I fallimentari accordi di Schengen compiuto 30 anni in questo periodo. Dal canto suo , la Svizzera ha malauguratamente aderito allo spazio Schengen 10 anni fa, nel giugno 2005. Lo ha fatto con il voto contrario del Ticino, che giustamente asfaltò i trattati con il 62% di no.

Sono stati 10 anni di fallimenti. Le fandonie pre-votazione sono state ben presto smascherate. A partire dai costi dell’adesione allo spazio Schengen. La fattura avrebbe dovuto essere di  7.4 milioni di Fr all’anno. Ma è esplosa a 100 milioni. Quindi 14 volte di più.

Partecipazione?

Altra fandonia raccontata prima della votazione: il fantomatico “diritto di partecipazione” – quindi la possibilità di poter intervenire nella definizione del contenuto degli accordi di Schengen.

A questo punto sarebbe interessante sapere quando mai, dal 2005 ad oggi,  sarebbe accaduto qualcosa del genere e quali modifiche abbiano portato gli svizzerotti a Schengen nel proprio interesse. La risposta è semplice: nessuna.  Queste storielle sulla compartecipazione si dimostrano regolarmente per quello che sono: delle  fregnacce totali. La Svizzera non influisce affatto sullo sviluppo degli accordi di Schengen. Per contro, deve recepire in modo automatico il diritto ad essi connesso. In questo modo a fine 2013 ci siano già cuccati 155 nuovi “sviluppi”, e scusate se sono pochi.

Sprofondare nel pantano

E’ quindi evidente che gli accordi di Schengen hanno il preciso obiettivo di farci sprofondare sempre di più nel pantano europeo. La rinuncia a sorvegliare i nostri confini è peraltro un importante, quanto scellerato passo in direzione dell’UE. Un paese che rinuncia a difendere le proprie frontiere è un paese finito.

In cambio di cosa abbiamo rinunciato a difendere i nostri confini? In cambio del famoso SIS, il Sistema d’informazione di Schengen, una mirabolante banca dati sulla criminalità internazionale che naturalmente in 10 anni non è servita ad un tubo. Già pensare di scambiare i controlli al confine con l’accesso ad una banca dati doveva far nascere fondati interrogativi sulla lucidità di chi propone simili permute.

 

Assalto dei finti rifugiati

A 10 anni da quel “fatidico” voto, il fallimento è clamoroso. I confini esterni dello spazio Schengen sono un colabrodo. Cosa fanno i paesi Schengen in caso di crisi? Chiudono le frontiere.  Pensiamo all’esempio recente della Germania, che ha reintrodotto i controlli al confine per qualche giorno in occasione del G7. In questo modo ha potuto effettuare oltre 3500 arresti.

E pensiamo anche, ovviamente, all’assalto dei finti rifugiati. La Francia (governo di $inistra) ha chiuso la frontiera a Ventimiglia. Analoghe misure le ha prese l’Austria. Iniziative più che comprensibili. L’Italia, con le sue disastrose missioni militari – umanitarie, ha spalancato le porte dell’Europa all’assalto dei finti rifugiati. I compagni di merende UE semplicemente fanno ciascuno i propri interessi. E noi? Vogliamo rimanere gli unici con le frontiere aperte, col risultato di far aumentare in modo esponenziale la pressione su di noi?

 

10 anni bastano

10 anni sono, a non averne dubbio, un periodo di prova sufficientemente lungo per accorgersi che gli accordi di Schengen sono un flop. Quali conseguenze avrebbe, per la Svizzera, la loro cancellazione? Che i nostri confini diventerebbero confini esterni dello spazio Schengen. E allora? Forse che i paesi a noi confinanti hanno un qualche interesse a farci delle difficoltà a questo proposito – ad esempio controlli a tappeto ai danni degli svizzerotti – ben sapendo che verrebbero ripagati con la stessa moneta? Ci sono 62’500 frontalieri e svariate migliaia di padroncini che entrano quotidianamente in Ticino dalla Vicina Penisola. Non certo il contrario. Anche perché, se fosse il contrario, le provincie lombarde limitrofe che starnazzano contro la richiesta di presentare il casellario giudiziale per ottenere permessi B e G avrebbero già puntato i cannoni verso il confine.

Dalla fine degli accordi di Schengen avremmo tutto da guadagnarci. I vantaggi promessi non si sono concretizzati. Nemmeno nella minima parte. I costi sono esplosi. Gli stessi paesi UE considerano ormai questi trattati come una cosa di cui sbarazzarsi il prima possibile. E allora cosa aspettiamo? Abbiamo provato Schengen. Non funziona. Quindi si torna indietro. Fine della storia e amici (o ex amici) come prima.

Lorenzo Quadri