Ormai diventa sempre più evidente ad ogni giorno che passa. Avendo “trovato il molle” Stati esteri in bancarotta e dintorni approfittano per avanzare nei confronti della Svizzera rivendicazioni sempre in crescendo. Ormai ci hanno preso gusto.
Vediamo il caso dell’Italia che, facendo finta di non sapere che 250mila suoi concittadini (tra padroncini, frontalieri e loro familiari) mangiano grazie al Ticino o piuttosto grazie ai (per noi) devastanti accordi bilaterali, continua a battere il chiodo del segreto bancario. Quando farebbe molto meglio a passare all’acqua bassa. L’ultima da parte italiana è l’invito all’UE ad imporre urbis et orbis lo scambio automatico di informazioni. Ed è evidente che, se da Bruxelles qualcuno comincerà a pretendere, solo la Svizzera cederà. Dopodiché magari – ma solo magari – si lamenterà timidamente perché gli altri non hanno ottemperato al Diktat (e continueranno a non farlo). Ma intanto, i buoi saranno già fuori dalla stalla da un bel pezzo.
Adesso lo stesso desolante copione si sta ripetendo con la Francia in materia di tassazione delle eredità di cittadini francesi residenti in Svizzera. Il disastroso governo $inistrorso di Hollande la scorsa estate ha messo il Consiglio federale sotto pressione il quale, come di consueto, si è affrettato a concedere aperture.
Poi improvvisamente le acque si sono calmate fino a quando di recente il ministro delle finanze francese se ne è uscito a dire che la conclusione di un trattato con la Svizzera sulla tassazione delle eredità sarebbe imminente. Berna si è dovuta affrettare a smentire.
L’aspetto tragicomico della vicenda è che la Francia, che in materia di scambio di informazioni sui conti bancari invoca gli standard OCSE, quando le fa comodo pretende invece di violare allegramente questi standard, pretendendo dalla Svizzera modalità di tassazione delle eredità di cittadini francesi che non stanno né in cielo né in terra. Modalità che contemplano, tanto per gradire, violazione del principio della tassazione al domicilio dello scomparso e aliquote stellari, addirittura fino al 45%.
Qui ci troviamo dunque confrontati con Stati finanziariamente alla frutta, che tentano il tutto per tutto con la Svizzera. Mirando ad approfittare della debolezza bernese, non esitano ad avanzare anche pretese assurde. Sicché o si mostra decisione, o chiudiamo baracca.
Parigi ha pure mandato spioni fiscali travestiti a St Moritz, violando il principio di territorialità, a filmare e fotografare cittadini francesi presunti evasori. E noi trattiamo con costoro? Idem con patate (bollite) per la Germania: nei giorni scorsi il ministro delle finanze teutonico ha dichiarato di voler ancora trattare con Berna, malgrado i governanti dei Länder tedeschi di $inistra – quelli che si riempiono la bocca con il rispetto della legalità – acquistino in modo del tutto illegale CD di dati bancari rubati a istituti elvetici. Però quando, in relazione a queste squallide vicende, il nostro Paese chiede assistenza giudiziaria, i tedeschi nemmeno si degnano di rispondere. La Germania vuole trattare? Noi no.
E’ ormai dimostrato un numero infinito di volte che il pedissequo rispetto di accordi e standard internazionali, quando si tratta di Paesi UE, non paga. Perché questi pretendono da noi il rispetto di standard della fallita UE di cui – sottolineiamo – non facciamo parte. Ma, per il proprio tornaconto, sono i primi che questi standard li violano senza alcuna remora.
Lorenzo Quadri