Proprio vero che l’apparenza inganna. All’apparenza infatti il Consiglio federale è disposto a mandare l’esercito a difendere i confini nazionali in caso di emergenza migranti economici. Nella realtà è vero il contrario. La decisione di mercoledì di ricorrere alle forze armate in caso di necessità allo scopo di sostenere le guardie di confine è stata presa manifestamente controvoglia. In effetti il Consiglio federale deve difendersi dall’accusa di non fare niente per prevenire il “caos asilo”, mentre i paesi attorno a noi si stanno tutti muovendo, alla faccia degli accordi internazionali (che evidentemente gli svizzerotti sono rimasti i soli a rispettare).

Ticino allo sbaraglio
Ancora una volta, e come al solito, allo sbaraglio si trova il Ticino. Per ovvi motivi geografici (confine con l’Italia) e quindi politici (il Belpaese non applica gli accordi di Dublino).  E perché, con la via dei Balcani giustamente chiusa da muri e barriere, i migranti economici passeranno giocoforza dall’Italia. Però le preoccupazioni del nostro Cantone (come pure quelle di altri) non vengono tenute in considerazione a Berna. Guai a sospendere gli accordi di Schengen, anche se lo fanno tutti! Guai ad aumentare la sicurezza sui confini! Le frontiere devono rimanere spalancate!

Come la clausola di salvaguardia
Come inserire in questo contesto la decisione presa mercoledì di inviare l’esercito ai confini in caso di emergenza? Semplice: le condizioni messe all’impiego delle forze armate sono tali da garantire che l’ipotesi di utilizzo non si verificherà mai. Per la serie: fingiamo di fare il gesto forte  – esercito in stato di prontezza – ma ci adoperiamo affinché la politica delle frontiere spalancate prosegua. E’ la stessa logica che sta dietro la clausola di salvaguardia proposta dal Consiglio federale per l’applicazione del 9 febbraio. Si calibra la clausola unilaterale in modo che non scatti mai.

La presa in giro
E così ecco che l’impiego dell’esercito si trasforma di fatto in una presa in giro. Non solo il Consiglio federale già annuncia che la mobilitazione dei duemila militi avverrà solo nel  caso si costatassero oltre 30mila attraversamenti di frontiera in pochi giorni, una situazione che non sarebbe nemmeno più un’emergenza ma una catastrofe, ma – e qui sta il capolavoro di ipocrisia – se anche tale apocalittica condizione dovesse realizzarsi, mica si dice che l’esercito avrà il compito di respingere i finti rifugiati al confine. Ma quando mai.

Comitato d’accoglienza
Quale sarebbe, allora, il suo compito? Quello, per usare le parole dell’Udc svizzera, di fungere da “comitato d’accoglienza”. Ossia di accompagnare i migranti economici negli appositi alloggi realizzati a suon di espropriazioni anticostituzionali (perché  i diritti dei cittadini svizzeri valgono meno di zero). E magari di occuparsi dei rifornimenti.
Come da copione, l’obiettivo è sempre lo stesso. Non si tratta certo di far rispettare la legge e di impedire ai migranti economici – tutti giovani uomini che non scappano da alcun conflitto, con cellulari ultimo modello e vestiti alla moda – di abusare della tradizione umanitaria degli svizzerotti. Assolutamente no. Si tratta, ecco la monumentale presa per i fondelli, di aumentare ad oltranza la capacità d’accogliere finti rifugiati in Svizzera.  L’esercito non servirebbe dunque per difendere i confini dalle entrate illegali ma, semmai, per contribuire a sistemare in casa nostra chi entra illegalmente. Peccato che chi abbia perorato l’impiego dell’esercito lo abbia fatto, a ragione, con l’obiettivo opposto.
Insomma, l’unico che crede che la Svizzera abbia schierato i carri armati a tutela della sicurezza interna sembra essere il governatore lombardo Roberto Maroni.
Lorenzo Quadri