Il 28 febbraio si avvicina a grandi passi. E con esso delle votazioni fondamentali per il Ticino. Alcuni hanno già depositato la scheda nell’urna. Molti altri non l’hanno ancora fatto. E allora non è proprio il caso di sprecare un’occasione.
La votazione sul risanamento del tunnel autostradale del San Gottardo sta facendo discutere tutta la Svizzera. Da Nord delle Alpi non sono mancate le prese di posizione, anche da parte di enti pubblici, contrarie al secondo tubo. Anche importanti organi di stampa si sono schierati su questa posizione. E allora qui – giustamente – a qualcuno possono e devono girare le scatole. Perché niente galleria di risanamento significa, per questo sempre meno ridente Cantone, tre anni di isolamento dal resto della Svizzera. Quindi questi enti e grandi testate d’Oltralpe, alla faccia della coesione nazionale, vogliono escludere il Ticino dal resto della Svizzera per almeno un triennio. Ma bravi!

La fregnaccia
E come giustificano questa presa di posizione? Con una monumentale fregnaccia. Ossia sostenendo che, se si realizza la seconda galleria autostradale sotto il Gottardo, poi non ci saranno più i soldi per nuovi progetti che interessano le rispettive regioni. Ma tu guarda questi signori, adusi a montare in cattedra a calare lezioni sui massimi sistemi. Alla prova dei fatti, la piccineria la fa da padrona: si coltiva ad oltranza il proprio orticello, echissenefrega dei problemi degli altri. Piccineria ed anche miopia: ma davvero in Svizzera tedesca credono che la questione Gottardo sia solo roba da Cinkali? Davvero pensano che la loro economia possa fare a meno dello sbocco autostradale verso sud?
Ma soprattutto: l’argomento della concorrenza finanziaria con altri progetti non sta proprio in piedi. Per un motivo molto semplice. La galleria di risanamento verrebbe pagata con il fondo destinato alla manutenzione. Non con quello per le infrastrutture, a cui attingono i nuovi progetti. Non c’è quindi concorrenza, perché i “borselli” sono diversi.

Nessun coniglio uscirà dal cappello
L’alternativa al traforo di risanamento senza aumento di capacità sarebbe il trasbordo dei veicoli dalla strada alla ferrovia tramite un sistema di navette. Ma tutti sanno che si tratta di un bidone. Che il sistema è instabile, inefficiente, precario. E che – dulcis in fundo – comporterebbe l’abolizione del divieto di transito notturno per i mezzi pesanti. Queste cose le sanno anche i kompagni ro$$o-verdi. Ed infatti non sostengono le navette. Tentano invece, un giorno sì e l’altro pure, di far balenare alternative fantasiose. Per la serie: prima cominciamo a far saltare il secondo tunnel, poi vedremo. Il problema è che non c’è proprio nulla da vedere. Le possibilità sono solo due. O la nuova galleria, o le fallimentari navette. Non ci stancheremo di ripeterlo: o la nuova galleria, o l’isolamento del Ticino per tre anni. Non c’è nient’altro. Nessun coniglio uscirà magicamente dal cappello. E non si creda che almeno tre anni senza un collegamento efficace con il resto della Svizzera non avranno pesanti conseguenze occupazionali in Ticino, specie nelle valli. Poi li vedremo, i ro$$o-verdi, a starnazzare davanti ai licenziamenti (magari condotti all’americana, nello stile del kompagno direttore della RSI Maurizio Canetta).

La Catalogna della Svizzera?
Già sotto il profilo della coesione nazionale è quanto meno insolito che si metta in votazione l’ipotesi di tagliare fuori un Cantone dal resto della Svizzera. Nessuno si sognerebbe di riservare un simile trattamento a Zurigo o a Berna. Ma visto che ad essere sulla graticola è il Ticino, probabilmente c’è chi pensa di potersi permettere di tutto e di più: perché, in fondo, i ticinesotti sono svizzeri di serie B, anche se non lo si può dire apertamente…

Ma attenzione a non tirare troppo la corda. Il politologo Oscar Mazzoleni ha detto una cosa giusta: se il 28 febbraio passa il No alla seconda galleria, il Ticino diventa la Catalogna della Svizzera. Del resto è l’unica evoluzione possibile. Abbandonato alla mercé della devastante libera circolazione delle persone e privato del cordone ombelicale col resto del Paese, cosa dovrebbe fare questo Cantone?

Forse è il caso di pensarci prima di depositare la scheda nell’urna. E questo vale sia al di qua, che al di là delle Alpi.
Lorenzo Quadri