Torniamo a bloccare i ristorni. E non ci facciamo minacciare da chi ci deve tutto

 

Si torna a parlare di accordi sulla fiscalità dei frontalieri. Lo ha fatto il Mattino due settimane fa. E lo ha fatto anche il Corriere del Ticino nell’editoriale di lunedì. Ce n’è ben donde. Infatti, anche se la notizia è passata quasi inosservata, i ristorni dei frontalieri italiani ammontano ormai a 77,2 milioni di Fr all’anno. Si tratta della somma totale, quindi comprensiva anche di quei (pochi) frontalieri che lavorano nei Grigioni e nel Vallese.

Del resto l’equazione è semplice: più frontalieri = più ristorni.

Due punti fermi

Sicché, mentre la politica si accapiglia per strapuntini da tre e una cicca come quelli dell’ente LAC, qui ci sono paccate di milioni che transitano inosservate dalle casse pubbliche ticinesi a quelle italiche. Ogni anno; non una tantum.

Occorre dunque partire da un paio di punti fermi.

Il primo: i ristorni nacquero, oltre 40 anni fa, come un pizzo all’Italia. I termini erano questi: noi italiani non vi rompiamo i cosiddetti sul segreto bancario, ma voi in cambio ci passate una quota delle imposte alla fonte dei frontalieri.

Il secondo: i ristorni erano legati al rientro quotidiano dei frontalieri al domicilio. E lo dimostra il fatto che, quando una decina di anni dopo si scoprì che una piccola parte di frontalieri non rientrava tutte le sere al paesello, la percentuale di ristorno venne abbassata: dal 40% al 38.8% attuale.

Accordi decaduti

Oggi nessuna di queste condizioni è più adempiuta. L’Italia come sappiamo ha infranto i patti inserendo la Svizzera, a causa del segreto bancario, su illegali liste nere, grigie, tigrate e chi più ne ha più ne metta; però ha continuato ad incassare il pizzo-ristorno come se “niente fudesse” (scemi noi che continuiamo a pagare). Inoltre, con la libera circolazione delle persone, l’obbligo di rientro quotidiano al domicilio per i frontalieri è venuto a cadere.

Non essendoci più i presupposti che stavano alla base della famigerata Convenzione del 1974, quest’ultima è da considerarsi decaduta. “Null und Nichtig”, come dicono a Berna. E allora la domanda è: di cosa cavolo stiamo discutendo con il Belpaese?  La Convenzione andava unilateralmente denunciata e i ristorni bloccati.

E l’utilizzo?

Oltretutto, visto che nella Penisola non si fanno le cose a metà, anche l’utilizzo concordato per i ristorni viene clamorosamente disatteso. Dovrebbero servire per opere infrastrutturali, ed in particolare per quelle di interesse transfrontaliero. Invece vanno a tappare i buchi di bilancio dei Comuni beneficiari. E le opere transfrontaliere restano impantanate. Vedi la grottesca telenovela del trenino Stabio-Arcisate. Vedi la cacca scaricata direttamente nel Ceresio perché non si fanno gli impianti di depurazione. Eccetera eccetera.

Proposta semplice

Essendo la Convenzione del 1974 di fatto decaduta, il Ticino giustamente si aspetta di incassare la totalità delle imposte alla fonte dei frontalieri, senza quindi doverne ristornare il 38.8% all’Italia. La proposta all’Italia è dunque semplice e lineare: i frontalieri vengono tassati come tutti gli altri cittadini italiani (non si capisce infatti perché dovrebbero continuare ad essere privilegiati nei confronti di coloro che vivono e lavorano in Italia;  ancora meno si capisce come mai, nel Belpaese, nessuno insorga contro questo ingiustificato trattamento di favore, che danneggia pesantemente le casse pubbliche). Dal totale dell’aliquota fiscale italiana, Ticino si prende la sua imposta alla fonte; tutto il resto lo incamera il fisco del Belpaese.

Se per il Ticino questa operazione comporterebbe un aumento del gettito di ca 65 milioni di Fr all’anno – e scusate se sono pochi! – per l’Italia si parla invece di un multiplo di questa cifra (c’è chi ha addirittura ipotizzato 600 milioni, ma è probabilmente un’esagerazione). E’ comunque assodato che l’affare più grosso lo fanno al di là della ramina. Ma ci va anche bene. Noi chiediamo il giusto. Non pretendiamo quello che non ci spetta.

Dove casca l’asino

La Svizzera, dunque, ha teso una mano all’Italia. Avrebbe potuto semplicemente disdire la “vecchia” convenzione sui ristorni e tanti saluti. Invece ha proposto una soluzione che permetterebbe al Belpaese di uscirsene con una paccata di milioni in più nelle casse pubbliche (che di certo ne hanno un grande bisogno). Il problema naturalmente è che la soluzione comporta un aggravio fiscale importante per i frontalieri. E qui casca l’asino. Come abbiamo ben potuto vedere dalle reazioni isteriche che hanno fatto seguito a “Prima i nostri”, sembra che i frontalieri, e le loro lobby a Montecitorio, tengano in scacco il paese.

Cosa ci abbiamo guadagnato?

L’Italia, grazie alle calate di braghe della catastrofica ex ministra del 5% Widmer Schlumpf, ha ottenuto dalla Svizzera quello che voleva, ossia lo scambio di informazioni bancarie (adesso su richiesta, dal 2018 automatico). Lo ha ottenuto senza dover dare nulla in cambio. Nel frattempo, gli svizzerotti fessi hanno, come detto, teso la mano sulla questione ristorni.

Cosa ci abbiamo guadagnato tendendo la mano? Sputi in faccia. Dalle negoziazioni, “magistralmente” condotte dai tirapiedi di Widmer Schlumpf (quelli che vanno a Roma a parlare in inglese), è uscita l’ennesima ciofeca: il Ticino secondo gli accordi sulla fiscalità dei frontalieri attualmente al vaglio del governo italiano, otterrebbe il 70% dei ristorni: quindi poco più di adesso, e assai meno del 100% che ci spetta. In più salterebbe il moltiplicatore cantonale al 100% per i frontalieri deciso dal Gran Consiglio nel 2014. Quindi l’esercizio finisce addirittura in perdita! In più l’Italia pretende pure che la non applicazione del 9 febbraio. E poi cosa ancora?

Ulteriore e pesante aggravante: la “poco edificante” (eufemismo) cronaca recente. Leggi gli insulti, i ricatti e le minacce giunti da Oltreconfine contro “Prima i nostri”.

Cambiare registro

Abbiamo davvero intenzione di continuare fare da punching ball? I politicanti d’Oltreramina pensano davvero di poterci trattare da beceri razzisti per le nostre decisioni democratiche? Di farneticare di denuncie alla Commissione UE (uhhhhh, che pagüüüüüraaaa!)? E si aspettano che noi tolleriamo tutto senza reagire? Che teniamo le frontiere spalancate? Quando ci sono 62’500 frontalieri e decine di migliaia di padroncini, più le relative famiglie, che portano in tavola la pagnotta solo grazie al Ticino?

Non è così che funziona ed è ora di farlo capire. Primo passo: decidere subito di bloccare i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri. CdS, se ci sei…

Lorenzo Quadri