Non solo il Cantone, ma anche la Confederazione li ha inseriti nei preventivi 2023
Affinché ci sia una distribuzione l’anno prossimo, la Banca nazionale dovrebbe realizzare 50 miliardi di utili negli ultimi tre mesi del 2022, dopo aver perso quasi 150 miliardi nei primi nove mesi dell’anno. Secondo alcuni, non è impossibile
I primi sei mesi dell’anno della Banca nazionale svizzera (BNS) sono stati una catastrofe, con perdite di 95 miliardi di franchi. La BNS si è farcita di valuta estera pensando di impedire o comunque ostacolare il rafforzamento del franco. Il risultato? Un flop integrale. Ma “naturalmente” nessuno si sogna anche solo di scusarsi per questo sfacelo. Il trimestre successivo non è andato meglio. Infatti si è concluso con ulteriori 50 miliardi di perdite. Ed a questo punto, ma guarda un po’, gli enti pubblici hanno cominciato a preoccuparsi. Non per il cratere nei conti della BNS, ma per i contributi della medesima a Cantoni e Confederella che nel 2023 “potrebbero” venire a mancare. Ma che i beneficiari, per abbellire i rispettivi preventivi del 2023, hanno comunque conteggiato.
“Mission impossible”?
Nel corso dell’anno 2022, la BNS ha distribuito 6 miliardi, che è poi l’importo massimo elargibile. Due terzi di questo tesoretto sono andati ai Cantoni, un terzo alla Confederazione. La distribuzione di base ammonta a 2 miliardi di franchi. Secondo la NZZ, non è escluso che essa possa comunque avvenire l’anno prossimo malgrado le cifre “da Armageddon” sopra citate. Tuttavia, perché questo accada, è necessario che negli ultimi tre mesi dell’anno in corso la Banca nazionale realizzi utili di 50 miliardi. Il che, secondo la testata zurighese, non è escluso in partenza; ma nemmeno granché verosimile. Se questi 50 miliardi non ci saranno, gli enti pubblici potrebbero restare a bocca asciutta.
Mega-deficit
Non solo il Cantone, ma anche la Confederazione ha calcolato nei propri preventivi del 2023 i dividendi della BNS. Berna ha però inserito solo l’importo di base, ossia 670 milioni. In effetti qualsiasi contributo ulteriore non andrebbe a finire nei conti annuali, ma verrebbe impiegato per ridurre i debiti che la Confederella ha cumulato per fronteggiare la pandemia di stramaledetto virus cinese. Debiti che ammontano attualmente a 26 miliardi di franchi.
Il governicchio cantonale ha invece inserito 137 milioni di contributi della Banca nazionale nel preventivo 2023. Somma che però, visto l’andazzo, è altamente a rischio.
Morale: se questi soldi non arrivassero, l’anno prossimo il Cantone registrerà un deficit vicino ai 220 milioni di franchetti: non proprio noccioline.
Intervenire sulla spesa
E’ dunque normale che suonino i campanelli d’allarme. I quali devono però suonare dalla parte della spesa pubblica, da troppo tempo finita fuori controllo. Questo sfigatissimo Cantone si ritrova con un’amministrazione statale gonfiata come una rana, che si inventa il lavoro per giustificare la propria esistenza. Il suo costo annuo è di un miliardo. Il gettito totale delle imposte delle persone fisiche non basta a coprirlo. Ed in più i $inistrati ancora pretendono di mungere i cittadini per compensare la riduzione del tasso di conversione della cassa pensioni del Cantone dal 6.17% al 5% (che è poi quello medio). In altre parole: il contribuente non funzionario cantonale – che un tasso di conversione del 6.17% se lo può solo sognare – dovrebbe finanziare i privilegi pensionistici degli statali. Vale anche la pena ricordare, già che siamo in tema, che il salario mediano (ovvero: metà dei dipendenti guadagnano meno di questa cifra, l’altra metà di più) presso l’amministrazione cantonale è di 100mila franchi all’anno: circa 35mila in più rispetto al dato complessivo ticinese. E negli ultimi anni è sempre cresciuto. Apperò!
E’ evidente che un Cantone di 350mila abitanti non può permettersi un’amministrazione pubblica che costa un miliardo l’anno!
Anche i sussidi esplodono senza ritegno, in particolare quelli destinati a stranieri. Tanto per dirne una: nel 2021 i sussidi per la riduzione del premio di cassa malati a permessi B ammontavano a ben 25 milioni. Quando si dice: il paese del Bengodi per gli ultimi arrivati! L’anno prossimo, a seguito dei ben noti aumenti, detta cifra è destinata ad impennarsi in automatico. E nümm a pagum.
Che nessuno si sogni…
Il “profondo rosso” di 220 milioni che si prospetta per il 2023 nel caso in cui dalla BNS non dovessero arrivare i 137 milioncini che il DFE targato PLR ha inserito nel preventivo cantonale (probabilmente è questo che l’ex partitone intende per “buongoverno”: taroccare i conti con entrate farlocche) imporrà una riduzione della spesa pubblica. E che nessuno si sogni di percorrere la via contraria, ossia di proporre aggravi fiscali più o meno mascherati al fine di aggirare la volontà popolare (i cittadini hanno infatti votato che il risanamento dei conti cantonali deve avvenire senza aumenti di imposte)! E’ dunque assolutamente necessario che l’iniziativa “Basta tasse sulla casa!”, sostenuta dalla Lega e dal Mattino, riesca. Questa iniziativa, lanciata nei giorni scorsi, chiede che la revisione delle stime immobiliari sia “neutra”. Cioè che non provochi aggravi fiscali (e nemmeno perdite di eventuali aiuti statali) ai proprietari di una casetta o di un appartamento. E’ infatti chiaro che, senza la “neutralizzazione” chiesta dall’iniziativa, le stime immobiliari verrebbero raddoppiate con il preciso obiettivo di consentire allo Stato-mungiture di mettere pesantemente le mani nelle tasche dei contribuenti! Il sogno dei tassaioli ro$$overdi. Ma un tale scempio va assolutamente sventato!
Lorenzo Quadri