Aprono e chiudono i valichi a dipendenza dei loro interessi. Gli svizzerotti s’inchinano
Ma guarda un po’: puntualmente, in vista dell’inizio della stagione turistica, il Belpaese riapre i propri confini agli svizzerotti (come pure ai cittadini UE) affinché si possano recare in Italia senza più dover sottostare all’obbligo di quarantena.
Si ricorderà che l’anno scorso, più o meno in questo periodo, lasciata alle spalle la prima ondata della pandemia da stramaledetto virus cinese, il ministro degli esteri tricolore Giggino Di Maio venne invitato in Svizzera dal suo omologo e connazionale KrankenCassis. Invece di segnare dei passi avantisul fronte del nuovo (?) accordo sulla fiscalità dei frontalieri – che con la caduta del governo “Giuseppi” è nuovamente finito infondo al cassetto (non che la cosa ci dispiaccia più di tanto, essendo l’accordo una ciofeca: occorre che la Svizzera disdica unilateralmente la Convenzione del 1974) – l’incontro si è trasformato in uno spot pubblicitario per le vacanze nella vicina Penisola.
“Porosità” un piffero!
Già nelle scorse settimane i rappresentanti dei comuni italianidella fascia di confine hanno insistito con Roma perché i ticinesi potessero entrare senza quarantena. Chiaro: i politicanti al di là della ramina non perdono occasione per accusarci di “razzismo” o per trattarci da untori (perché il nostro lockdown non era rigido come il loro e di conseguenza, secondo la narrativa italica, i poveri frontalieri rischiavano di infettarsi in Ticino, quando, almeno nella prima ondata, è evidente che è avvenuto proprio il contrario). Però hanno bisogno dei soldi dei ticinesi “razzisti ed untori” per far girare i propri commerci.
Quando è nel loro interesse, cioè quasi sempre, lorsignoriperorano la tesi della “porosità” del confine: come se anche il Ticino fosse un pezzo di Lombardia. Porosità un piffero! Il confine esiste, e lo vogliamo ben solido. Ma paradossalmente, sui valichi italo-svizzeri, gli unici a chiudere causa pandemia sono stati i vicini a sud. Per contro, dalla Lombardia sono sempre potuti entrare tutti, in qualsiasi momento. Perché di controlli… nisba!
Al solo pensiero…
L’Italia adesso leva l’obbligo di quarantena. Però gli svizzeri, per andarci, dovranno comunque presentare un tampone negativo non più vecchio di 48 ore. Da notare che il test fai da te – quello ottenibile “gratis” nelle farmacie – non va bene. Ci vuole un test molecolare o rapido.
Ah ecco. Noi abbiamo fatto (e tuttora facciamo) entrare oltre 70mila frontalieri e svariate migliaia di padroncini senza richiedere alcun tampone. Al solo pensiero di limitare in un qualche modo il transito transfrontaliero, la ministra di giustizia PLR Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS) diventa cianotica. Frontiere spalancate über Alles! Grazie ex partitone per regalare al Paese simili grandi statisti!
Non solo da sud facciamo entrare liberamente tutti ma addirittura paghiamo, con i nostri soldi, i test fai da te ai frontalieri, per una spesa potenziale di svariati milioni di franchi al mese. Come se in Svizzera il denaro pubblico crescesse sugli alberi. Esiste al mondo una nazione altrettanto FESSA?
Intanto i farmacisti si fregano le mani perché, è ovvio, più test distribuiscono, anche ai permessi G, più fatturano. Mica lavorano gratis!
Curiosa reciprocità
Non solo il ticinese che vuole andare nel Belpaese deve farsi il tampone, e ovviamente pagarselo (non glielo finanzia di certo lo Stato italiano) ma questo obbligo vale anche per chi è già vaccinato. Ecco cosa intendono i vicini a sud per “reciprocità”.
Ma da parte elvetica, naturalmente, di prendere delle contromisure – ad esempio tampone obbligatorio per tutti gli italiani, frontalieri compresi, prima di varcare il confine – non se ne parla nemmeno. Né mai se ne è parlato. Non è un tema.
Giù, chinati a 90 gradi! Grazie, governicchio federale!
Lorenzo Quadri