E naturalmente il conto lo pagano i ticinesotti, quelli che il direttore del DECS kompagno Manuele “bisogna rifare il voto del 9 febbraio” Bertoli infama con paragoni con il Sudafrica dell’Apartheid perché non sarebbero sufficientemente accoglienti nei confronti degli stranieri
Anche alla Stampa ci sono le liste d’attesa. Come negli alberghi più gettonati.
Il penitenziario cantonale registra il tutto esaurito, così come il carcere giudiziario de La Farera. La Stampa ha raggiunto la sua massima capacità già da un anno, e alla Farera sono rinchiuse 60 persone a fronte di una capienza normale di 50 posti.
Più posti
A fronte del tutto esaurito si pone il tema dell’ampliamento delle strutture carcerarie. Inizialmente il Cantone pensava alla costruzione di quattro nuovi stabili per un investimento totale di 180 milioni: non ancora un LAC, ma quasi… Poi si è saggiamente optato per una più modesta ristrutturazione dell’esistente, con aumento della capienza di 30 posti, per un costo di 50 milioni. Che comunque non sono noccioline.
Necessari per chi?
Ci troviamo dunque confrontati con la prospettiva di importanti investimenti da dover finanziare. Cosa li rende necessari? Risposta: i delinquenti stranieri. Infatti fino all’80% degli ospiti della Stampa non ha il passaporto rosso. Non esiste uno straccio di scusante che possa giustificare una percentuale tanto astronomica. Anche se i politikamente korretti spalancatori di frontiere, che non temono il ridicolo, tentano di arrampicarsi sui vetri con argomenti assurdi, quali il “maggior pericolo di fuga dei delinquenti stranieri”.
Informazione a senso unico
La realtà incontrovertibile è invece una sola, piaccia o non piaccia: che ci siamo riempiti di delinquenza d’importazione. Al proposito è curioso osservare che il Ministero pubblico argoviese, nel suo comunicato sul mostruoso pluriomicida di Rupperswil, ha indicato che si tratta di “cittadino svizzero senza passato migratorio”. Come mai il Ministero Pubblico ha sentito il bisogno di precisare queste circostanze? Un’idea ce l’avremmo; però, essendo notoriamente razzisti e fascisti, la teniamo per noi.
In Ticino non sempre la magistratura e la polizia sono altrettanto solerti nell’indicare la nazionalità degli autori di reati. Già vari anni fa, ad una precisa richiesta di fornire indicazioni in tal senso, il CdS ha risposto picche. Al massimo si distingue (e nemmeno sempre) tra svizzeri e stranieri. Dove il concetto di “svizzeri” include anche i “naturalizzati di fresco”.
La distinzione non è sufficientemente precisa e non si capisce quale controindicazione ci possa essere nel rivelare la nazionalità di persone che commettono reati – trattandosi di un’informazione che di certo non rientra nella sfera privata delle persone – se non quella di tentare di nascondere che, troppo spesso, le nazionalità dei delinquenti attivi su suolo ticinese sono sempre le medesime: poche e ricorrenti.
Una volta fuori…
Dei 50 milioni di Fr necessari per ampliare il carcere della Stampa, 40 (l’80%) li spendiamo per i delinquenti stranieri. La criminalità d’importazione, per la quale possiamo ringraziare la libera circolazione delle persone e le frontiere spalancate, non crea solo evidenti problemi di sicurezza quando è “operativa” sul territorio. Crea problemi – e ingenti costi – anche una volta che è stata individuata. E dopo che il detenuto “non patrizio” ha scontato la pena, che succede? Visto che la partitocrazia e l’élite politikamente korretta (altro che “società civile”) non vogliono l’espulsione dei delinquenti stranieri, gli ex carcerati sprovvisti di passaporto rosso li manteniamo in assistenza. E’ evidente infatti che tutta questa “brava gente” un lavoro non lo trova, ammesso e non concesso che lo cerchi. Questo nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, i pregiudicati recidivano.
Casellario provvidenziale
Visto che grazie alla combinazione di frontiere spalancate e mancata espulsione di delinquenti stranieri – combinazione per la quale possiamo ringraziare PLR, PPD e P$ – dobbiamo anche spendere paccate di milioni per ingrandire le carceri, ci vuole già un bel coraggio a negare, come si ostina a fare qualcuno a Berna, l’utilità della richiesta dell’estratto del casellario giudiziale. Una prassi, introdotta dal ministro leghista Norman Gobbi, che ci ha permesso di evitare l’arrivo in Svizzera di almeno 33 stranieri con gravi precedenti penali e potenzialmente pericolosi. Una cifra a cui però vanno aggiunti tutti gli altri pregiudicati che, sapendo del casellario, hanno rinunciato a chiedere a un permesso B o G.
Lorenzo Quadri