Il credito da 3.5 milioni per expo 2015 è il classico esempio di quello che non si dovrebbe fare. Prima il governo “lacrime e sangue” invocando le casse pubbliche vuote. Poi però si trovano soldi da spendere nel modo più discutibile possibile: sostenere un carrozzone estero ampiamente infiltrato dalla corruzione, un cantiere che cumula ritardi e le cui ricadute positive in Ticino rimangano ampiamente nel campo nelle ipotesi.
E’ chiaro che non si può da un lato invocare tagli ai sussidi di cassa malati o pretendere di raddoppiare le stime immobiliari per fare cassetta, e poi dire che i milioni per expo 2015 ci sono. Tanto più che i progetti ticinesi si sfaldano uno dopo l’altro, e qualche motivo ci sarà . L’unico con una certa concretezza, il Trenhotel di Chiasso, è stato affossato in votazione popolare. Pensate fantasiose come l’idrovia fino a Milano o le piste ciclabili sono destinate a rimanere, appunto, nel regno delle fantasie. Anche perché la controparte italiana non ha interesse a realizzarle.
Al proposito vale la pena ricordare che la Lega dei Ticinesi aveva proposto in gran consiglio di dimezzare il credito di 3.5 mio, limitandolo ai progetti in Ticino. Una proposta cui però le altre forze politiche non vollero dare alcun seguito. Ne seguì il lancio del referendum e soprattutto la sua riuscita trionfale: le 13mila firme raccolte costituiscono un vero record democratico. E quando questo scenario cominciava a delinearsi, ecco che il governo medesimo ha cominciato a parlare di crediti ridimensionati, sconfessandosi platealmente. Ma soprattutto ha cominciato a cercare delle scappatoie per eludere i diritti popolari: un comportamento che non può essere accettato e che le urne devono sanzionare. Si pensi in particolare al coinvolgimento del fondo Swisslos.
Quando al ricorso ai contributi dei privati, ad essere fuori strada è la tempistica. Gli sponsor privati sono infatti stati coinvolti solo dopo il successo del referendum, quando invece li si sarebbe dovuti chiamare a raccolta fin dal principio, alfine di diminuire il conto per le casse pubbliche. Invece il CdS e chi ha gestito il dossier in suo nome, ha scelto la via più comoda: andare a batter cassa presso il contribuente – quello delle “lacrime e sangue”, quello cui si vogliono tagliare gli aiuti ed imporre nuove tasse e balzelli – con la totalità di un credito innaffiatoio che, oltretutto, è stato pure gonfiato con l’obiettivo “politichese” di accontentare il maggior numero possibile di richiedenti. Un modo di procedere che fa a pugni con il principio di gestione efficace ed efficiente del danaro pubblico. Senza dimenticare che una parte dei soldi chiesti al contribuente ticinese andrebbe a finanziare progetti con ricadute in Italia. Che poi la kermesse milanese possa portare pernottamenti in Ticino, come qualcuno crede, è a dir poco utopistico: tra il capoluogo lombardo e la frontiera svizzera non si fatica di certo a trovare posti letto. Si rischia semmai che accada proprio il contrario. Ossia che i turisti, invece di venire in Ticino, si rechino direttamente a Milano.
Il No al credito è un dunque un chiaro segnale ad una maggioranza governativa che invoca a parole il rigore nella spesa pubblica, ma nella pratica non perde occasione per agire in senso contrario; tanto paga Pantalone. Se il Cantone vuole andare a fare aperitivi all’expo, li finanzierà con soldi privati.
Lorenzo Quadri