Come prevedibile, per il governo bernese “l’è tüt a posct”. Ma non finisce qui!
Primo gennaio 2018: questa data ha segnato un cambiamento epocale per i giovani farmacisti svizzeri. Ad inizio dello scorso anno è entrata infatti in vigore la modifica della Legge federale sulle professioni mediche. E questa modifica li svantaggia in modo importante.
Infatti, i titolari di un diploma federale di farmacista che prima del 1° gennaio 2018 erano in possesso di un’autorizzazione cantonale al libero esercizio della professione, rimangono autorizzati ad esercitarla come attività economica privata sotto la propria responsabilità. Senza bisogno di titoli federali di perfezionamento. E questo in tutta la Svizzera.
La musica cambia per i farmacisti che hanno conseguito il diploma dopo il 1° gennaio 2018. Questi si dividono infatti in due categorie. Quelli che sono iscritti alla formazione post-grade, che diventa presupposto per esercitare un’attività privata sotto la propria responsabilità, e quelli che non sono iscritti.
Come abbiamo già avuto modo di sottolineare un paio di mesi fa su queste colonne, la formazione post-grade ha un costo alquanto elevato: per la sola iscrizione occorrono circa 25mila Fr. Durante la formazione, inoltre, il giovane farmacista può svolgere un’attività lavorativa al massimo al 50-70%, e supplire il responsabile sanitario per non più di due mezze giornate alla settimana. Di conseguenza, risulta poco attrattivo per il datore di lavoro, ovvero per il titolare di una farmacia.
Assistenti “a vita”
I giovani farmacisti che invece, per un motivo o per l’altro, non seguono la formazione post-grade, potranno esercitare “unicamente come collaboratori, sotto la diretta sorveglianza del responsabile sanitario, senza la possibilità di assumere supplenze” (vedi al proposito la circolare del 22 dicembre 2017 dell’Ufficio del farmacista cantonale ticinese).
Ciò significa nel concreto che questi farmacisti, pur avendo svolto un’onerosa formazione universitaria, saranno destinati a rimanere degli assistenti di farmacia “a vita”. Del resto, anche la differenza salariale tra le due categorie è limitata a poche centinaia di franchi al mese. Dei laureati verrebbero de facto parificati a collaboratori che hanno svolto un apprendistato.
Questa situazione è particolarmente pericolosa in Ticino. Infatti, farmacisti della fascia italiana di confine potrebbero senz’altro reputare interessante fare gli assistenti di farmacia – anche se “con laurea” – alle paghe previste nel nostro Cantone per questa attività. Per i giovani ticinesi, invece, le cose stanno diversamente.
Di conseguenza, anche le assistenti di farmacia, che in Ticino sono circa 800, sono a rischio. La figura professionale potrebbe infatti sparire, sostituita da quella del farmacista diplomato ma senza formazione post-grade; magari in arrivo dalla vicina Penisola.
“Tüt a posct”?
La questione è stata sollevata un paio di mesi fa dal sottoscritto tramite interpellanza al Consiglio federale. In particolare, si chiedeva se il governo fosse intenzionato ad introdurre dei correttivi alla nuova Legge sulle professioni mediche, onde evitare la discriminazione dei giovani farmacisti. La presa di posizione governativa è arrivata in questi giorni. Naturalmente il ritornello è il solito: “l’è tüt a posct”. A mente del CF, le nuove disposizioni in vigore da inizio dello scorso anno sono inattaccabili perché “servono a garantire la qualità”. Che scavare un abisso tra chi era in possesso del libero esercizio il primo gennaio 2018 e chi invece non l’aveva “crei qualità”, è tutto da verificare. La “qualità” la devono dimostrare solo i giovani farmacisti? E questo significa forse che i farmacisti meno giovani non sono “qualitativi”?
Teoria e pratica
Anche per quanto attiene le assistenti di farmacia, che sono a loro volta minacciate dalle nuove regole, la risposta governativa è deludente. Il tema viene liquidato con la seguente considerazione: siccome le competenze ed i ruoli professionali dei farmacisti sono diversi da quelli delle assistenti di farmacia, il problema non si pone.
E invece il problema si pone eccome. Perché la teoria è una cosa, la realtà un’altra.
Nella pratica quotidiana, capita che le assistenti di farmacia svolgano dei compiti che vanno oltre a quelli che sarebbero di loro stretta spettanza. Creare dei farmacisti di “serie B” che si distinguono dalle assistenti di farmacia solo sulla carta, mentre alla prova dei fatti il confine diventa alquanto “flou”, implica poi che le distinzioni tra le due categorie debbano essere rigorosamente osservate – e fatte osservare.
Conseguenze negative per tutti
Un’applicazione talebana delle regole avrà conseguenze negative per tutti. Anche per i farmacisti, che non potranno permettersi di sgarrare – neanche di poco – dall’obbligo di presenziare in negozio (sia di giorno che negli eventuali turni di notte), da quello di controllare le ricette sul momento, eccetera. Il farmacista titolare, o il collaboratore o supplente con libero esercizio, dovrà sempre essere presente al banco per servire la clientela.
Se un farmacista diplomato ma senza post-grade non potrà consegnare farmaci se non sotto la tutela di un superiore, cosa potranno ancora fare le assistenti di farmacia, che hanno seguito un apprendistato? La conseguenza di un’applicazione rigida delle nuove norme sarà che le assistenti finiranno a svolgere lavori di ordinazioni e di magazzino, oppure verranno relegate ad un apposito banco per cosmetici; ma non potranno più dispensare né manipolare medicamenti.
Visto poi che il governo insiste nel sottolineare la differenza di ruolo e di compiti tra assistente e farmacista “senza post-grade”, questa differenza dovrebbe, quale logica conseguenza, essere resa evidente anche al cliente. Ad esempio tramite camici di colore diverso, come accade in altri paesi, dove il bianco è riservato al farmacista. Il ruolo delle assistenti risulterebbe di conseguenza assai ridimensionato rispetto alla prassi attuale. E, con esso, le loro possibilità di impiego.
Non sarebbe meglio…?
Invece di prodursi in sovraregolamentazioni talebane, che poi a cascata si ripercuotono negativamente su varie figure professionali, forse sarebbe meglio permettere ai giovani farmacisti laureati di mettere a frutto sia le proprie competenze che i soldi, anche pubblici, che hanno speso nella formazione.
C’è poi da chiedersi se le nuove regole restrittive vengono applicate in modo uniforme in tutta la Svizzera, o se invece ci sono Cantoni che hanno previsto delle deroghe (ciò che non avviene in Ticino).
Insomma, la questione non si chiude qui. Altri atti parlamentari sul tema seguiranno. A Berna, certo. Ma magari anche a Bellinzona.
Lorenzo Quadri