L’entusiasmo corale italico non lascia spazio a dubbi su chi abbia vinto la partita

Dal Belpaese è dunque arrivato il Sì definitivo al nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Dopo la Camera, anche il Senato l’ha approvato. In entrambi i casi, ciò è avvenuto all’unanimità. Pare evidente che se al di là della ramina destra e sinistra, governo e parlamento, sono tutti d’accordo ed entusiasti, questo vuol dire che gli svizzerotti sono stati infinocchiati. O, per essere più precisi, che hanno portato a casa le briciole. Questo dopo 50 anni di versamenti di ristorni spropositati, che andranno ancora avanti per lungo tempo. Mentre la parte del leone la fa Roma. 

I titoli gaudiosi sui giornali italici si sprecano. I “conti della serva” fatti dall’amministrazione tricolore anticipano che, nei primi vent’anni di applicazione del nuovo regime fiscale, la Penisola incasserà quasi 40 miliardi: vale a dire in media 200 milioni all’anno. Sicché quando, in tempi non sospetti, il Mattino scriveva di “centinaia di milioni in più ogni anno per lo Stato italiano”, non raccontava fregnacce. La cifra è ovviamente destinata a moltiplicarsi quando tutti i frontalieri, a seguito del ricambio generazionale, sottostaranno al nuovo regime (che si applicherà solo ai nuovi permessi G rilasciati dopo il 1° gennaio 2024). 

Considerando che, sull’accordo fiscale, Roma ha fatto melina dal 2015 fino all’altro giorno, se fossimo dei cittadini della Penisola saremmo “leggermente irritati” con governi e politicanti di ogni colore che hanno impiegato otto anni per firmare, facendo così perdere 1.6 miliardi di euro all’erario.

Situazioni kafkiane

In ottica ticinese, come detto più volte, lo scenario è meno roseo. Addirittura, prima del 2033 (data prevista per la decadenza dei ristorni con  nuova ripartizione del gettito) con il nuovo accordo ci perderemo. Solo in seguito cominceremo a guadagnare qualcosa. 

E’ comunque evidente che fare il frontaliere continuerà ad essere estremamente interessante. Anche con le nuove regole. 

Contestualmente alla firma dell’ accordo fiscale in Senato, su un noto gruppo di faccialibro (facebook) di frontalieri sono apparsi post dove con toni isterici si denuncia che, proiezioni alla mano, un ipotetico frontaliere “Luigi” celibe di 40 anni con salario mensile netto di 4500 franchi dovrà pagare all’erario italiano 10’245 euro all’anno. Se il calcolo sia corretto o no, non sappiamo dire. Ammettiamo che lo sia.  A parte il fatto che se “Luigi” è già frontaliere per lui non cambierà nulla, dato che il nuovo accordo si applicherà solo a quelli assunti dopo il 1° gennaio prossimo; se il futuro frontaliere “Luigi” ritiene che le condizioni testé indicate siano inaccettabili, non ha che da cercarsi un lavoro in Italia. Vogliamo vedere dove lo troverà un posto con stipendio netto di 4500 franchi (o euro) mensili. 

“Stipendi d’oro”

Proprio nei giorni scorsi il Corriere della Sera online, nella sezione economia, titolava a caratteri cubitali: “Svizzera a caccia di infermieri italiani: stipendi d’oro per le nuove assunzioni”, per poi continuare magnificando i salari elvetici che sono “almeno il doppio di quelli italiani, con 3000 euro netti (?) di stipendio di base che possono arrivare fino ad 8000. Si prevedono piani di formazione e aggiornamento costanti, misure di crescita concreta e valorizzazione sia professionale che umana”. E qualcuno immagina davvero che il Ticino non sarà più attrattivo per i frontalieri a seguito dell’accordo fiscale? Siamo seri.

Nel frattempo, è assolutamente indecente sentire certe associazioni padronali ticinesi che aizzano i propri membri a correre ad assumere frontalieri “prima che entrino in vigore le nuove regole”. E’ accaduto qualche settimana fa a Stabio (ne abbiamo riferito su queste colonne) in occasione di un incontro sulla mobilità aziendale.

E invitare invece ad assumere svizzeri, sembra brutto?

Telelavoro

C’è tuttavia una nota positiva: un po’ a sorpresa il governo italiano, per motivi sui quali non stiamo ad indagare, fa melina sul telelavoro dei permessi G. Questo malgrado i tentativi dei parlamentari di maggioranza ed opposizione di sdoganarlo già con il nuovo accordo fiscale. Come ripetuto più volte, il telelavoro è un’ulteriore agevolazione a beneficio dei frontalieri del terziario amministrativo: quelli che generano sostituzione e dumping salariale in Ticino. Però alle nostre latitudini il Triciclo vuole che sia concesso! I suoi politicanti alle Camere federali nei mesi scorsi hanno addirittura scritto al governicchio federale in tal senso! E poi la partitocrazia ha ancora il coraggio di tentare di far fessi i ticinesotti raccontando – a scopo elettorale – di voler contenere l’invasione di sud? Ma se fa di tutto per aizzarla!
Sui $indakati spalancatori di frontiere stendiamo un velo pietoso: invece di difendere i lavoratori ticinesi, questi pretendono lo smart working per i frontalieri. Ma sa po’? 

Aspettiamo al varco

Per la prossima settimana, all’ordine del giorno del Consiglio nazionale figura una mozione del sottoscritto che chiede al Consiglio federale di NON sottoscrivere ulteriori accordi amichevoli con l’Italia sul telelavoro dei frontalieri. Inutile dire che la deputazionicchia ticinese a Berna è attesa al varco. Visto che il governo di Roma tira il freno a mano, sarebbe il colmo se a pigiare sull’acceleratore, in modo del tutto autolesionistico, fosse il Ticino!

Lorenzo Quadri