E il giorno stesso denunciamo la Convenzione del 1974 sui ristorni dei frontalieri
Il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi l’ha detto: le trattative con l’Italia sono inutili. Il ministro leghista ha ragione. Che queste trattative – condotte dalla ministra del 5% Widmer Schlumpf e dal suo tirapiedi De Watteville – non servano ad un tubo è manifesto. Del resto non si è mai vista una trattativa con chance di riuscita che nel giugno 2014 è “ad un passo dalla conclusione” e ad ottobre 2015 ancora ben lungi dall’essere conclusa.
La bugiarda del 5%
Ci pare inoltre di ricordare che proprio nel giugno 2014 la Consigliera federale non eletta abbia promesso alla deputazione ticinese a Berna che, se entro la primavera successiva non si fosse giunti ad un accordo soddisfacente, la Svizzera avrebbe disdetto unilateralmente la Convenzione del 1974 sui ristorni dei frontalieri; una Convenzione che peraltro non ha più ragione di esistere. La primavera è passata da un pezzo. E’ passata pure l’estate. E’ forse successo qualcosa? No. Si è solo scoperto, una volta di più, che la ministra del 5% – eletta da kompagni ed uregiatti – è una bugiarda rediciva.
Più furbi che belli
Le trattative con il Belpaese sono inutili per un motivo molto semplice, che su queste colonne ripetiamo ormai da mesi. Ovvero che l’Italia, grazie alle calate di braghe di Berna, ha già ottenuto tutto quello che vuole: dunque non ha interesse a fare concessioni. Ed infatti il segreto bancario è stato smantellato, però la Svizzera rimane sulle black list italiane illegali. E di accesso delle banche svizzere al mercato italiano non si parla nemmeno.
Visto che però l’italica controparte è più furba che bella, come scusa per non concludere, e per menare per il naso gli svizzerotti – che tanto sono fessi e non si accorgono di niente – ecco che si attacca alla questione del casellario giudiziale, o al moltiplicatore comunale dei frontalieri. Si tratta, evidentemente, di pretesti.
L’interesse ci sarebbe…
In realtà in tutta questa faccenda l’Italia un importante interesse ce l’ha: quello alla tassazione ordinaria dei frontalieri. Questo le porterebbe nelle disastrate casse pubbliche centinaia di milioni di euri ogni anno. Un aumento del carico fiscale dei frontalieri è importante anche per il Ticino, in funzione antidumping. Ma è troppo poco. E questo poco non è nemmeno sicuro.
Infatti, per motivi di politica partitica, l’Italia non ha alcuna intenzione di aumentare le imposte ai frontalieri. Perché chi lo fa perde le elezioni in Lombardia.
Vogliamo almeno 60 milioni
E’ da oltre un quindicennio, ossia da quando la vicina ed ex amica Penisola ha inserito il nostro Paese su liste nere illegali a causa del segreto bancario, che i ristorni – ovvero: il pizzo all’Italia per l’accettazione del segreto bancario – non sono più dovuti. In più, l’accordo in perenne gestazione con Roma ci porta a malapena le briciole. Infatti dalla nuova distribuzione delle entrate il Ticino otterrebbe pochi milioni in più all’anno. Specie se salterà, come probabile, l’aumento del moltiplicatore per i frontalieri (e ci andranno di mezzo i comuni).
E’ quindi evidente che queste trattative sono un flop. E se anche dovessero riuscire, il risultato per il Ticino sarebbe ben misero.
Se dalla tassazione ordinaria dei frontalieri non ricaviamo, come gettito aggiuntivo, almeno l’equivalente dei ristorni che ogni anno – grazie alla maggioranza ex partitone – PPDog – P$ – ci ostiniamo a versare al Belpaese, il santo non vale la candela.
Denunciare la Convenzione
Di conseguenza, come ha detto Gobbi, tanto vale interrompere le trattative. Ma non solo. Il giorno stesso dell’interruzione delle trattative dobbiamo denunciare unilateralmente la Convenzione del 1974. Così ogni anno nelle casse di questo sempre meno ridente Cantone entreranno una sessantina di milioni in più! Non sarà la panacea, ma sempre meglio che un calcio nei denti.
E’ vero che, se l’Italia non passa alla tassazione ordinaria dei frontalieri, non ci sarà l’atteso effetto antidumping generato dall’aggravio fiscale sui permessi G. Ma se anche Roma dovesse firmare l’accordo con Berna, è ormai chiaro che, per la tassazione ordinaria, campa cavallo!
Lorenzo Quadri