Rapporti Svizzera-UE: ve lo diamo noi lo “sviluppo degli accordi bilaterali”!
I trombati (definizione dell’industriale radikalchic Carlo De Benedetti) di Bruxelles, quando si tratta di dare delle risposte alla Confederella, evidentemente non si scaldano le urine.
Dopo oltre tre mesi, lor$ignori hanno preso posizione sulla lettera con cui Berna li informava della decisione del parlamento elvetico di ritirare la domanda d’adesione all’UE presentata nel 1992 (per la serie: meglio tardi che mai). Secondo voci di corridoio poi confermate dal ministro degli Esteri Didier Burkhaltèèèèr davanti al Consiglio nazionale, a Bruxelles lo scritto contenente la domanda d’adesione sarebbe addirittura andato perso.
Non si capisce come mai per tanti anni la maggioranza politica abbia rifiutato di ritirare la domanda d’adesione manifestamente in urto con la volontà popolare, respingendo con ostinazione degna di miglior causa tutte le richieste in tal senso. O meglio: lo si capisce fin troppo bene. Perché sotto sotto la partitocrazia sperava che…
Risposte confuse
La risposta dei trombati di Bruxelles (De Benedetti dixit) al ritiro della richiesta d’adesione è quanto mai confusa: costoro si rallegrano delle intenzioni del presidente della Confederazione, il PLR Johann “Leider” Ammann, di “proseguire e sviluppare (?) la collaborazione della Svizzera con l’UE attraverso la via degli accordi bilaterali”. Frena Ugo! O meglio, frena Giuànn!
Cosa intendano i funzionarietti per “sviluppare la collaborazione” non si fa fatica ad immaginarlo: trattasi del famoso accordo quadro istituzionale che ci imporrebbe di riprendere in casa nostra le leggi UE e di sottostare ai giudici comunitari. Sarebbe la fine dei nostri diritti popolari e della nostra sovranità nazionale; ma sappiamo che al ministro degli esteri PLR Burkhaltèèèèr l’ipotesi andrebbe oltremodo a genio.
Provocazioni
Il colmo è che a Bruxelles – forse perché sono un po’ duri di comprendonio, o forse perché sono abituati, quando trattano con la Svizzera, ad avere a che fare con camerieri dell’UE – insistono nel voler ignorare le nostre decisioni popolari.
Infatti nei giorni scorsi sono perfino riusciti a sentenziare che il compromesso-ciofeca contro il 9 febbraio votato dal Consiglio nazionale potrebbe (?) ledere la libera circolazione delle persone.
Si tratta evidentemente di una provocazione. Forse a Bruxelles i trombati (De Benedetti dixit) non sono in grado di capire che “limitare l’immigrazione” vuol dire, appunto, limitare l’immigrazione – e non solo fingere di farlo.
Rifare i conti?
Se gli eurofunzionarietti rifiutano di trattare sulla libera circolazione delle persone, vuol dire che quest’ultima salterà. Se a Bruxelles immaginano che gli svizzerotti “non oseranno” compiere lo strappo, gli conviene rifare un po’ di conti. Alla storiella dei “bilaterali indispensabili” non ci crede più nessuno. Il monito vale anche per taluni politicanti italioti di nostra conoscenza. Costoro infatti, invece di mettersi a strillare come aquile contro “Prima i nostri” e blaterare di richieste di sanzioni europee alla Svizzera (uhhhh, che pagüüüüraaaa!), il tutto ovviamente solo per farsi campagna elettorale e per ottenere un po’ di visibilità, farebbero bene, se proprio vogliono andare a parlare del nostro Paese con i funzionarietti di Bruxelles, a convincerli a mostrare maggiore elasticità. In effetti, se salta la libera circolazione, poi li vogliamo vedere i politicanti italici a giustificare la nuova situazione al loro elettorato.
Invece di rendersi conto che i tempi sono cambiati e di scendere a più miti consigli si preferisce irrigidirsi, per motivi ideologici, sulla devastante libera circolazione delle persone senza limiti? Il gioco potrebbe essere rischioso. Perché, appunto, potrebbe saltare tutto. In Svizzera se ne stanno accorgendo anche i “poteri forti”. Tant’è che Economiesuisse, l’associazione mantello delle imprese, ha scaricato i suoi soldatini PLR al Consiglio nazionale, bocciando il compromesso-ciofeca sul 9 febbraio da essi “architettato”, in quanto lesivo della volontà popolare.
Nell’UE si discrimina eccome…
Dopo il voto sulla Brexit la Gran Bretagna, ben lungi dall’essere andata in malora, sta meglio di prima. La Germania ha deciso di discriminare i cittadini UE nell’accesso allo Stato sociale: per gli immigrati dall’eurozona, niente rendite di disoccupazione né sussidi sociali per almeno cinque anni. Naturalmente nessuno a Bruxelles dice niente. E queste cose i cittadini svizzeri le sanno.
I paesi UE discriminano e limitano mentre noi, che non siamo nemmeno un paese membro, non potremmo applicare la preferenza indigena e dovremmo continuare a tollerare l’invasione? Non ci siamo proprio.
L’atteggiamento dei trombati (De Benedetti) nei confronti della Svizzera è dovuto al fatto che i camerieri dell’UE insediati a Berna hanno sempre calato le braghe davanti ai desiderata comunitari? Signori, la festa è finita.
Lorenzo Quadri