A troppe persone è proibito lavorare malgrado potrebbero farlo in totale sicurezza
Il clima di isteria generalizzata ha permesso di sdoganare anche misure prive di fondamento. Ma l’isteria non dura in eterno, malgrado l’impegno della stampa di regime
Il famoso (e temuto) esodo pasquale dei turisti confederati non c’è stato, così almeno ci viene detto. A dire il vero, altre fonti parlano di 12mila veicoli giunti da nord nei giorni scorsi, quindi un po’ di gente è arrivata. Si tratta evidentemente di proprietari di case di vacanza in Ticino. Il messaggio di non venire da noi sembra dunque essere in buona parte passato. Con grande scorno di quei politicanti che speravano che accadesse il contrario per potersi poi mettere in mostra, magari appendendo striscioni abusivi in Valle Maggia.
Come era ovvio, i fermi (?) di polizia al Gottardo non sono serviti ad un benemerito tubo, se non a gettare nel water altri soldi pubblici. Praticamente nessuno ha girato la macchina perché è stato “convinto” a farlo davanti al portale nord. Niente folgorazioni sulla via di Damasco. Gli svizzerotedeschi che hanno capito la situazione sono rimasti a casa. Quelli più duri di comprendonio, come ovvio, non si sono fatti dissuadere a pochi km dalla meta. Del resto, delle due l’una: o si vieta, o si autorizza.
Ticinesi mobili
Per contro, si osserva che i ticinesi si muovono più di prima. Chissà come mai? La risposta è evidente. Perché più gente del dovuto è stata confinata in casa senza motivo. E comincia a non poterne più.
E’ stato impedito di lavorare anche a chi poteva e può farlo in tutta sicurezza. Il danno non è solo economico, soprattutto per tante piccole imprese ed artigiani che sono ormai immersi nella palta come palombari e non sanno più a che santo votarsi. E’ anche psicologico. Dopo un po’ la gente non resiste a stare tutto il giorno a casa inattiva e “scoppia”. Quindi esce, aumentando il rischio di assembramenti. E questi sì che sono pericolosi dal punto di vista del contagio. Lavorare in sicurezza, per contro, non lo è. Colmo di sfiga, fa pure bel tempo. Gli anni scorsi si pregava per il sole a Pasqua. Oggi si è ridotti a sperare nella pioggia.
Non si vede perché…
Oltretutto non sta in piedi pretendere che la gente rimanga barricata in casa se poi la si priva di quanto sarebbe necessario ad occupare il tempo in clausura. Le librerie sono chiuse. I reparti ed i negozi di audiovisivi pure. Non si può comprare il necessario per il bricolage. Perfino acquistare un paio di calze (!) può diventare un’impresa. Non si vede perché i piccoli negozi, gestiti dal solo titolare, non potrebbero gradatamente riaprire facendo entrare solo uno o due clienti per volta e rispettando le distanze (in una libreria generalmente non si formano assembramenti).
Lacchè mediatici
Altro fatto curioso. In Ticino le conferenze stampa governative si svolgono ormai senza giornalisti (quelle della Confederella funzionano diversamente: i giornalisti ci sono, mantenendo le distanze). Le domande vanno inoltrate in anticipo in forma elettronica. Forse perché qualcuno ha paura di venire preso alla sprovvista da quesiti scomodi, senza poterli conoscere in anticipo?
Il timore è peraltro ingiustificato. Non bisogna essere dei grandi psicologi per accorgersi che le “autorità” stanno di proposito alimentando il clima di isteria collettiva con conseguente spegnimento del cervello per poter sdoganare anche decisioni che non stanno né in cielo né in terra. E contemporaneamente per denigrare con il bieco mantra del “non è il momento delle polemiche sterili (sic)” chi queste decisioni le critica: qualsiasi opposizione viene infatti delegittimata come “polemica sterile”. E allora, di grazia, che momento sarebbe quello che stiamo attraversando? Forse quello delle cappellate impunite?
In questo giochetto, la stampa di regime è chiaramente alleata dell’autorità. Alla faccia del tanto decantato ruolo di “cane da guardia”, la stampa di regime al gran completo è adagiata su quelli di:
- a) lacchè governativo (è arrivata al punto di magnificare la creazione di fan club (?) di Cocchi e Merlani, roba da arrossire nei secoli dei secoli); e
- b) prima promotrice della citata isteria collettiva “pro-saccoccia governo”.
C’è però un problemino. La carica di isteria non dura in eterno. Come scrivevamo la scorsa settimana, all’isteria subentra l’insofferenza. Ed infatti i nodi cominciano a venire al pettine.
Lorenzo Quadri