Ma, soprattutto, un danno al Cantone
La scorsa settimana è diventato di pubblico dominio il famoso studio dell’IRE dal quale emergerebbe che in Ticino la sostituzione di residenti con frontalieri non esiste. Si tratterebbe di un’allucinazione collettiva. Di “storielle”, come ha dichiarato il direttore dell’IRE Rico Maggi. Al quale si suggerisce di andare a raccontare la sua brillante teoria ai molti ticinesi che non trovano un lavoro poiché il mercato è saturato dai frontalieri. Eh già: se i frontalieri sono passati dai 26mila nel 2000 ai 62’555 dell’ultimo rilevamento (e stiamo parlando delle cifre ufficiali e dichiarate: manca tutto il “nero” e mancano, oltretutto, i padroncini) è perché in Ticino non si trovano i “profili giusti”. E naturalmente in Ticino non si trovano nemmeno persone disposte a lavorare nel terziario, visto che il 60% dei frontalieri è ormai impiegato in questo settore.
Accettare sportivamente?
Siamo quindi alla presa in giro: e, poiché la devastazione del mercato del lavoro, provocata dalla libera circolazione delle persone senza limiti, ha gettato tante persone e famiglie ticinesi nella disperazione, niente di strano che non tutti se la siano sentita di accettare sportivamente le fetecchiate dello studio IRE; e ancora meno l’arroganza con cui il direttore dell’Istituto, pagato con soldi pubblici, pretendeva di aver ragione. Del resto a questo genere di studi si può far dire ciò che si vuole. L’obiettivo di Maggi era evidentemente quello di dimostrare (?) che, in regime di libera circolazione delle persone, “tout va bien, Madame la Marquise”. Niente di nuovo sotto il sole, per la verità. Nei secoli scorsi sono stati prodotti fior di studi scientifici per dimostrare che la terra è piatta.
Effetto boomerang
Peccato che l’indagine sui frontalieri abbia avuto uno spiacevole effetto boomerang: quello di riaccendere i riflettori sulla politica occupazionale di USI e SUPSI. Ed in particolare su quel che accade in questi istituti in materia di assunzione di frontalieri invece di residenti. Presunti luminari in arrivo da Oltreconfine si portano dietro l’harem dal Belpaese: assistenti, segretari, portaborse e chi più ne ha più ne metta. Tra questi, molti profili che in Ticino si trovano a bizzeffe. Il dibattito a questo proposito era un po’ scemato. Le acque si erano calmate. E forse qualcuno si è sentito un po’ troppo sicuro di sé. Lo studio IRE è la classica provocazione che tira troppo la corda.
Danno al Ticino
Purtroppo c’è da temere che le conseguenze dell’ indagine farlocca pagata con i nostri soldi non si esauriranno in qualche mal di pancia dei molti ticinesi che, a ragione, si sentono presi per i fondelli. In effetti, simili indagini sono un danno per tutto il Cantone. Esse costituiscono una vera e propria operazione di sabotaggio ai danni di chi a Berna tenta, con fatica, di far comprendere, a tutti i livelli possibili, le difficoltà con cui il Ticino si trova confrontato per colpa dell’invasione da sud, e la necessità di tutelare il mercato del lavoro ticinese applicando rigorosamente il contingentamento dei frontalieri e la preferenza indigena. Lo studio IRE è dunque uno schiaffo al 9 febbraio e al 70% dei ticinesi che l’hanno votato. E’ l’equivalente del “bisogna rifare la votazione” dei kompagni (e non solo dei kompagni); ed è altrettanto imbevuto di ideologia. Perché lo studio, lo ha ammesso tra le righe del suo intervento anche il presidente dell’USI Piero Martinoli, è pilotato. Cos’altro significa infatti la frase “discipline come l’economia non sono scienze esatte, ma possono ispirarsi a scuole di pensiero o a teorie molto diverse tra di loro e quindi le ricerche sono suscettibili di giungere a conclusioni addirittura contrapposte”, se non questo?
Fascisti?
Finché a negare l’evidenza della sostituzione di ticinesi con frontalieri è un qualche compitino della SECO, è un conto. Ma se a farlo è uno studio ticinese, il danno è infinitamente più grande. Berna ha gioco facile nel dire: “cosa cavolo ci venite a chiedere se sono i vostri stessi studi a dire che l’invasione di frontalieri non è un problema?”.
L’IRE, dunque, ha lavorato contro il Ticino per motivi ideologici (vedi le “scuole di pensiero” di cui sopra). Merita ancora di venire premiata con mandati finanziati dal contribuente? La domanda, per quanto provocatoria, è legittima. Altro che fascismo, come è subito corso a strillare qualcuno!
Lorenzo Quadri