Anche per il prossimo anno si prepara una nuova impennata dei premi di cassa malati. I ticinesi non saranno graziati. E qui i conti non tornano. Si ricorderà infatti che dal 1996 ad oggi, ossia da quando è in vigore la LAMal, i Ticinesi hanno pagato 450 milioni di Fr di premi in eccesso. Ne beneficiavano altri Cantoni, dove invece si pagava troppo poco.
Di questi 450 milioni, ne torneranno indietro solo 68, di cui un terzo finanziati dalla Confederazione, quindi ancora da noi. Ciononostante nel 2015 gli aumenti di premio continueranno. Questo significa che il problema non è affatto risolto. Con il contentino da 68 milioni si pensa di poter mettere una pietra sul passato, ma intanto il problema per il futuro non è affatto risolto. Ed infatti per il Ticino ci si aspetta un aumento medio superiore al 3.5% per cento. Aumento medio vuol dire che ci sarà chi si dovrà confrontare con un rincaro ben superiore di questo.
La continua spirale degli aumenti quando vantiamo dei crediti di 380 milioni non ha alcuna logica e dimostra che il sistema è irrimediabilmente bacato.
Sono 18 anni ormai che stiamo litigando con la LAMal e gli aumenti annui della “pillola” assicurativa, ormai diventata la seconda voce di spesa per le economie domestiche ticinesi.
In 18 anni la politica federale non è riuscita a portare dei correttivi per rendere il sistema equo. Non solo, ma per lungo tempo ha spudoratamente negato che ci fossero delle distorsioni. In particolare ha negato, contro ogni evidenza, che il Ticino e gli altri Cantoni paganti pagassero troppo, perché c’era e c’è chi paga troppo poco.
Se in quasi due decenni non si è raddrizzata la baracca, non ci si può illudere che lo si farà adesso.
La pazienza è finita
I cittadini hanno avuto molta pazienza. Hanno dato alla politica un numero pressoché illimitato di occasioni per correggere la situazione. Nessuna di queste è stata utilizzata a dovere. Il perché lo sanno ormai anche i paracarri. Le lobby cassamalatare sono troppo forti nella Berna federale e nei partiti storici. La politica non è in grado di fare il proprio dovere, in queste condizioni. E allora deve subentrare il cittadino. Il voto popolare deve dare una scossa con la cassa malati unica.
Ci fregiamo di essere poco sospetti di statalismo. Infatti non si può dire che con la cassa malati unica si vuole sostituire la concorrenza privata sull’assicurazione malattia di base con un monopolio statale. Perché l’attuale situazione non è di concorrenza privata. Si tratta di un bislacco ibrido. Nell’assicurazione di base le casse non possono fare utili. Il contratto è di diritto pubblico. Lo Stato interviene pesantemente sul mercato tramite la riduzione dei premi. E’ forse questo un regime di libera concorrenza?
Non è medicina statale
Senza contare le numerose altre lacune che affliggono il sistema: la caccia ai buoni rischi (e quindi gli squallidi tentativi di esclusione dei quelli cattivi, in particolare gli anziani). Le campagne pubblicitarie finanziate con i soldi degli assicurati. La totale mancanza di trasparenza nei conti degli assicuratori. I costi della sessantina di Consigli di amministrazione delle casse attuali. E così via.
La cassa malati unica non è la panacea. E’, però, l’opportunità di dire basta ad un sistema che non funziona. Quindi il 28 settembre votiamo Sì. Un Sì che non equivale, come tenta (in malafede) di far credere qualcuno, ad una statalizzazione della medicina: i medici e gli altri operatori sanitari continueranno a lavorare esattamente come ora.
Lorenzo Quadri