L’Italia viola trattati internazionali a più non posso, ma gli scienziati di Berna non si accorgono di niente e se la prendono con il Ticino per il casellario giudiziale ed il moltiplicatore dei frontalieri. Ma la ministra del 5% e compagnia brutta, ci sono o ci fanno?
Come c’era da attendersi, lunedì la ministra del 5% Widmer Schlumpf è calata nuovamente in Ticino per parlare del nulla.
Nel giugno del 2014 lei ed il suo tirapiedi De Watteville avevano promesso, per convincere a procedere con il versamento dei ristorni dei frontalieri, che la conclusione dei negoziati con la Vicina Penisola era “imminente”. Come ultimo termine aveva indicato la primavera 2015, massimo l’estate (l’inizio, non la fine). Come di consueto, per fare fessi gli svizzerotti che ci cascano sempre – a partire da De Watteville che va a Roma a trattare in inglese e della situazione del Ticino non sa un tubo – la controparte italiana fa balenare sottoscrizioni in vista di date interessanti per lei: ad esempio la scadenza del versamento dei ristorni dei frontalieri, a fine giugno. Poi, passata la festa, gabbato lo santo ed uccellato lo svizzerotto: le trattative restano più impantanate di prima.
Già ottenuto
Come scritto più volte su queste colonne, la questione del casellario giudiziale, così come quella del moltiplicatore comunale dei frontalieri portato al 100% dal 78%, non sono degli “ostacoli sulla strada” della conclusione di un accordo. Sono dei semplici pretesti italici per non arrivarne ad una. E in particolare per non fare concessioni alla Svizzera. Del resto, oltreconfine hanno già ottenuto, gratis, quello che interessava, ossia lo smantellamento del segreto bancario. Per cui…
Imposte dei frontalieri
In particolare l’Italia non ha alcuna intenzione di aumentare le imposte ai frontalieri, che è poi uno degli aspetti più importanti per il Ticino nell’ambito della ridefinizione degli accordi fiscali. Lo si è ben visto da come i politicanti d’oltreconfine starnazzano davanti a misure anche minime, come è quella del casellario giudiziale, che toccano i frontalieri. Figuriamoci se le stesse persone, che evidentemente sono in perenne campagna elettorale presso i frontalieri, si sognano di aumentare le tasse al loro target elettorale. E mica di poco, ma fino a parifica con quanto versano i cittadini italiani che vivono e lavorano in Italia (loro sì discriminati…)! Solo la ministra del 5% ed il tirapiedi De Watteville potrebbero crederci.
Reciprocità?
Assolutamente penosa la sortita della Consigliera federale non eletta secondo cui l’aumento del moltiplicatore e la richiesta del casellario giudiziale “contraddicono i patti e il senso originale di reciprocità alla base degli accordi bilaterali”. Dichiarazione di uno squallore difficilmente eguagliabile e che dimostra, peraltro, che la ministra del 5% continua ad incontrare la deputazione ticinese a Berna e visita spesso e volentieri il Ticino (operazione di marketing?) ma poi non ascolta – né lei, né l’ineffabile De Watteville – quello che le viene detto.
Quando mai l’Italia ha applicato il principio di reciprocità? Dobbiamo ripetere il solito elenco di scandalose inadempienze della vicina Penisola, che va dall’impedire alle aziende ticinesi di picchiare un chiodo alle black list illegali, dallo sfacelo della Stabio-Arcisate alla cacca scaricata nel Ceresio? E come la mettiamo con il mancato rispetto degli accordi di Dublino da parte dell’Italia? Gli svizzerotti devono andare avanti a fare i compiti, da soli, come se “niente fudesse”?
E, per restare in ambito di frontalieri. Come noto la Convenzione del 1974 sulla fiscalità dei frontalieri è (era) un pizzo all’Italia, affinché riconoscesse il segreto bancario elvetico. La vicina Penisola, violando i patti, è partita all’assalto del segreto bancario, con tanto di liste nere illegali. Continuando, però, ad incassare i sostanziosi ristorni. E questo, secondo la ministra del 5%, sarebbe rispettare il senso originale di reciprocità? E dov’è, negli accordi in perenne gestazione, quelli che da anni sono “ad un passo dalla conclusione”, l’accesso degli operatori finanziari svizzeri al mercato del Belpaese?
Allo sbaraglio
Il Consiglio federale lascia il Ticino allo sbaraglio. E quando il nostro Cantone, preso atto della situazione, si difende da solo da una controparte italiana che ne fa peggio di Bertoldo, il Consiglio federale, invece di prendere le parti del Ticino, abbassa prontamente i pantaloni: assieme ai suoi diplomatici euroturbo da tre e una chicca, si schiera con la controparte.
E la non eletta Widmer Schlumpf ha ancora il coraggio di varcare il Gottardo per raccontarci fetecchiate sugli accordi internazionali che “devono” venire assolutamente rispettati? Naturalmente solo da noi, sia chiaro. Perché siamo sempre noi che “dobbiamo aprirci all’UE”, come dice il PLR Burkhaltèèèr, fautore delle ripresa dinamica (=automatica) del diritto degli eurofalliti in Svizzera. Dobbiamo aprirci tradotto in pratica significa: dobbiamo accettare di farci colonizzare.
Sia chiaro, comunque, che sul casellario giudiziale non si molla di un millimetro, e nemmeno sul moltiplicatore comunale al 100% per i frontalieri.
Lorenzo Quadri