Ma come, al loro paese non dovevano essere dei perseguitati? Però ci tornano per le ferie?
Basta farsi prendere per i fondelli! Biglietti di sola andata!
Prendere per i fondelli gli svizzerotti (che tanto sono fessi e non si accorgono di niente) è uno sport assai diffuso. Anche tra i richiedenti l’asilo. Quelli che si fingono perseguitati politici e/o in pericolo di vita al proprio paese. Ma la realtà è ben diversa. Vale la pena ricordare che nell’ultima farneticante presa di posizione dei kompagni di UNIA (quelli che comandano in casa P$$) la Svizzera dovrebbe farsi carico del 10% dei clandestini che sbarcano sulle coste italiche. Come no!
Il paradosso
I richiedenti l’asilo e quanti sono stati ammessi provvisoriamente sono, per legge, autorizzati a rientrare in patria solo in casi eccezionali. E ci mancherebbe. Infatti, delle due l’una: o sono perseguitati, e allora al proprio paese non ci possono tornare, o non lo sono, e allora non devono poter rimanere in Svizzera. Ma non sta né in cielo né in terra che un richiedente l’asilo possa poi permettersi di tornare a fare le ferie a casa, con tanto di permesso della Confederella. Sembra un paradosso. Infatti lo è. Ma è anche la realtà.
62mila viaggi
Quindi il contribuente svizzerotto paga le vacanze in patria a presunti asilanti; che hanno ottenuto asilo perché perseguitati. Una vera presa per i fondelli.
L’allarme sul numero spropositato di viaggi all’estero dei rifugiati è stato lanciato di recente da una consigliera nazionale Udc, Silvia Flückiger. Lo apprendiamo dal Corrierione di venerdì. La deputata ha anche indicato la cifra: 62mila trasferte di persone ammesse provvisoriamente in Svizzera – ossia di persone il cui rinvio in patria avrebbe dovuto essere impossibile – autorizzate dalla Confederazione tra il 2010 ed il 2014. Particolarmente interessati dal fenomeno, gli eritrei. Parecchi di loro, per non farsi “catar via”, raggiungono il paese d’origine passando prima da altri paesi esteri.
Anche i Cantoni protestano
Balle populiste e razziste? No, perché anche i Cantoni si lamentano per la prassi federale troppo permissiva. E’ poi ovvio che la voce su quanto sia facile fare fessi gli svizzerotti si sparge rapidamente. Così gli abusi si moltiplicano.
E non è ancora finita. Secondo le dichiarazioni di un’attivista di origine eritrea, a lucrare sulle ferie in patria dei finti rifugiati c’è pure il consolato eritreo di Ginevra, in prima linea nell’organizzare viaggi illegali in cambio del 2% del reddito. Poiché il 91% dei richiedenti l’asilo eritrei è in assistenza – benché abbiano la possibilità e l’obbligo di lavorare – anche la mazzetta del 2% esce dalle casse pubbliche: quelle alimentate dagli svizzerotti “chiusi e xenofobi”.
Fessi fino in fondo
La domanda a questo punto nasce spontanea: si può essere più fessi di così? La risposta è, evidentemente, no.
Va da sé che la scoperta dell’ennesimo sfacciato abuso nel campo dell’asilo viene accolta dall’assordante silenzio dei kompagni. Ma guarda un po’. E sì che di solito a $inistra sono assai facondi, per non dire logorroici. Specie quando si tratta di denunciare il presunto “razzismo”. Invece, questa volta, citus mutus. Forse perché i kompagni sull’asilo – tramite le loro associazioni – ci lucrano?
E anche la kompagna Simonetta “dobbiamo aiutare l’Italia” Sommaruga tace.
Stringere i cordoni
Intanto, per “aprire” la socialità elvetica agli approfittatori stranieri, facciamo tirare la cinghia agli svizzeri in difficoltà. La soluzione è semplice: gli asilanti-vacanzieri semplicemente non vanno fatti rientrare in Svizzera. Biglietto di sola andata.
Poiché di stranieri che abusano dello stato sociale alimentato dagli svizzerotti ce ne sono già abbastanza, e poiché di farci sfruttare da tutti perché “bisogna aprirsi”, “bisogna tollerare” ne abbiamo piene le tasche, altro che accogliere sempre più asilanti. Il nuovo scandalo dimostra che bisogna diventare assai più selettivi.
Lorenzo Quadri