Tra accordi fiscali, residenze farlocche e notifiche che non vengono trasmesse
Johann “Leider” Ammann, PLR, ministro dell’economia, di recente si è di nuovo fatto infinocchiare dai vicini a sud. Dopo aver incontrato il suo omologo Carlo Calenda (Calenda chi?) se ne è uscito trionfante a dichiarare: nel giro di un paio di mesi gli accordi sui frontalieri saranno cosa fatta.
Ma si può essere più boccaloni di così? Anche il Gigi di Viganello ha capito che il nuovo accordo, in base al quale i frontalieri sarebbero più tassati di ora, non sarà mai sottoscritto. E questo perché i frontalieri nel Belpaese sembrano essere, anzi sono, una lobby intoccabile. Guai a chi osa mettere in discussione i loro privilegi fiscali (pagano molte meno imposte degli italiani che lavorano in Italia)! Subito i soliti politicanti lombardi in fregola di visibilità si mettono a strillare sui media compiacenti. Naturalmente spalando palta sugli “svizzeri razzisti”. Indecente.
I “finti” frontalieri
Più volte su queste colonne è stato scritto che dal nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri a guadagnarci di più – ma tanto di più! – dal profilo del gettito fiscale sarebbe la vicina Penisola. Ma evidentemente oltreramina questo non interessa. Chissenefrega delle casse pubbliche, e soprattutto chissenefrega dell’equità fiscale! L’importante è accaparrarsi i voti dei frontalieri, e preferibilmente anche quelli dei loro familiari, in vista delle prossime elezioni.
Un nuovo esempio di tale andazzo lo fornisce la vicenda dei finti (fiscalmente parlando) frontalieri. Ossia quelli che fanno figurare una residenza fittizia entro i 20 km dalla fascia di confine. In questo modo, pagano le imposte alla fonte in Ticino (che poi ristorna il famoso 38% al Belpaese). I frontalieri che vivono al di fuori della fascia dei 20 km devono invece pagare le tasse in Italia, secondo le aliquote italiane. Che sono assai più elevate. Sicché, a risiedere entro i famosi 20 km ci si guadagna. E parecchio.
Questione non nuova
La questione non è certo nuova, ma è stata riportata in auge di recente dal responsabile del centro competenze tributarie della SUPSI Samuele Vorpe in un’intervista sul GdP. A seguito dei frontalieri “furbetti” l’Italia perde cospicue entrate fiscali. Eppure non si sogna di intervenire. La famigerata Agenzia delle entrate se ne impipa: tüt a posct! Va bene così!
C’è chi propone che la Svizzera si attivi direttamente per permettere all’Italia di smascherare i frontalieri “furbetti”. Il suggerimento appare vagamente autolesionistico. Non solo non ce ne viene in tasca nulla ma questi frontalieri, se smascherati, non pagherebbero più imposte alla fonte in Svizzera; sarebbero tassati solo nel Belpaese. Quindi meno entrate fiscali per noi. E di certo non lasceranno il posto di lavoro per questo…
Semmai, la situazione sopra descritta dovrebbe essere uno stimolo in più per il Belpaese per concludere il famoso accordo fiscale con la Svizzera e regolare in quell’ambito anche tale questione. Ma su questo fronte, come tutti (tranne Leider “Boccalone” Ammann) hanno capito, è buio pesto.
E le notifiche dei padroncini?
Molto più interessante per noi sarebbe trasmettere al Belpaese le notifiche dei padroncini che lavorano in Ticino. Questi le tasse non le pagano da nessuna parte, visto che evidentemente non dichiarano il reddito conseguito nel nostro paese al fisco tricolore. L’Italia dovrebbe essere la prima a reclamare l’elenco delle notifiche. E noi dovremmo essere ben felici di fornirglielo. Ciò costituirebbe infatti un potente deterrente; di certo permetterebbe di smorzare un po’ l’assalto alla diligenza ticinese da parte della concorrenza sleale d’oltreconfine, che mette in ginocchio artigiani e piccole imprese del nostro Cantone. Ma anche qui, nulla si muove. L’Italia non si sogna di chiedere le informazioni necessarie per chiamare alla cassa i padroncini. Del resto, costoro sono dei frontalieri “sui generis”. E i frontalieri, come si è visto, sono intoccabili.
Sommaruga: “sa pò mia”
E se fosse la Svizzera a farsi parte attiva nella questione? Se trasmettesse spontaneamente le liste all’Agenzia delle entrate italica, visto che ciò sarebbe chiaramente nell’interesse del Ticino? Non sia mai. La ministra del “devono entrare tutti”, kompagna Simonetta Sommaruga, insorge: “sa po’ mia! Manca la base legale!”. Ma come: non è proprio lei quella che va in giro a dire che “bisogna aiutare l’Italia”?
E i camerieri dell’UE in Consiglio federale vorrebbero ancora raccontare la storiella che con la vicina Repubblica i rapporti sono normali?
Lorenzo Quadri