Cacca italica nel Ceresio ancora per anni, scorie radioattive sotto il nostro naso…

 

Ormai l’ha capito anche il Gigi di Viganello:  il Belpaese gli accordi sulla nuova fiscalità dei frontalieri non li ratificherà mai. La questione del casellario era solo un pretesto.  Adesso che i Consiglieri di Stato  di PLR-PPD-P$ hanno calato le braghe sul casellario, oltreconfine cercano altre scuse per non fare i compiti. E dire che ben tre anni fa (!) l’allora ministra del 5% Eveline Widmer Schlumpf ed il suo tirapiedi De Watteville, quando si trattava di convincere il CdS a non ripetere la decisione sul blocco dei ristorni, promisero che, se nel giro di pochi mesi l’Italia non avesse approvato i nuovi accordi sulla fiscalità dei frontalieri, ci sarebbero state “misure unilaterali da parte della Svizzera” per sanzionare il Belpaese. Da spanciarsi dalle risate. In questi tre anni si è forse visto qualcosa?

Piccola parentesi

Da notare che l’ipotesi, approvata di recente in consiglio nazionale, di adesione della Confederella alla piattaforma ECRIS per lo scambio di informazioni sui precedenti penali di cittadini UE è l’ennesimo specchietto per le allodole. Viene però festosamente salutata dalla stampa di regime come alternativa al casellario. L’intento è chiaro: minimizzare le responsabilità degli esponenti del triciclo PLR-PPD-P$ nella rottamazione del casellario.

A parte l’incognita dei tempi e dei costi di adesione, da nessuna parte sta scritto che ECRIS permette di richiedere sistematicamente la fedina penale degli stranieri UE intenzionati a trasferirsi in Svizzera. Se infatti ECRIS e il casellario fossero la stessa cosa, non si capirebbe perché chi starnazzava contro il casellario dovrebbe ora approvare ECRIS. Opposizioni ad ECRIS infatti non ce ne sono state. E questo già la dice lunga sul bidone che si prepara.

E intanto, al di là dell’ormai defunto e sotterrato accordo sulla fiscalità dei frontalieri, ed a conferma che i vicini a sud si fanno beffe degli svizzerotti (“che tanto sono fessi e non si accorgono di niente”) nei giorni scorsi sono arrivati due nuovi episodi. Secondari forse, ma di certo significativi.

Primo episodio

Ad Ispra, in Provincia di Varese, sono in arrivo vagonate di scorie nucleari. La ridente località, dove ha sede il Joint Research Centre che fa capo dalla Commissione europea, ospita dal 2013 un deposito di residui radioattivi: dal settembre prossimo ospiterà 12-13mila metricubi di nuove scorie (prodotte sempre nel sito). La popolazione locale è preoccupata, e si dà il caso che Ispra si affacci sulle rive lombarde del Lago Maggiore, ad una cinquantina di km in linea d’aria da Locarno e Stabio. Il che ha portato anche ad un’interrogazione al CdS.

Ohibò: gli amici a sud strillano come aquile per tre valichi secondari chiusi di notte. S’indignano come verginelle oltraggiate perché i ticinesotti scandalosamente pretendono, prima di rilasciare un permesso B o G, di sapere se per caso non si stanno mettendo in casa l’ennesimo delinquente straniero. Però, tranquilli come un tre lire, ci piazzano sotto il naso le scorie radioattive.

A proposito: i residui nucleari non vengono necessariamente dalle centrali atomiche. Il 25% di essi è infatti prodotto dalla ricerca scientifica.

Secondo episodio

Squilli di trombe, rullo di tamburi: si apprende la notizia dello stanziamento di due milioni di euro per sistemare la rete fognaria di Porto Ceresio, Brusimpiano e Lavena-Ponte Tresa. Infatti come noto il locale depuratore non funziona, sicché gli italici scaricano la cacca direttamente nel Ceresio, a danno di tutto il lago che è però per la maggior parte svizzero. Il problema non è certo nuovo. Oltreramina avevano infatti promesso che già per la stagione estiva 2015 (?) lo sconcio sarebbe cessato. Campa cavallo.

Adesso con toni trionfalistici si annuncia il credito stanziato e quindi l’esecuzione dei lavori. Che dovrebbero (notare il condizionale) iniziare nel 2019 e, se non vi saranno particolari inconvenienti (altra variabile) terminare nel 2020. Ohibò: due anni per realizzare due km di fognature? Massì, tanto c’è tempo…

Un tale programma lavori equivale ad altri tre anni di cacca italica nel lago (per lo più) ticinese. Tre anni se tutto fila liscio, che ben s’intenda. E sappiamo che nel Belpaese in campo di opere pubbliche non fila mai tutto liscio. Nella migliore delle ipotesi (ma siamo a livelli di miracoli della Madonna di Civittavecchia) il grave problema d’inquinamento ambientale verrebbe risolto  5 anni (!) dopo  il termine promesso!

Una tempistica del genere è l’ennesima presa per i fondelli. Stupisce invece che ci sia chi l’ha accolta con esultanza. Forse ci siamo assuefatti alle fregature.

Caduti dal seggiolone

E intanto però, grazie al triciclo PLR-PPD-P$ in Consiglio di Stato, continuiamo a versare i ristorni. I quali dovrebbero servire in prima linea per la realizzazione di opere infrastrutturali di interesse comune italo-svizzero. Che però, come ben esemplifica il depuratore di Porto Ceresio, non vengono fatte.  Perché la vicina Penisola nei nostri confronti è inadempiente (più o meno) su tutto. Però gli esponenti della partitocrazia in Consiglio di Stato s’immaginano che la cancellazione del casellario “obbligherà moralmente” l’Italia a sottoscrivere i nuovi accordi fiscali sui frontalieri; malgrado manifestamente non ne voglia sapere. Bisogna davvero essere caduti dal seggiolone da piccoli.

Lorenzo Quadri