I vodesi hanno gli attributi. I ticinesi, ed in particolare la direttrice del DFE, no (e non perché donna, ma in senso metaforico).

Questa è la conclusione cui bisogna forzatamente giungere alla luce di due iniziative messe in campo dal Canton Vaud proprio questa settimana.

Nella prima iniziativa, il ministro delle finanze vodese Pascal Broulis ha deciso d’imperio di imporre alla fonte i frontalieri attivi nel suo Cantone che abitano a più di un’ora e mezza dal posto di lavoro.

Gli accordi sull’imposizione dei frontalieri con la Francia sono molto diversi da quelli in vigore con l’Italia quindi un paragone è difficile, una cosa però appare in tutta evidenza: i vodesi non si fanno problemi nel difendere i propri interessi e nel farsi valere con la Francia. Che è un po’ più organizzata della vicina Penisola! Ciò a prescindere dal fatto, disdicevole, che Broulis vada in giro assieme al “trio di Gandria” Sommaruga – Burkhalter – Schneider Ammann a difendere la devastante libera circolazione delle persone inventandosi panzane per combattere l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”.

Imposti alla fonte

Detto fatto, dunque, i vodesi hanno imposto alla fonte centinaia di lavoratori francesi. Invece in Ticino la maggioranza del governo è addirittura riuscita a rifiutare il blocco-bis dei ristorni dei frontalieri chiesto dalla Lega. E, questo l’hanno capito anche i paracarri, mentre nei Cantoni romandi i responsabili dell’Economia si danno da fare per escogitare misure per tutelare i lavoratori residenti dall’invasione dei frontalieri, in Ticino il DFE guidato dalla Consigliera di Stato dell’ex partitone (quella che “studia i dossier” ma non decide nulla) si distingue per il totale immobilismo. Eppure la situazione ticinese è assai più grave di quella romanda. Non solo abbiamo in proporzione molti più frontalieri, ma dobbiamo fare i conti anche con un vero e proprio assalto alla diligenza da parte di padroncini che fanno concorrenza sleale agli operatori locali. Per fine anno sono annunciate 38mila notifiche di padroncini e distaccati. A cui vanno aggiunti tutti quelli che lavorano completamente in nero: ossia, senza annunciarsi da nessuna parte.

Auto sospette

Davanti a questa situazione drammatica, l’ammucchiata antileghista in Consiglio di Stato frena tutte le proposte della Lega (guai a dar ragione all’odiato Movimento) a tutela del nostro mercato del lavoro. Lo fa invocando, tra l’altro, il pedissequo rispetto di trattati internazionali nei confronti di un partner, l’Italia, che di trattati non ne rispetta nemmeno mezzo.

Invece nel Canton Vaud non ci si fa alcun problema nel scendere in campo a muso duro contro la Francia, anche in materia di sicurezza, e questa è la seconda iniziativa vodese presentata nei giorni scorsi.
A tutela della sicurezza infatti la polizia cantonale ha deciso che tutti i veicoli con targhe straniere giudicati non conformi verranno provvisoriamente sequestrati e conservati in attesa della loro regolarizzazione. In questo modo si mira a limitare la mobilità dei malviventi. Dopo il sequestro, il veicolo verrà esaminato per determinare se presenta difetti tecnici palesi, oppure un rischio per la sicurezza pubblica. Il mezzo è poi trasferito presso uno specialista o in un deposito. Un provvedimento che tra l’altro permetterà anche di mettere i bastoni tra le ruote ad un certo numero di lavoratori in nero.

Dinamismo vs immobilismo

Questo dinamismo contrasta con l’immobilismo del DFE. Ricordiamo infatti che nell’emergenza padroncini l’unica misura presa da Sadis è stata quella di commissionare un controrapporto nel tentativo di invalidare le proposte contenute nello studio commissionato – e finanziato di tasca propria – dal compianto Michele Barra.

Lorenzo Quadri