E visto che la ministra del 5% non vuole disdire gli accordi con l’Italia del 1974, blocchiamo anche i versamenti dell’imposta federale diretta!
Si torna a parlare di blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri.
La domanda è: ma insomma, questi ristorni bisogna tornare a bloccarli oppure no?
E la risposta è: ma cerrrrrrto che bisogna tornare a bloccarli! Ed i motivi si sprecano.
Tanto per cominciare, l’accordo del 1974 non ha più ragione di esistere, essendo fondato su presupposti non più dati. Nel 1974 la libera circolazione delle persone era al di là da venire, e il segreto bancario svizzero non veniva messo in discussione dall’Italia.
Inoltre gli importi dei ristorni avrebbero dovuto essere impiegati dai beneficiari per la realizzazione di opere infrastrutturali. Che però non sono state fatte. E’ infatti evidente che tutto il peso viario del frontalierato grava sulla parte ticinese. Mentre l’Italia non prevede nemmeno i park&ride alle stazioni. Come si pensa, allora, di mettere i frontalieri su sempre più improbabili trenini? Quanto alla presa in giro della ferrovia Stabio-Arcisate, è così nota da non necessitare dell’ennesima ripetizione.
L’errore fu sbloccare
Se errore ci fu, fu dunque quello di sbloccare il versamento dei ristorni senza avere ottenuto nulla, ma proprio nulla, in cambio. La Svizzera, malgrado il segreto bancario sia stato smontato dalla ministra del 5% che ha smantellato la piazza finanziaria svizzera e ticinese, rimane iscritta su liste italiane illegali. Ripetiamo: illegali.
L’Italia non applica, ma nemmeno per sbaglio, la reciprocità nei devastanti accordi bilaterali. Utilizza il Ticino come valvola di sfogo per i problemi occupazionali della Lombardia, fomentando di proposito l’invasione a nostro discapito (molto più facile spingere la popolazione ad emigrare piuttosto che creare posti di lavoro in patria).
Intanto però, ben lungi dal mostrare gratitudine, la vicina Penisola prosegue con i dispetti doganali, per la serie “tanto gli svizzerotti sono fessi e non si accorgono di niente”. E quando però il Ticino, come è suo pieno diritto, piazza dei posti di blocco alla frontiera per controllare i padroncini – posti di blocco che dovrebbero essere quotidiani – ecco che oltre ramina si mettono a strillare alla “xenofobia”.
A proposito: quanti padroncini entrano illegalmente in Ticino attraverso i valichi non controllati?
Se lo aspettano
Del resto, e questo è significativo, qualche settimana fa, descrivendo (in modo alquanto grossolano) i rapporti tra Svizzera ed Italia, il quotidiano $inistrorso LaRepubblica scriveva più o meno: “l’Italia ha messo la Confederazione sulla black list per il segreto bancario e da parte sua la Svizzera ha bloccato il versamento dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri”.
In altre parole: per la stessa Italia il blocco dei ristorni sarebbe una reazione scontata al proprio comportamento. Non verrebbe neppure visto come una ritorsione! Questo tanto per rassicurare i più tremebondi.
Pressione su Berna
Ma il blocco si giustifica anche come misura nei confronti del Consiglio federale. La ministra del 5% Widmer Schlumpf, in carica senza i voti, non ne vuole sapere di rivedere gli accordi sulle imposte alla fonte dei frontalieri, come detto superati e discriminatori (l’Italia gode di un ristorno del 38.8%, l’Austria del 12.5%).
Una revisione, ovviamente a vantaggio nostro, del vetusto accordo del 1974, sarebbe l’unico zuccherino in trattative italo-svizzere che, conoscendo i nostri negoziatori (calzoni abbassati fino alle caviglie) non potranno che concludersi in martellate sui “gioielli di famiglia”.
Ebbene proprio questa parte, a quanto risulta, è stata tolta dal tavolo. Perché la ministra del 5% nemmeno sa cosa sono i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri e perché comunque degli interessi del Ticino se ne frega né si sogna di muovere paglia per i ticinesi che oltretutto votano pure “sbagliato”.
L’Italia non vuole rivedere gli accordi sui ristorni per motivi elettorali (chi tassa di più i frontalieri perde le elezioni). A seguito di questa riflessione, o piuttosto ossessione, non solo il Belpaese tollera una disparità di trattamento plateale tra i suoi concittadini, ma rinuncia ad entrate per centinaia di milioni di euro, malgrado di questi soldini avrebbe bisogno più che del pane.
E allora, se si vuole che per i frontalieri la musica fiscale cambi, bisogna che sia la Svizzera, ovvero il Consiglio federale, a disdire gli accordi sui ristorni. Ma la ministra del 5% non vuole!
Imposta federale diretta
Il blocco è dunque uno strumento di pressione nei confronti di Berna perché non bisogna pensare che il Consiglio federale agisca se ne ce ne stiamo zitti e buoni, ma anzi va tenuto sempre sotto tiro. Dove ci porta il pedissequo rispetto di cavilli che siamo gli unici a mettere in pratica, lo si è ben visto, e il 70% di Sì all’iniziativa Contro l’immigrazione di massa ne è la logica conseguenza. Ciò vale anche per i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri. Siamo rientrati nei ranghi sbloccandoli e nel giro di breve tempo la ministra del 5% li ha cancellati dalle trattative.
Quindi, un blocco oggi è almeno altrettanto giustificato che nel 2011. Se non di più. Anzi: visto che la ministra del 5% non ne vuol sapere di disdire gli accordi del 1974, oltre ai ristorni blocchiamo anche i versamenti dell’imposta federale diretta!
Lorenzo Quadri