Quali le tempistiche per il nuovo accordo? Difficile immaginare che saranno brevi
Come noto nel Belpaese il 25 settembre si sono tenute le elezioni. Il responso è stato chiaro. La maggioranza è cambiata. Pure nel parlamento italico ci sono stati stravolgimenti. Inoltre il numero dei politicanti in entrambe le Camere è stato ridotto.
Intanto rimane pendente, ormai dal lontano 2015, il famoso accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Che è un po’ meglio della situazione attuale. Tuttavia non si vede perché il Ticino dovrebbe tutte le volte accontentarsi di accordicchi negoziati al ribasso.
Il nuovo accordo serve a Berna e a Roma come foglia di fico per poter dire di aver “fatto i compiti” sorvolando poi sul “come” sono stati fatti.
Ripartire dal principio
L’Italia aveva promesso l’entrata in vigore delle nuove regole sulla fiscalità dei frontalieri per il primo gennaio del 2023. E’ manifesto che questa tempistica non sarà rispettata. Intervistata nei giorni scorsi dal CdT, l’ambasciatora di Svizzera a Roma Monika Schmutz Kirgöz ha confermato che “il percorso di ratifica deve de facto ripartire dal principio. Il ministero degli esteri dovrà quindi trasmettere il dossier al Consiglio dei ministri e da lì al nuovo parlamento”.
Traduzione: campa cavallo che l’erba cresce! Più la situazione attuale si protrae, più il Ticino va avanti a versare ristorni. E l’importo è in continuo aumento, poiché il numero dei frontalieri cresce “grazie” alla devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia.
Per questo la Lega a Berna ha presentato una mozione che chiede la disdetta della Convenzione del 1974 per il 31 dicembre di quest’anno. Il nuovo regime fiscale dei permessi G non entrerà in vigore il primo gennaio a seguito delle elezioni anticipate nella vicina Repubblica. Non sta in piedi che a pagarne il prezzo siano i ticinesi. Tanto per gradire, ricordiamo a chi se ne fosse dimenticato che il Lussemburgo, Stato membro UE, a Francia e Germania per i loro frontalieri versa zero ristorni.
Le invettive di La Russa
Credere ad una rapida ratifica dell’accordo sui frontalieri equivale a credere a Babbo Natale. Evidentemente il Belpaese ha problemi ben più gravi ed urgenti da affrontare, dalla crisi energetica alla guerra.
Molto dipende poi dalle persone, sia nel futuro governo che nel parlamento. C’è ragione di credere che la neo-premier Giorgia Meloni non sappia nemmeno cosa sia un frontaliere. Il nuovo ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti è un leghista di Varese quindi ne sa di più. Bisognerà comunque attendere di vedere come saranno occupate le varie cadreghe di sottosegretari e compagnia cantante.
In parlamento farà invece stato la composizione delle commissioni esteri che dovranno esaminare l’accordo. Ed a tal proposito, capita a fagiolo la vicenda raccontata da un lettore, il signor Mario Maldini, pubblicata a pagina 26. Poco più di un anno fa, nel settembre del 2021 il signor Maldini ha avvicinato Ignazio La Russa, attuale presidente del Senato italiano, in occasione di un evento pubblico a Milano. La Russa, dopo aver appreso la sua nazionalità, lo avrebbe apostrofato con tono irato e schifato urlando: “Sei svizzero? Svizzero! Vai via, vai via, vai via!”
Se queste sono le premesse…
Evidentemente l’attuale presidente del Senato non è ben in chiaro sui rapporti tra Belpaese e Confederella. Sul fatto che centinaia di migliaia di suoi connazionali (frontalieri, padroncini ed i loro familiari) hanno la pagnotta sul tavolo grazie alla Svizzera. E’ ben probabile che a La Russa non importi una fava delle tematiche relative alle fasce di confine. Il fatto che – tanto per dirne una – la Svizzera per l’Italia sia il quarto mercato di esportazione dovrebbe tuttavia interessargli un po’ di più.
Clausole di salvaguardia
Da qualche tempo anche le fasce di confine italiane si lamentano per gli eccessi del frontalierato. Esso infatti provoca, in patria, deindustrializzazione e fuga di cervelli. Il franco forte ha esacerbato il problema. Infatti ha reso il lavoro in Ticino ancora più attrattivo. C’è quindi un interesse comune a ridurre l’esplosione di permessi G concordando delle clausole di salvaguardia a tutela del mercato del lavoro ticinese (e contemporaneamente del territorio italiano). La Lega è un po’ che le chiede a Berna. Ma il motto dei camerieri di Bruxelles è “Libera circolazione über Alles”. Più papisti del Papa! La ministra di giustizia PLR Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS) addirittura blatera davanti al parlatoio federale che 75mila (nel frattempo 76mila) frontalieri per il Ticino sarebbero una figata pazzesca. Grazie ex partitone!
Quanto saranno centralisti?
All’atto pratico, l’unica possibilità di migliorare qualcosa alle nostre latitudini consiste in un’azione congiunta del Ticino e delle regioni di confine italiane nei confronti dei rispettivi governi nazionali, affinché introducano delle clausole nel senso sopra indicato. Il grado di centralismo del futuro governo di Roma gioca quindi un ruolo importante. Nella nuova maggioranza italiana c’è anche la Lega di Salvini. Quest’ultima ha però messo in secondo piano la questione delle autonomie regionali. Ed infatti alle elezioni si è beccata una tranvata clamorosa.
Quanto a Forza Italia: ricordiamo che Giulio Tremonti – l’inventore dei fiscovelox, nonché uno dei principali nemici della Svizzera e del Ticino – ministro delle finanze nei governi del Berlusca, apparteneva proprio a quel partito. La situazione rimane dunque incerta.
Lorenzo Quadri