Ma guarda un po’: qui c’è forse qualcuno che sta facendo il furbetto lanciando segnali strani? Il riferimento è alla storiella della pace (?) che bisognerebbe fare con il Belpaese. Un messaggio di questo genere sarebbe stato lanciato dal presidente della deputazionicchia ticinese a Berna.
Tanto per cominciare, “fare la pace” è un eufemismo politikamente korretto che sta ad indicare un concetto molto diverso. Nel concreto, infatti, “fare la pace” significa “calare le braghe” con la vicina Penisola. Se dunque Merlini ritiene che bisognerebbe “calare le braghe” con la Penisola, questa è la sua posizione personale e certamente non quella di tutta la deputazione ticinese a Berna.

Il Ticino dà fastidio
Il tema dei rapporti con l’Italia è stato sollevato, come noto, nel recente incontro tra la deputazione ticinese a Berna ed il Consigliere federale Ueli Maurer accompagnato dal quasi pensionato segretario di Stato Jacques De Watteville, già tirapiedi dell’ex ministra del 4% Widmer Schlumpf. Ebbene: al burocrate De Watteville, quello che va in Italia a trattare in inglese, dà fastidio che il Ticino si difenda dall’invasione da sud provocata dalla devastante libera circolazione delle persone.

Le coliche
Tre cose provocano, al citato burocrate, continue coliche. 1) la richiesta del casellario giudiziale (che peraltro non vale solo per l’Italia); 2) l’albo artigiani (di cui beneficia anche la Penisola nella lotta al lavoro nero); e 3) il moltiplicatore comunale per i frontalieri al 100% deciso dal parlamento ticinese nel novembre 2014.

Lo schiaffo
Sul moltiplicatore comunale dei frontalieri, lo schiaffo al Ticino è arrivato la scorsa settimana dal Consiglio nazionale, che si è permesso – nella revisione della legge sull’imposta alla fonte – di arrogare alla Confederazione competenze che non le spettano. Ma soprattutto si è permesso di cancellare una regola, quella del moltiplicatore al 100% per i frontalieri, votata dal Gran Consiglio ticinese.
Il golpe bernese contro il Ticino è avvenuto con la connivenza dei partiti storici; esponenti ticinesi inclusi.
Risultato della brillante operazione: dalle casse pubbliche di questo sempre meno ridente Cantone verranno a mancare almeno una dozzina di milioni di franchi all’anno. I frontalieri, naturalmente, se la ridono a bocca larga: invece di aumentare le loro imposte, si fa proprio il contrario.

Pressioni indebite
Sicché, salvo improbabili decisioni contrarie del Consiglio degli stati, il motivo di coliche nr 3, ossia il moltiplicatore comunale al 100% per i frontalieri, verrà eliminato da Berna. Restano però i motivi 1 e 2, ossia casellario e albo artigiani. Su questi temi, i balivi non hanno potere. E allora che fare? Ecco che “si” pensa di poter fare pressione sui deputati ticinesi a Berna affinché si attivino presso il governo per convincerlo a rimuovere la richiesta del casellario giudiziale e l’albo antipadroncini. Obiettivo: far contenti i vicini a sud, nell’illusione che questi ultimi finalizzino la firma sull’accordo-ciofeca sulla fiscalità dei frontalieri. Un accordo da cui il Ticino ottiene a malapena le briciole. Ah ecco.

Sicurezza e lavoro
La richiesta del casellario serve a tutelare la nostra sicurezza dall’arrivo sistematico di pregiudicati italiani che, grazie alla devastante libera circolazione delle persone, pensano di trovare dai ticinesotti fessi “ul signur indurmentàa”.
L’albo artigiani serve a difendere il nostro mercato del lavoro dall’invasione di distaccati e padroncini che, sempre grazie alla devastante libera circolazione delle persone, entrano in Ticino a migliaia a lavorare in nero, mettendo nella palta l’economia locale. E il Ticino dovrebbe rinunciare a difendere la propria sicurezza ed il proprio mercato del lavoro in cambio di un accordo-ciofeca da cui riceverà a malapena le briciole e che, comunque, in Italia già ciurla nel manico? Abbiamo scritto “giocondo” in fronte?

Riappacificazione = capitolazione
E’ evidente che sul casellario giudiziale e sull’albo artigiani il CdS non deve retrocedere di un millimetro. Dovrà, anzi, proseguire su questa strada; perché le due misure citate sono solo un primo passo nella giusta direzione.
Fa poi specie l’argomentazione addotta a sostegno della necessità (?) che il Ticino cali le braghe per un non meglio precisato interesse superiore (di chi?): casellario e albo artigiani sono un problema politico poiché “hanno causato da parte italiana reazioni spropositate alla portata reale delle misure”. Ohibò, qui i conti proprio non tornano. Queste reazioni spropositate dimostrano infallibilmente che la panna montata dal Belpaese sui due provvedimenti governativi ticinesi è un semplice pretesto. L’italia non si sogna di finalizzare accordi con la Svizzera. Ed in particolare non si sogna di aumentare la pressione fiscale sui frontalieri. Se casellario ed albo artigiani venissero aboliti, semplicemente i vicini a Sud, che sono più furbi che belli, troverebbero altre scuse per non concludere gli accordi. Ed i ticinesotti resterebbero per l’ennesima volta in braghe di tela per colpa dei balivi bernesi!
Sicché, di “riappacificazione” – che fa rima con “capitolazione” – non vogliamo nemmeno sentire parlare.
E se questo a qualche superburocrate bernese provoca attacchi di mal di pancia, noi non ci perdiamo di certo il sonno.
Lorenzo Quadri