niente fudesse”. Dagli organizzatori dell’attentato di Barcellona al finto rifugiato minorenne che ha ucciso due donne a Turku in Finlandia. Costui aveva addirittura presentato domanda d’asilo a Chiasso.
Insomma, il quadro si presenta sempre più desolante. I legulei dei tribunali non espellono i jihadisti perché potrebbero trovarsi in pericolo nel paese d’origine. Intanto la Svizzera sta diventando una base logistica per terroristi islamici. Lo ha dichiarato l’esperto Thomas Keller (che tra l’altro è un ex granconsigliere dei Verdi zurighesi, quindi non certo un leghista populista e razzista). Questo perché dalle nostre parti tutti gli immigrati non integrati possono mettersi tranquillamente a carico dell’assistenza sociale, senza dover fare nulla par integrarsi e per rendersi autosufficienti. In sostanza, i jihadisti possono venire in Svizzera a reclutare miliziani, ad organizzare attentati, a radicalizzare seguaci – pescando magari nell’ampio bacino dei migranti economici di religione musulmana – e tutto questo mentre sono mantenuti dal contribuente svizzerotto. E noi abbiamo spalancato le frontiere a cani e porci senza avere accesso diretto alle banche date sui terroristi.
Fregati su tutta la linea
Insomma, Schengen è una fregatura su tutta la linea. C’è allora da chiedersi cosa stiamo ancora aspettando per finalmente disdire questo fallimentare accordo e tornare a chiudere e a controllare sistematicamente le frontiere. Non siamo nella fallita UE, per fortuna. Però quando si tratta di aprirsi, di fare entrare tutti, è come se nella Disunione europea ci fossimo in pieno. Addirittura, la kompagna Simonetta Sommaruga sottomette la Svizzera ai piani di ridistribuzione dei finti rifugiati decisi da Bruxelles, ai quali non aderiscono nemmeno gli Stati membri. Senza che sussista per noi alcun obbligo di conformarci. Però noi dobbiamo “dare l’esempio”. Come se a qualcuno gliene fregasse qualcosa del nostro “esempio”! E magari, sempre per “dare l’esempio”, accogliamo anche sospetti terroristi per mancanza di informazioni?
Se questi sono gli argomenti
Le frontiere spalancate non sono affatto una necessità irrevocabile. Solo la partitocrazia svizzerotta rimane attaccata a questa convinzione come una cozza allo scoglio. Con giustificazioni penose. Basti pensare che sempre la ministra del “devono entrare tutti” quali argomenti contro la reintroduzione dei controlli sistematici sul confine è riuscita a dichiarare che a) questi provocherebbero problemi ai frontalieri e b) sarebbero scomodi anche per i ticinesi che vanno a fare la spesa in Italia. Ah beh, se questi sono gli argomenti, sono proprio granitici.
Lorenzo Quadri