“Fake news” a go-go per dire No al referendum finanziario obbligatorio. Ma la realtà…

 

Il Consiglio di Stato si qualifica a pieno titolo per il campionato intergalattico di arrampicate acrobatiche sugli specchi con una prestazione “da incorniciare” (si fa per dire): la presa di posizione contro l’iniziativa popolare per introdurre in Ticino il referendum finanziario obbligatorio. L’iniziativa, che ha raccolto ben 12.300 firme, chiede che le spese cantonali che superano un “tot” vengano obbligatoriamente sottoposte a votazione popolare. La Lega figura tra i promotori.

In 18 Cantoni…

La proposta è così balzana ed astrusa? Certo che no: il referendum finanziario obbligatorio esiste infatti in ben 18 Cantoni. E funziona benissimo. Nessuno di questi Cantoni è andato in rovina. Nessuno è caduto vittima dell’immobilismo. Tutti hanno debiti pro-capite nettamente inferiori a quello ticinese.

Oggi in Ticino vige il referendum facoltativo. Che comporta la raccolta di 7000 firme in 45 giorni. Obbiettivo raggiungibile? Certo. Ma solo da chi è in grado di mettere in piedi la macchina organizzativa necessaria e, soprattutto, può permettersi di pagare i raccoglitori di firme. Oppure, come fanno i sindacati ro$$i, di mandare i propri funzionari (pagati dai lavoratori) a caccia di firme invece che a lavorare. Perché, volenti o nolenti, è così che funzionano le cose. Di conseguenza, non si possono lanciare referendum su tutto. E così, la maggior parte delle volte, la partitocrazia spopola indisturbata.

Fregnacce e “fake news”

La presa di posizione governativa contro il referendum finanziario obbligatorio è un florilegio di fregnacce e fake news. Esempio:

  • “Il referendum finanziario facoltativo con raccolta delle firme non rappresenta un ostacolo istituzionale”. Provate voi a raccogliere 7000 firme in 45 giorni, poi ne riparliamo.
  • Si moltiplicherebbero le votazioni su temi incontestati, si genererebbero costi amministrativi importanti”. Votazioni e costi non si moltiplicano, basta accorpare le chiamate alle urne nelle date già fissate per le consultazioni federali. Semmai si allunga un po’ la scheda di voto, causa l’aggiunta di nuovi oggetti. Il maggior costo in carta ed inchiostro non dovrebbe portare il Cantone alla bancarotta.
  • “Si banalizza il voto popolare”. Qui siamo alla presa per i fondelli “hard”: chiamare i cittadini a decidere sulle spese pubbliche importanti significherebbe “banalizzare”?
  • L’introduzione del referendum finanziario obbligatorio rischia di rallentare la realizzazione degli investimenti”. Infatti nei 18 Cantoni dove esso è in vigore non si investe un centesimo, tutto è bloccato e le infrastrutture sono ferme all’Ottocento. Come no!

Paura del popolo

E’ evidente anche al Gigi di Viganello che gli autoerotismi cerebrali di cui sopra servono solo a nascondere, male, il vero motivo per cui il governo – e la casta che già bocciò in parlamento una proposta analoga nel 2015 – non vuole il referendum finanziario obbligatorio. Perché ha paura del voto popolare. Il nuovo strumento democratico darebbe infatti più potere al popolazzo: quello che “vota sbagliato”. L’establishment, invece, vuole togliere potere al popolo. Inoltre: con lo spauracchio della chiamata alle urne, i politicanti dovrebbero pensarci due volte prima di spendere  e spandere i soldi del contribuente. Esempio concreto: se la Lega non si fosse data la pena di raccogliere le “maledette” 7000 firme e di far votare i ticinesi, il triciclo PLR-PPD-P$ avrebbe sperperato 3.5 milioni dei nostri franchetti per la partecipazione ticinese ad Expo2015: ovvero per un regalo al Belpaese senza ricaduta alcuna per il nostro territorio.

E poi: se il referendum finanziario obbligatorio fosse la ciofeca che il CdS tenta, male, di far credere, non si spiega come mai esso sia in vigore in 18 Cantoni. Nessuno dei quali si sogna di rottamarlo.

Vedremo se il Gran Consiglio, quando dovrà prendere posizione sull’iniziativa Pro-referendum finanziario, si dimostrerà altrettanto pavido dell’Esecutivo.

Ma soprattutto, vedremo cosa decideranno i ticinesi sul tema.

Lorenzo Quadri