Non siamo certo noi a formalizzarci per il fatto che il ministro $ocialista Manuele Bertoli abbia rotto la collegialità (uella) per dire la sua opinione sul risanamento finanziario del Cantone. Ci fa solo un po’ ridere che mentre a Lugano i kompagni si indignano (che pagüüüüraa, avrebbe detto il Nano), perché i leghisti non ci stanno a farsi ingabbiare in decisioni che non condividono, il loro Consigliere di Stato sia poi il primo a sbugiardarli facendo proprio il contrario di quel che i kompagni predicano.
Ma a noi della collegialità importa assai poco, perché per fare politica bisogna decidere e le decisioni possono anche essere prese a maggioranza. La ricerca dell’unanimità ad ogni costo porta solo all’immobilismo.
Quindi che un Consigliere di Stato dica la propria sul risanamento finanziario, in contraddizione con quella che è la posizione del governo, non ci turba. Il problema è il contenuto della posizione “non collegiale” ossia, mani in tasca alla gente e niente tagli. Perché è questo che vuole la $inistra. Lo ha sempre voluto, in ogni circostanza. Non si  venga quindi a raccontare la storiella delle casse vuote: la $inistra le tasse le aumenterebbe allegramente anche  se i conti pubblici fossero in ricco attivo, perché il dogma è gonfiare sempre più la macchina statale ed inventarsi sempre nuovi compiti dell’Ente pubblico. Compiti, va da sé, all’insegna del politikamente korretto, delle aperture e della multikulturalità: quindi si spende e si spande per rendersi sempre più attrattivi per l’immigrazione nello stato sociale. Lo dicono loro: “senza distinzioni”. Ed invece la Lega, che è sempre stata fautrice della socialità per i ticinesi in difficoltà, le distinzioni le fa eccome. La socialità pagata con i nostri soldi è per i “nostri” e non per chi arriva da paesi stranieri vicini e lontani per approfittarne.
A Lugano il P$ ha addirittura manifestato, in un comunicato, quali siano le sue intenzioni: moltiplicatore all’80%, perché, dicono loro “c’è stato per vari anni” e allora che problema c’è? Bel modo di ragionare.
Pensare di aumentare le tasse in tempo di crisi e quando la concorrenzialità fiscale del nostro Cantone è andata a ramengo a seguito di 11 anni di totale immobilismo, è l’equivalente di tagliarsi gli attributi per farla alla moglie.
A proposito di immobilismo, fa specie leggere sul Corrierone del Ticino l’intervento della direttrice del DFE la quale si gloria di aver “effettuato misure fiscali mirate per oltre 40 milioni”. Peccato le presunte “misure fiscali mirate” fossero semplicemente la conseguenza di adeguamenti a leggi federali. La realtà è una sola: l’ultimo decennio è stato contraddistinto dal più totale e deleterio immobilismo.
Altrettanto specie fanno le dichiarazioni del prof Mauro Baranzini che dice: “Ticinesi, la festa è finita”. Capiamo che un professore universitario non abbia certi problemi tipici del popolino ignorante, ad esempio il posto di lavoro ballerino e la difficoltà  nel collegare il pranzo con la cena, ma quando mai i Ticinesi avrebbero “fatto festa” (a parte, beninteso, gli amici degli amici)?
Non dimentichiamoci poi che in Ticino il 2% dei contribuenti (fisici) paga il 37% del gettito delle persone fisiche. Se i redditi alti vengono fatti scappare a suon di aggravi fiscali, le entrate del Cantone crollano e chi viene chiamato alla cassa per tappare il buco? Risposta: il ceto medio. Quel ceto medio che dovrebbe essere la spina dorsale della nostra società e che invece viene tartassato ed indebolito e depredato perché deve metterci le pezze per tutti. Checché ne dicano i $inistri, i soldi che il lavoratore guadagna sono e sempre saranno frutto del suo lavoro e non proprietà dello Stato.
Ricordiamo anche che una grossa fetta del ceto medio ticinese è legata alla piazza finanziaria. Quella piazza finanziaria che la $inistra ha contribuito a sfasciare perché vuole lo scambio automatico di informazioni.
Dopo aver impoverito i ticinesi si vogliono ancora mettere le mani in tasca alla gente in tempo di crisi per non voler tagliare sprechi e spese inutili. Questo sì che è irresponsabile.
Lorenzo Quadri