Quadri: “chi impone direttive zoppicanti se ne dovrà poi assumere la responsabilità”
“Come più volte ribadito dal Municipio di Lugano, la decisione dipartimentale rischia di essere inapplicabile per numeri e tempistiche”
La decisione del DECS sulla riapertura delle scuole ha spaccato il Cantone. Molti comuni contestano le modalità scelte. Tra questi Lugano. Come spiega il capodicastero Formazione, socialità e sostegno Lorenzo Quadri, “la decisione del DECS sulle modalità di riapertura delle scuole fa acqua e pone dei seri problemi di applicabilità.
Premessa: anche noi siamo consapevoli che per i bambini sarebbe utile e positivo riallacciare i contatti con la scuola, con i compagni, con i maestri. Ma questo deve poter essere fatto in sicurezza.
Ritengo inoltre sia corretto che le attività economiche ripartano, ovviamente con tutti gli accorgimenti del caso. E’ quindi ovvio che, se riprendono le attività economiche, i figli – specialmente quelli più piccoli – dei genitori che torneranno al lavoro non possono rimanere a casa da soli”.
E allora perché quello che ha deciso il DECS non va bene?
La soluzione imposta dal Dipartimento è pasticciata, traballante, contraddittoria. Pone gravi problemi di applicazione. Invece di risolvere problemi ne crea di ulteriori. La scuola a turni presuppone che metà degli allievi sia casa, col rischio che non ci sia la possibilità di accudimento dal momento che i docenti sono in classe e le aule sono occupate.
Altrettanto problematica è la sospensione della refezione scolastica, come pure i trasporti scolastici che il Dipartimento sconsiglia chiosando che comunque si tratterebbe di un problema delle scuole medie e non delle scuole comunali (asilo ed elementari). Da mettersi le mani nei capelli. E’ chiaro che le imposizioni del Dipartimento metteranno in difficoltà non solo i Comuni, ma tante famiglie che riprenderanno il lavoro e, grazie alle scelte cantonali, avranno seri problemi nella gestione dei figli.
Cosa ha fatto il municipio di Lugano?
Davanti ad una proposta cantonale chiaramente non funzionale, che non è in grado di dare risposte plausibili, l’istituto scolastico di Lugano, su indicazione del Municipio, ha formulato una proposta alternativa che permetterebbe di adempiere sia alle esigenze di sicurezza sanitaria del mondo scolastico (bambini, docenti, personale in generale) sia di dare una risposta alla ripresa delle attività economiche.
In concreto di cosa si tratta?
La proposta di Lugano, che è simile a quella di Locarno, prevede l’obbligo scolastico per chi in settembre cambierà di scuola. Quindi i bambini dell’ultimo anno di scuola d’infanzia e quelli di quinta elementare. Per gli altri, scuola a distanza e accudimento: quest’ultimo è essenziale per il riavvio dell’economia. L’insegnamento a distanza rimane garantito per gli allievi che non vanno a scuola. Inoltre si proponeva, per l’ultima settimana di scuola, di organizzare dei momenti di chiusura a gruppi per tutti gli allievi.
Manuele Bertoli rimprovera a Lugano e ad altri (vedi Locarno) di aver solo elencato una serie di problemi in merito alla scelta del Dipartimento…
Capisco che al Direttore del DECS non piaccia che gli vengano elencate le svariate lacune delle sue proposte, ma come appena detto abbiamo presentato una variante alternativa che reputiamo migliore sia per i bambini che per le famiglie. Questo nell’ottica di quel dialogo costruttivo invocato dal direttore del DECS. Naturalmente invocato solo a parole, perché il suo concetto di dialogo è “si fa come dico io e le alternative non vengono prese in considerazione”. Prova ne è che il Consiglio di Stato ha preso la sua decisione ancora prima di trovarsi sul tavolo il “modello” di Lugano, ben sapendo che sarebbe arrivato nel giro di un’ora. Dal punto di vista istituzionale è una chiara scorrettezza.
Nei giorni scorsi non ci sono stati degli incontri in videoconferenza tra il DECS ed i Comuni proprio per giungere ad una soluzione concordata?
Riunioni interminabili ed inconcludenti dove gli interlocutori comunali, scelti con criteri oltremodo discutibili, erano convocati per fungere da foglia di fico del Dipartimento.
Adesso cosa succederà?
Lugano cercherà di mettere in atto al meglio i Diktat cantonali, pensando in prima linea al bene dei bambini. Perché la priorità della scuola devono essere i bambini e non certo le teorie del capodipartimento. L’istituto scolastico sta lavorando alacremente (altro che mettere i bastoni tra le ruote, al contrario di quanto afferma in malafede Bertoli!) ma è una vera corsa ad ostacoli. La decisione dipartimentale rischia di essere inapplicabile, per numeri e tempistiche: il Municipio di Lugano l’ha ripetuto più volte. E’ poi chiaro che, se qualcosa dovesse andare storto, la responsabilità se la prenderà chi emette disposizioni sballate ed in contraddizione con la realtà del territorio, rifiutandosi di sentire ragioni. Troppo facile emanare direttive che fanno acqua da tutte le parti e poi pretendere di scaricarne la responsabilità d’applicazione sui Comuni. Oltretutto non è un mistero che, se taluni municipi hanno dato l’assenso al Diktat-Bertoli per riflessioni di tipo politico-partitico, si fatica a trovare una direzione scolastica che sia una che lo valuti positivamente. E’ poi incredibile che non si capisca, o che ci si rifiuti di capire, che un conto è una scuola con una sola sede ed un centinaio di bambini, ben altra cosa è un istituto scolastico con quasi 4000 allievi ed oltre 50 sedi, per di più situate in realtà molto diverse tra loro, come possono essere il centro Lugano e la Valcolla. Se poi, come sostiene il capodipartimento, il “senso” dell’operazione è ridare ai bambini un punto di riferimento, il suo progetto lo fallisce in pieno, perché quella che vuole imporre il DECS non è scuola, è un pasticcio. E sia chiaro che il sottoscritto non è un fautore di chiusure e di lockdown. La scuola si riapre ben volentieri, tutta, se è possibile farlo. Ma se non lo è, e le direttive allucinanti e contraddittorie del DECS confermano che non lo è, allora la proposta di Lugano è decisamente migliore. Per tutti.
MDD