I fondi della nostra socialità, finanziata dal contribuente, finiscono in Stati stranieri

Se stranieri a carico dell’assistenza hanno margine per inviare fondi nel paese d’origine, vuol dire che ricevono troppo

Le cosiddette “rimesse” non sono solo i garage. Lo stesso termine definisce i soldi che i migranti mandano all’estero, nei paesi d’origine. E non si tratta di due spiccioli. Sebbene delle quantificazioni siano assai difficili.

Per quel che riguarda l’ammontare dei fondi in partenza dalla Svizzera, nel 2015 si stimava una cifra tra i 7 e gli 8.6 miliardi annui, di cui 2 miliardi destinati a paesi esterni all’ OCSE. Di queste enormi somme, tuttavia, non si sente parlare praticamente mai. Almeno alle nostre latitudini. Chissà perché? Si vogliono forse evitare domandine scomode?

Situazione “discutibile”

Se l’immigrato che lavora decide di inviare una parte dei propri risparmi nel paese d’origine, è una scelta sua ed evidentemente c’è poco da obiettare. Tuttavia, la conseguenza è che questi soldi escono dal circuito economico svizzero. La situazione è più discutibile (eufemismo) quando a partire per paesi lontani sono soldi frutto di prestazioni sociali. Se questo accade, le opzioni sono solo due: 1) il beneficiario dispone di redditi non dichiarati, in particolare lavora in nero; 2) le prestazioni che riceve sono troppo elevate, visto che ha soldi che gli crescono.

La questione sarebbe dunque meritevole di un approfondimento. La Lega, tramite mozione di chi scrive, lo ha chiesto. Il governicchio federale, “ovviamente”, ha risposto njet. Ma, checché ne dicano i soldatini triciclati, non sta né in cielo né in terra che i fondi della socialità rossocrociata, finanziata dai contribuenti, di cui beneficiano i migranti economici, vengano inviati all’estero ed utilizzati per mantenere interi gruppi familiari. Questo a maggior ragione in tempo di crisi. Ed in considerazione del fatto che, grazie al beniamino della casta “Sleepy JoeBidened ai disastri da lui fatti in Afghanistan, l’Europa, Svizzera compresa, verrà travolta da una nuova ondata di caos asilo. Il numero dei migranti economici presenti nel nostro Paese potrebbe dunque aumentare in modo importante. E con esso le rimesse “improprie”.

Le cifre della banca mondiale

Nei giorni scorsi la Banca mondiale ha pubblicato un interessante aggiornamento a proposito delle rimesse. Naturalmente alle nostre latitudini i media di regime non hanno fatto un cip.

La Banca mondiale ci dice questo: per l’anno di disgrazia 2021 si prevede che le rimesse a livello globale cresceranno (!) del 7.3% rispetto al 2020. Raggiungeranno così la stratosferica somma di 589 miliardi di dollari. La ripresa è più forte del previsto. Da notare che nel 2020 il calo delle rimesse è stato solo dell’1.7%, malgrado la grave recessione provocata dallo stramaledetto virus cinese.

Non sappiamo quale sia l’evoluzione in Svizzera. Si può partire dal presupposto che il trend sia analogo a quello mondiale.

Cifre in crescita

Il fatto che i migranti che mandino nei paesi d’origine sempre più soldi malgrado sia in corso la “peggiore crisi economica del dopoguerra”  (cit. governicchio federale) potrebbe significare che i migranti sono meno toccati dalla crisi rispetto ai residenti. E questo conduce ad un altro sospetto. Chi di sicuro non è stato danneggiato economicamente dal covid? Chi ha una rendita assicurata. Ovvero, da un lato i dipendenti dello Stato e del parastato. Dall’altro, i beneficiari di prestazioni sociali. Potremmo quindi essere davanti ad un indizio che una parte (quanto consistente?) dei soldi inviati all’estero dai migranti provenga proprio dal nostro Stato sociale. A maggior ragione, dunque, la questione va approfondita. Malgrado i njet di governicchio federale e partitocrazia, imbesuiti dall’immigrazionismo e dal multikulti.

Aiuti camuffati

Altro elemento degno di nota. Per varie regioni del mondo, le rimesse sono una fonte di entrate più importante degli aiuti che ricevono dall’estero. In campo di regali all’estero la Confederella, come sappiamo, è assai generosa.

Se anche i soldi delle rimesse sono soldi pubblici (di prestazioni sociali) ciò significa che le rimesse sono in effetti degli aiuti pubblici all’estero camuffati.

Il contribuente elvetico finanzia dunque gli Stati stranieri due volte: in modo manifesto con gli aiuti all’estero (quasi 11,5 miliardi per il periodo 2021 – 2024) ed in maniera occulta tramite prestazioni sociali a migranti economici, che poi questi ultimi inviano al paese d’origine. I paesi beneficiari di tanta manna non di rado ringraziano gli svizzerotti rifiutandosi di sottoscrivere accordi per la riammissione dei loro finti rifugiati. E quando qualcuno da “destra” chiede di vincolare il versamento di aiuti alla sottoscrizione di accordi di riammissione da parte di chi li riceve, governicchio federale e partitocrazia strillano che “sa po’ mia”!

E’ chiaro che non va bene.

Il caso italiano

L’Italia dal gennaio del 2019 applica una modesta imposta (1.5%) sulle rimesse destinate ai paesi extra-OCSE. E’ uno dei pochi Stati a conoscere un prelievo di questo tipo. Che ha almeno il vantaggio di riportare nelle casse pubbliche qualche milioncino (per l’Italia si tratta di circa 62 milioni di euro all’anno). La Svizzera potrebbe prendere esempio. Ma soprattutto, dovrebbe verificare com’è la situazione sul fronte delle rimesse frutto di prestazioni sociali.

I soldi guadagnati con il lavoro sono, a non averne dubbio, di proprietà di chi li guadagna. Ognuno li usa come vuole. Quando però si tratta di soldi che il nostro Stato sociale versa ad un migrante economico per il suo sostentamento, la situazione è un po’ diversa. Si ricorda infatti ai $inistrati che in Svizzera non esiste un reddito di cittadinanza. Lo Stato non premia con una paga chi viene da noi per farsi mantenere.

Troppo facile rispondere sempre che “sa po’ fa nagott”…

Lorenzo Quadri