Quadri: “ora il CdS sostenga la mia mozione per la disdetta della Convenzione del 1974”
E‘ stata consegnata nelle scorse settimane la perizia, commissionata dal Consiglio di Stato all’Università di Lucerna, sulla disdetta della famigerata Convenzione del 1974 che definisce i ristorni dei frontalieri al Belpaese. Dalla perizia emerge, ma tu guarda i casi della vita, che la Convenzione in questione può essere disdetta. Proprio come da tempo predicano la Lega ed il Mattino.
Il consigliere nazionale Lorenzo Quadri, a nome della LdT, ha chiesto più volte a Berna di denunciare la Convenzione. Una sua mozione in tal senso è tutt’ora pendente.
Cosa ne pensa Quadri del responso lucernese?
Sono soddisfatto, naturalmente. L’esito della perizia dell’Università di Lucerna non è di per sé una sorpresa. Mi auguro adesso che il committente, ovvero il Consiglio di Stato, voglia utilizzare attivamente la perizia (che ha pagato) per mettere pressione a livello federale. Come ben sappiamo, sul fronte della fiscalità dei frontalieri, nulla si muove da oltre 5 anni. L’Italia non vuole il nuovo accordo. La recente visita in Ticino del ministro degli esteri italiano Di Maio, come scontato, non ha portato alcunché. E’ stata l’ennesimo espediente italico per continuare a temporeggiare. A noi è rimasto solo il conto da pagare per lo spropositato dispositivo di sicurezza. Intanto il ministro degli esteri PLR Ignazio Cassis, incurante del ridicolo, afferma pubblicamente che “la Svizzera dovrebbe adottare una linea più dura con la Cina”. Cassis non riesce neppure ad ottenere che il Belpaese rispetti gli impegni presi con noi. Però immagina di imporsi sulla Cina? Qui siamo a livelli da barzelletta.
Sul tema della Convenzione del 1974 è pendente a Berna una sua mozione del 2018.
Sì, l’atto parlamentare era agendato nella sessione di giugno del Consiglio nazionale, ma non è stato trattato per mancanza di tempo. Ovviamente la perizia lucernese rafforza la richiesta contenuta in quella mozione. Che a questo punto mi auguro verrà sostenuta anche dal Consiglio di Stato. Il quale potrebbe, ad esempio, cominciare a comunicare ufficialmente la propria posizione all’autorità federale. Più il tempo passa, più è evidente che, se l’Italia continuerà ad incassare i ristorni, non cambierà assolutamente nulla su questo fronte.
Pensa che la perizia di Lucerna possa dare la spinta decisiva alla sottoscrizione del “nuovo” accordo sulla fiscalità dei frontalieri?
No. Il “nuovo” accordo, parafato nel 2015, è morto e sepolto. Oltretutto, pur costituendo un miglioramento rispetto all’inaccettabile situazione attuale, non può certo dirsi un gran successo dal punto di vista degli interessi del Ticino. Adesso la perizia di Lucerna dà ragione alla posizione della Lega: disdire unilateralmente la Convenzione del 1974, superata dagli eventi, si può. Non solo si può; si deve. La conseguenza sarebbe che non verrebbero più versati ristorni all’Italia. Quindi, 90 milioni di Fr all’anno in continua crescita resterebbero nelle casse pubbliche ticinesi. Di questi soldi, specie con la crisi economica da virus cinese dietro l’angolo, abbiamo bisogno come del pane. Basti pensare che direttore del DFE Christian Vitta (PLR) già ipotizza aumenti del moltiplicatore cantonale per far quadrare i conti… (la Lega ha espresso la propria totale contrarietà ad aggravi fiscali, ndr). Del resto, il nostro Cantone nella prima ondata di contagi da coronavirus è stato impestato proprio a causa della vicinanza con la Lombardia in regime di frontiere spalancate. Se la Convenzione venisse disdettata, l’Italia non riceverebbe più i ristorni e dunque dovrebbe a sua volta tassare i frontalieri. La pressione fiscale sui permessi G aumenterebbe. Il che, per il Ticino, sarebbe senz’altro positivo sul fronte della lotta al dumping salariale.
La Lega tornerà dunque alla carica con la richiesta di disdire la Convenzione del 1974?
Certamente. E’ un atto dovuto nei confronti del Ticino. Questa Convenzione ci costa, come detto, 90 milioni l’anno in continuo aumento. Venne voluta a suo tempo nell’interesse generale della Svizzera; ma il prezzo l’ha sempre pagato solo il nostro Cantone. E questo va avanti da quasi mezzo secolo! La Convenzione non ha più ragione di essere. Del resto nemmeno il Lussemburgo, Stato membro UE, versa dei ristorni per i frontalieri francesi e tedeschi attivi sul proprio territorio. E noi, che dell’Unione europea non facciamo parte (grazie al popolo, non certo grazie ai politicanti della partitocrazia) dovremmo continuare a pagarne, e per di più di spropositati?
E se la Confederazione insistesse nel non disdire la Convenzione?
Il Consiglio federale, davanti al responso della perizia lucernese, non ha più scuse per starsene con le mani in mano. Ma d’altra parte da questo CF, pavido e genuflesso, ci si può attendere solo il peggio. Specie quando si tratta di far valere gli interessi della Svizzera nei confronti dell’UE o di suoi Paesi membri. Quindi, se il governo federale rifiuterà anche questa volta di fare i compiti, quello ticinese – forte della perizia da lui stesso commissionata – dovrà prendere in mano la situazione e bloccare finalmente i ristorni. Pena la perdita di credibilità davanti ai cittadini. In gioco ci sono 90 milioni all’anno, non noccioline!
Da parte italiana, alcuni politici hanno già sostenuto che una disdetta della Convenzione sarebbe impensabile e che i rapporti tra Svizzera ed Italia sono “ottimali”.
Dal loro punto di vista, i rapporti sono senz’altro ottimali: infatti i vicini a sud continuano ad incassare i ristorni spropositati e ad essere inadempienti nei nostri confronti, menando gli “svizzerotti” per il naso. Ma noi non possiamo più tollerare questo stato di cose.
MDD