A volte la cronaca riserva qualche sorpresa. Alcune reclute dell’esercito svizzero hanno pensato bene di scattarsi un selfie in treno con addosso la tenuta mimetica e sfoggiando una bandiera albanese. Questo perché i militi in questione sono, evidentemente, degli svizzeri naturalizzati malgrado la palese mancanza di integrazione: svizzeri di carta o “rigommati”, come diceva il Nano.
Il selfie è approdato alla redazione del Blick, non esattamente un giornale nazionalista essendo di proprietà dell’editore europeista gauche caviar Ringier. E ne è nato un “caso”. Con tanto di dure dichiarazioni di condanna da parte del portavoce dell’esercito.
Adesso ci si sveglia?
Ohibò. Doveroso indignarsi. Però di immagini simili ne girano in rete parecchie. Con bandiere di varie nazioni. Il Mattino e il Mattinonline ne hanno segnalate più d’una. Ma naturalmente erano tutte balle populiste e razziste.
Perché allora ci si sveglia solo adesso? Forse perché, dopo la decima fetta, è arrivato anche il Blick? Quest’ultimo, sia chiaro, non è certo mosso dalla volontà di difendere i valori elvetici, visto che fa parte del club dei rottamatori della Svizzera che vogliono portarci nella fallita UE. Il Blick vuole solo aumentare le tirature.
Fa sorridere amaramente, e fa pure anche un po’ incazzare, vedere personaggi istituzionali infiammarsi per i soldati svizzeri di carta non integrati che posano tronfi davanti alla bandiera del loro paese (l’Albania, non la Svizzera).
Ma come, signori: adesso scendete dal pero?
Ce la siamo cercata
Ecco il risultato della deleteria politica delle frontiere spalancate, della multikulturalità completamente fallita, del rifiuto di imporre agli immigrati di assimilarsi (è roba da populisti e razzisti) e dei doppi passaporti a go-go!
Il problema è che sui temi identitari la Svizzera ha calato vergognosamente le braghe. Lo ha fatto per correr dietro all’ideologia politikamente korretta portata avanti dagli intellettualini rossi da tre e una cicca a suon di fatwe morali ai contrari: chi non è d’accordo è un razzista e un fascista. Adesso raccoglie quello che ha seminato a furia di naturalizzazioni facili (che i kompagni vorrebbero rendere ancora più facili). Ossia, la creazione di schiere di neo-svizzeri non integrati che hanno il passaporto rosso solo per convenienza – e che di sicuro hanno mantenuto pure quello originario. Svizzeri di carta che, del nostro paese (che dovrebbe essere anche il loro ma che evidentemente non sentono affatto come tale) se ne infischiano: pronti a “svenderlo” alla prima occasione.
La punta dell’iceberg
Questo è lo scandalo. La foto degli imbecillotti in divisa che si fanno il selfie in treno davanti alla bandiera albanese è solo l’irritante punta dell’iceberg. Sotto c’è una politica della sistematica calata di braghe; quella politica che, in una scuola di Lucerna, arriva a proibire agli studenti di indossare la camicia dei contadini elvetici con le stelle alpine perché “provocatoria” nei confronti di stranieri non integrati. Ma sa po’?
Sono i responsabili di questa politica della rottamazione della Svizzera che vanno chiamati a render conto dei disastri fatti. I bimbiminkia del selfie ne sono solo il logico prodotto. Ma guai a dirlo: è roba da “fascisti” per usare il fraseggio non solo dei kompagni splancatori di frontiere, ma di recente adottato anche dei loro manutengoli del PLR.
Lorenzo Quadri