Quanti dei politicanti che lanciano appelli per il GdP sono mai stati suoi abbonati?

 

Intanto gli altri due quotidiani, mentre si profondono in lacrime di coccodrillo per la “perdita”, ridono sotto i baffi ed organizzano le operazioni di sciacallaggio

La chiusura del Giornale del Popolo è certamente una pessima notizia, anche per la pluralità dell’informazione. Mancherà una voce del mondo cattolico (anche se, per quel che riguarda il GdP, l’impressione è che, con l’ultima dirigenza, questa voce si sia sempre più adagiata sul “pensiero unico”).

A ciò si aggiunge il dramma che sta vivendo chi perderà il lavoro. Che non sono solo i giornalisti, ma tutte le figure professionali e tecniche che ruotano attorno ad una pubblicazione cartacea.

Le difficoltà economiche del Giornale del Popolo erano note. Non ci si aspettava però una chiusura dall’oggi al domani. E pare incredibile che la Curia – tenendo anche conto del considerevole patrimonio immobiliare di cui dispone – non trovi i mezzi necessari per un’ “exit” meno traumatica per i collaboratori del giornale.

Non siamo in grado di valutare quanto obbligata fosse effettivamente, per il GdP, la fine della collaborazione con il Corriere del Ticino. Ma una cosa è chiara anche al Gigi di Viganello: non si può pensare di essere “autonomi” ed “indipendenti” senza i soldi.

Solidarietà pelosa

E’ invece stucchevole la gara di solidarietà di politicanti e sedicenti (autocertificati) “VIP”. E’ un esempio clamoroso di solidarietà pelosa fatta per metter fuori la faccia e per salvare le apparenze. Dopo la macchina da guerra messa in piedi per sostenere l’emittente di regime prima della votazione sul “No Billag”, la casta non poteva certo restare in silenzio davanti alla chiusura di un quotidiano con 92 anni di storia alle spalle: avrebbe rimediato una figura marrone di proporzioni epiche.

Vedere però certi soggetti che si riempiono la bocca con la “pluralità dell’informazione”, è uno spettacolo semplicemente penoso: è tutta gente che sogna, nell’informazione, la dittatura del “pensiero unico”: frontiere spalancate, multikulti, islamofilia,… Tutta gente che se (tanto per fare un esempio) dovesse chiudere il Mattino, stapperebbe lo champagne. Altro che “pluralità”! “Pluralità” solo per chi diffonde le loro ideologie!

Pagante per l’immagine?

E soprattutto: quanti tra gli improvvisati amici del GdP sono abbonati al quotidiano? Quanti lo leggono o lo comprano in edicola? Quanti saranno disposti a sostenerlo in modo concreto (soldoni) e non solo con vani proclami che servono unicamente al marketing (elettorale) di chi li fa, ma nulla portano ai destinatari?

Le difficoltà del quotidiano della Curia erano note da tempo. Ma solo adesso che i buoi sono fuori dalla stalla politicanti e compagnia cantante scendono dal pero con le “azioni di sostegno” (che siano, va da sé, il più evidenti e pro saccoccia possibile). Non sarà che  si tratta di politicanti in campagna elettorale permanente –  la maggior parte dei quali mai è stata abbonata al GdP, perché del quotidiano in questione non gliene frega un tubo –  ma che evidentemente pensano che mettere fuori la faccia in questo momento sia pagante per la propria immagine?

Lacrime di coccodrillo

Addirittura grottesche le lacrime di coccodrillo dei vertici degli altri due quotidiani, che, mentre simulano disperazione per l’ “irreparabile perdita”, ridono sotto i baffi ed organizzano le operazioni di sciacallaggio per contendersi a suon di offerte speciali i lettori del GdP rimasti orfani. Piatto ricco mi ci ficco! Mors tua vita mea!

In nome della pluralità

Essendo appurato che una larga maggioranza degli svizzeri vuole un canone radiotv “in nome della pluralità dell’informazione” (?), ci si chieda allora se non è il caso di 1) abbassarlo e 2) toglierne una parte alla monopolista SSR per ridistribuirla alla stampa scritta e magari anche all’ATS. Ricordiamoci che i media cartacei  soffrono per colpa dell’emittente di regime che, non accontentandosi di incassare il canone più caro d’Europa, si mette pure a razziare il mercato pubblicitario. Naturalmente con il pieno sostegno della ministra “competente”: ovvero la Doris uregiatta (l’amica della Susanna “un milione all’anno” Ruoff, direttrice della Posta).

E’ chiaro che dell’eventuale ridistribuzione del canone Billag dovrebbe beneficiare TUTTA la stampa scritta. Non solo quella che piace (regge la coda) all’establishment multikulti e spalancatore di frontiere. Anche quella che gli rema contro. Altrimenti è troppo facile, oltre che ipocrita.

Se la volontà della politica è quella di utilizzare denaro pubblico per la “pluralità dell’informazione” allora occorre sostenere anche i media cartacei. Invece la casta, come ben si è visto, supporta solo la sua emittente di regime –  che è poi la prima a devastare la tanto decantata “pluralità” – e concede graziosamente le briciole alle radioTV private per tenerle a cuccia. L’ennesima presa per i fondelli. O si sostiene tutti o non si sostiene nessuno.

E gli altri?

Ultima considerazione.  I ticinesi che perdono il lavoro sono tanti, purtroppo. La causa spesso e volentieri è sempre la stessa: la devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia. Oppure scelte scellerate in materia di piazza finanziaria, fatte sempre dalla partitocrazia. Però per questi ticinesi che vengono lasciati a casa, la casta non fa un cip! Anzi, sentiamo addirittura esponenti dell’ex partitone “de facto” dichiarare che i ticinesi che non trovano un impiego sono dei lazzaroni e non valgono una mazza. Anche qui: due pesi e due misure.

Rinnoviamo la solidarietà a tutti i collaboratori del GdP che perderanno lavoro e che stanno sicuramente vivendo dei giorni bruttissimi; ma anche a tutti gli altri ticinesi che si trovano nella medesima situazione, nel completo disinteresse di politicanti e stampa di regime. Perché non ci sono disoccupati di serie A e disoccupati di serie B. E ricordiamoci che la casta, per i licenziati della piazza finanziaria, di manifestazioni di sostegno non ne ha mai organizzata mezza!

Lorenzo Quadri