Sempre più permessi G laureati: così si desertifica il mercato del lavoro d’Oltreramina

Quando si dicono le notizione! Dagli ultimi dati dell’Ufficio di statistica risulta che tra il terzo ed il quarto trimestre dell’anno di disgrazia 2021 il numero dei frontalieri è aumentato “solo” di 10 unità, passando da 74’219 a 74’229. Va da sé che si tratta unicamente dei frontalieri dichiarati. Chi si accontenta gode,potrebbe dire qualcuno; ma qui da godere c’è assai poco.

Infatti:

1) se i posti di lavoro diminuiscono a causa della crisi da stramaledetto virus cinese, il numero di frontalieri dovrebbe anch’esso diminuire. Invece continua ad aumentare. Poco o tanto che sia, sempre di aumento si tratta; e

2) se in totale i frontalieri attivi in Ticino sono cresciuti di 10 unità tra il terzo ed il quarto trimestre 2021, nel settore terziario l’aumento è stato di 15 unità, da 49’029 a 49’044. E’ quindi nel terziario che l’esplosione continua. Se si pensa che prima della  libera circolazione delle persone il settore occupava circa 10mila permessi G, ci si rende conto della disastrosa sostituzione in corso. Altro che “sono solo percezioni”, come diceva qualcuno!

Pure degno di notta il fatto che i frontalieri attivi nel settore sanitario sono circa 4000. Di conseguenza, in caso di ulteriore pandemia da stramaledetto virus cinese (o da altro), si possono benissimo CHIUDERE LE FRONTIERE per frenare i contagi, facendo entrare solo i permessi G che servono alla sanità e lasciando fuori gli altri 70mila!

Mancano i profili?

Sul CdT di mercoledì si evidenzia l’importante aumento di frontalieri nelle professioni tecniche: ingegneri, architetti, informatici. E anche qui, che non ci si venga a raccontare la fanfaluca che in Ticino mancano i profili adatti.  In effetti i profili ci sarebbero ma se vogliono un salario decoroso sono costretti ad emigrare oltregottardo (rispettivamente, a non rientrare in Ticino dopo aver concluso gli studi “in dentro”).

Ed infatti nel 2020 i ticinesi tra i 20 ed i 39 anni che hanno lasciato questo sfigatissimo Cantone per trasferirsi in un altro sono stati 1068, cifra che è in continuo aumento. E’ forse il caso di ricordare che a Zurigo nel 2018 il salario medio era di 7000 Fr, mentre in Ticino di 5400, e la forchetta continua ad allargarsi a causa dell’invasione da sud voluta dalla partitocrazia.

A Zurigo il costo della vita sarà anche un po’ più alto che in Ticino (specialmente i costi dell’alloggio), ma non certo di 1600 Fr al mese!

Anche a Zurigo…

E a proposito di paghe, va ricordato che i salari minimi con cui i $inistrati si sciacquano la bocca non servono ad una beneamata fava. Dei salari minimi beneficiano sostanzialmente i frontalieri. I lavoratori ticinesi del terziario, delle professioni tecniche, eccetera, che vengono soppiantati da permessi G pagati la metà, si inseriscono in fasce salariali chiaramente superiori al minimo.

Ad ulteriore conferma che la storiella dei profili “local” che non si trovano è una panzana, il fatto che di recente la testata zurighese NZZ ha dedicato un servizio ai giovani ticinesi con diploma di livello universitario che espatriano Oltregottardo. Tra loro non mancano quanti hanno studiato proprio delle professioni tecniche. Uno degli esempi citati riguarda un giovane con un master in intelligenza artificiale. “Come il Ticino perde i suoi talenti”, titolava il quotidiano. Magari sarebbe anche valsa la pena ricordare che la devastante libera circolazione delle persone che costringe i ticinesi (giovani e meno giovani) ad emigrare non l’hanno certo voluta i diretti interessati. Al contrario: i ticinesi, sconfessando i politicanti triciclati, hanno sempre votato contro.

In merito alla storiella dei profili che non si trovano, due osservazioni:

Può essere vero che in Ticino troppi giovani insistono nellostudiare materie umanistiche che non hanno sbocchi professionali (fabbriche di disoccupati);
Tuttavia è ben poco credibile che proprio le provincie di Como e Varese pullulino di quei profili tecnici introvabili in Ticino. Signori, “accà nisciuno è fesso”! Stiamo parlando di territori che si trovano a poche decine di km da noi, mica nella Silicon Valley!

Nuova consapevolezza?

I numeri lo dimostrano: i nuovi frontalieri (post-libera circolazione delle persone) sono assai diversi da quelli tradizionali. Spesso e volentieri sono laureati. Non vorremmo peccare di ottimismo, ma al proposito c’è qualche segnale – per il momento ancora debole ed isolato, ma con potenziale di crescita – che anche al di là della ramina i politicanti, dopo averne mangiate 40 fette, si stiano accorgendo che è polenta. Se infatti i laureati tricolore si fiondano sul mercato del lavoro ticinese, in quello delle provincie di confine italiche restano le briciole. Lì sì che è in atto una fuga di cervelli, la quale è perniciosa sia per il Ticino (soppiantamento dei lavoratori locali) che per il Belpaese (desertificazione professionale). E’ quindi nell’interesse congiunto dei due territori combattere questo fenomeno; e dunque limitare la devastante libera circolazione delle persone.

Ecco allora che l’introduzione di clausole di salvaguardia potrebbe interessare non solo al Ticino, ma – e questo è il fatto nuovo – anche all’Italia, che invece ha finora sempre strillato come un’aquila davanti ad ogni parvenza di limitazione del frontalierato. Chissà che coltivando questa nascente comunione d’intenti non si riesca ad ottenere qualche risultato?

Una cosa è certa: con la crisi economica da stramaledetto virus cinese che sta per piombarci addosso come un muro (altro che omicron) non si può di certo pensare di andare avanti con la libera circolazione a briglie sciolte. Non sarebbe solo uno scandalo. Sarebbe un suicidio.

Lorenzo Quadri