L’immigrazione scriteriata fa impennare i matrimoni forzati. E il prossimo passo…

 

Ecco che anche in Svizzera tengono banco i matrimoni forzati. Uno studio della Confederazione realizzato nel 2012, citato di recente dal Corriere del Ticino, parla di 700 prese di contatto all’anno per gli uffici che si occupano di combattere questa piaga. Ovviamente dati statistici ufficiali non ce ne sono. Ed altrettanto ovviamente non tutte le persone (spesso donne) che si trovano costrette a sposare un coniuge imposto dalla famiglia denunciano la propria situazione.

Nei mesi scorsi è stata pronunciata la prima sentenza  in Svizzera per matrimonio forzato. Il condannato è un padre musulmano di origine turca. Da notare che l’uomo vive nella Confederella (Basilea) da trent’anni ed ha pure ottenuto il passaporto rosso.

Ringraziare le “aperture”

I matrimoni forzati sono dunque l’ennesimo sconcio e l’ennesima violenza contro le donne per i quali possiamo ringraziare la politica dell’immigrazione scriteriata. Ad organizzarli ed imporli sono infatti genitori di origine straniera ed in genere di religione islamica. Il fatto che il padre turco di recente condannato viva in Svizzera da 30 anni e ne abbia pure acquisito la nazionalità dimostra:

  1. a) che le naturalizzazioni facili di persone che non sono per nulla integrate non sono un’invenzione della Lega populista e razzista, bensì una realtà, e
  2. b) che troppi immigrati accolti in Svizzera “perché devono entrare tutti” non sono integrabili: pertanto, non saranno mai integrati.

Il caso danese

Nei mesi scorsi è stato pubblicato uno studio sulla poligamia in Europa. Ad importare tale usanza sono stati, evidentemente, degli immigrati musulmani. Ci sono infatti nel vecchio continente degli imam che non si fanno problemi nel celebrare matrimoni “aggiuntivi”; alla faccia delle leggi della nazione dove sono ospiti.

Il focus dell’indagine sulla poligamia era mirato sulla Danimarca, dove si è verificato un caso assai singolare. Un asilante siriano ha raggiunto il paese, lasciando però indietro tre mogli e 20 figli (sic!). Le norme sul ricongiungimento familiare hanno permesso ad una delle spose di raggiungere il marito assieme ad otto figli. Ma l’asilante pretende di fare lo stesso anche con le altre due consorti. E, va da sé, con la rispettiva prole. Naturalmente tutto il clan finirebbe a carico dello Stato sociale danese. Il capofamiglia, con una faccia di tolla olimpionica, si dichiara inabile al lavoro per motivi psichici, causati dalla separazione dai figli. Peccato che sia stato lui stesso ad abbandonarli.

$inistra pro poligamia

Da questa vicenda è nata una vivace diatriba. I kompagnuzzi danesi – ma guarda un po’! – non solo appoggiano le tesi del migrante poligamo, ma puntano addirittura al riconoscimento ufficiale della poligamia. Fino a tal punto la $inistruccia è rincoglionita dal multikulti e dall’internazionalismo becero. Ormai è pronta a qualsiasi aberrazione. La poligamia comporta una pesantissima discriminazione della donna. Ne lede in maniera insopportabile i diritti, le libertà e la dignità. Ma naturalmente i bolliti residui del femminismo rosso non hanno nulla da obiettare al suo sdoganamento in Europa. Ormai pensano solo a far entrare tutti i finti rifugiati e a piegarsi alle loro usanze; comprese le più illegali, aberranti ed incompatibili con i principi di una democrazia occidentale. E, naturalmente, a strillare al razzismo e all’islamofobia. In Danimarca un’esponente (donna!) di questa improponibile $inistra ha addirittura dichiarato che “la poligamia sarà la regola nei prossimi decenni”. A lasciar fare a voi, di sicuro…

Non integrabili

Non bisogna pensare che questi problemi li abbia solo la Danimarca. La Svizzera è esposta allo stesso flusso migratorio di persone non integrabili: vedi, appunto, la questione dei matrimoni forzati. I quali, come detto, sono molto più numerosi di quel che si creda. Per non parlare poi di altri fenomeni quale antisemitismo, razzismo, sessismo, omofobia, eccetera, importati dai finti rifugiati magrebini con lo smartphone. Ma naturalmente a tal proposito dai multikulti con la morale a senso unico giunge il solito silenzio assordante. I tapini, così pronti a servirsi – tanto per fare un esempio – di accuse farlocche di sessismo per spalare palta sull’odiata “destra”, sognano di far entrare in Svizzera centinaia di migliaia di migranti sessisti.

Questione di tempo

Certo, finora alle nostre latitudini nessuno è stato così scriteriato da proporre l’introduzione della poligamia. Finora, appunto. Ma se si pensa che tale kompagno Cedric Wermuth (simpatico come un cactus nelle mutande) vorrebbe rendere l’albanese ed il serbo-croato lingue nazionali; se si pensa che il presidente del P$$ nonché $enatore Christian Levrat predica che l’islam dovrebbe diventare religione ufficiale in Svizzera, appare chiaro che è solo questione di tempo.  Prima o poi i soliti noti pretenderanno – naturalmente in nome delle aperture, del multikulti, della comprensione, dell’antirazzismo – di sdoganare la poligamia anche in Svizzera. Proprio come accade in Danimarca.

Lorenzo Quadri