Commissione federale contro il razzismo: è arrivato il momento di abolirla
La Commissione federale contro il razzismo, l’ha capito anche il Gigi di Viganello, ha un solo scopo: quello di fare propaganda di regime pro-frontiere spalancate. Già il solo fatto che esista una Commissione del genere è un atto di lavaggio del cervello. Serve infatti a far credere che in Svizzera esista un problema reale, serio ed esteso di razzismo. Al punto da rendere necessaria la creazione di una Commissione federale ad hoc. Evidentemente non è così. I numeri stessi lo confermano. Un paese con il 25% di popolazione straniera, e con la metà (almeno!) degli abitanti con “passato migratorio”, non può essere razzista. Un paese che negli anni recenti è arrivato ad avere un saldo migratorio annuale di 100mila persone (il che significa: immigrazione incontrollata) non può essere razzista. Sarebbe una contraddizione in termini. Perché, infatti, gli stranieri si trasferirebbero in massa in un paese dove vengono maltrattati e discriminati? Dovrebbe accadere l’esatto contrario…
Un non-problema
Ed infatti anche le cifre delle condanne per razzismo, che in Svizzera in un anno si aggirano sulla decina, confermano che non esiste, da noi, alcun fenomeno a diffuso di razzismo. Insomma: in Svizzera il razzismo è un non-problema. Per lo meno tra gli svizzeri. Sicché la citata commissione federale, naturalmente – ma tu guarda i casi della vita – presieduta da un’ex consigliera nazionale radikalchic, serve solo a divulgare messaggi di tipo politico. Le modalità sono sempre le solite: stigmatizzare, con il marchio del razzismo e della xenofobia, posizioni in contrasto con il “pensiero unico” delle frontiere spalancate, del fallimentare multikulti e del “devono entrare tutti”.
Fenomeno importato
Se in Svizzera esiste un problema di razzismo, non è certo tra i cittadini elvetici. E’ semmai tra gli immigrati. Si tratta del razzismo di importazione. Ovvero, portato alle nostre latitudini da migranti in arrivo da altre culture (?), in genere islamiche, che sono razzisti, antisemiti, cristianofobi, sessisti, omofobi, e via elencando. In Francia, ad esempio, da tempo si assiste ad un fuggi fuggi di cittadini ebrei: a causa dell’invasione di musulmani, non si sentono più al sicuro.
In altre parole: se in Svizzera un domani avremo problemi di razzismo sarà perché, grazie agli spalancatori di frontiere –Commissione federale contro il razzismo in primis – avremo fatto immigrare razzisti. Un motivo in più per riprendere il controllo sull’immigrazione.
Eppure, la Commissione federale contro il razzismo, sul tema del razzismo d’importazione, è vistosamente latitante. Dal rapporto d’attività del 2017 emerge con chiarezza. Che strano eh?
Altre discriminazioni
A questo si aggiunge un nuovo elemento, fresco fresco. Nell’ultima sessione, conclusasi dieci giorni fa, il Consiglio nazionale ha deciso a larga maggioranza di estendere il raggio d’azione dell’articolo 261 bis del Codice penale svizzero. Esso non dovrà più sanzionare solo il razzismo, la discriminazione razziale, ma anche altri tipi di discriminazione: segnatamente quelle di genere e di orientamento sessuale. Ne consegue che una Commissione federale che si occupa solo di razzismo è superata dagli eventi. Anche secondo i politikamente koretti.
Del resto, questa Commissione nacque in un contesto particolare, la diatriba sull’oro ebraico, che data di oltre vent’anni fa. Venne istituita soprattutto per combattere l’antisemitismo, che si temeva quella vicenda avrebbe potuto rinfocolare. Nel frattempo il mondo è radicalmente cambiato. E oggi la Commissione, invece di combattere l’antisemitismo, lo genera: infatti, in nome del fallimentare multikulti, regge la coda all’immigrazione di massa di islamisti antisemiti.
Ecco perché chi scrive ha presentato una mozione che chiede al Consiglio federale l’abolizione della Commissione federale contro il razzismo.
L’operazione ci farebbe inoltre risparmiare 200mila franchetti all’anno, che potremmo più proficuamente impiegare nel combattere l’immigrazione clandestina.
Lorenzo Quadri