Sul fatto che la fiscalità dei frontalieri debba venire aumentata sussiste un ampio consenso. In effetti, è essenziale rendere il mercato del lavoro ticinese meno attrattivo per chi arriva dalla vicina Penisola. Se non si fa niente non c’è chance che lo diventi: la situazione occupazionale in Italia è sempre catastrofica. E non migliora.

Misure fiscali

Le opzioni sono molte. Non si escludono a vicenda.  La prima è quella contenuta nel postulato di chi scrive, approvato a larga maggioranza dal Consiglio nazionale durante l’ultima sessione: tassare i frontalieri secondo aliquote italiane. In questo modo i frontalieri pagherebbero le imposte che pagano i loro connazionali che lavorano in Italia. Non certo uno scandalo, dunque, bensì paritĂ  di trattamento. In sostanza il privilegio fiscale dei frontalieri verrebbe a cadere.

Una seconda possibilità è quella attuata dal Consiglio di Stato dopo l’approvazione dell’iniziativa parlamentare Udc sul tema: ossia portare al 100% il moltiplicatore d’imposta applicato ai frontalieri.

Ecotasse

Poi c’è la fiscalitĂ  che potremmo chiamare “collaterale”. Ad esempio le ecotasse per frontalieri. In questa direzione si sta muovendo il direttore del Dipartimento del Territorio Claudio Zali. La Lega aveva peraltro presentato un’iniziativa, giĂ  tempo fa, per l’introduzione di un’ecotassa “pura”: ossia ad ogni frontaliere si fa pagare un “tot” all’anno. La misura  si può  giustificare molto facilmente con l’usura che il traffico da Oltreconfine genera alla rete viaria cantonale. Questa usura ha un costo. Anche solo immaginando un’imposta forfettaria di 500 Fr all’anno per ogni frontaliere, si potrebbero fare entrare nelle casse ticinesi oltre 30 milioni annui. Non proprio da sputarci sopra…

Effetto antidumping

Certo: queste misure di tipo fiscale non risolvono il problema dell’invasione da sud. Non ne hanno nemmeno la pretesa. Contro il soppiantamento dei residenti, c’è un solo provvedimento risolutivo: applicare subito il contingentamento deciso dal popolo il 9 febbraio.

Tuttavia le misure di tipo fiscale aiutano a diminuire un po’ il “gap” tra i costi della vita con cui è confrontato il frontaliere e quelli – nettamente superiori – che deve invece affrontare il residente.

Di conseguenza, obbligano il frontaliere a richiedere stipendi superiori. Ciò che smorza un po’ l’effetto dumping. Ma soprattutto, queste misure portano soldi in cassa al Cantone. Fondi che  vanno utilizzati per promuovere l’occupazione dei residenti.

Da dove arrivano?

I frontalieri che risiedono nella fascia di 20 km dal confine elvetico godono del privilegio fiscale di pagare solo la famosa imposta alla fonte. Questo privilegio è anacronistico, e deve venire cancellato. Tanto più che di abusi ce ne sono a bizzeffe. Per abusi si intende frontalieri con domicilio tarocco nella fascia di confine allo scopo di pagare meno imposte. Al proposito che controlli si fanno? Probabilmente, anzi sicuramente, nessuno.

E’ ovvio che qui c’è gente che ci ha mangiato dentro alla grande. L’escamotage del falso domicilio nella fascia di 20 km dal confine con conseguente vantaggio fiscale agevola l’assalto alla diligenza al mercato del lavoro ticinese anche da parte di chi vive più lontano, reso possibile dalla devastante libera circolazione delle persone.

Sicché è nell’interesse di tutti, sia Svizzera che Italia, che la fascia di confine, nell’attesa di una sua abolizione che deve avvenire quanto prima, venga anche fatta rispettare.

Nell’ambito dei controlli che Zali ha ordinato sulla mobilità dei frontalieri, si può sicuramente verificare anche la questione del domicilio. Scoprire gli abusi e mettere pressione è indispensabile.

Lorenzo Quadri