Fisco: arriva la manovretta “tanto per”. E sulla cassa pensioni cantonale sarà referendum
Ancora una volta, i politicanti tornano a sciacquarsi la bocca a sproposito con il termine “riforma fiscale”. Definire la manovretta appena presentata dal governicchio cantonale una “riforma” significa prendere i cittadini per il lato B. Una riforma è ben altro. Il DFE targato PLR non ha riformato un bel niente: semplicemente ha lavorato un po’ di limetta. L’immobilismo continua. Il motivo è sempre lo stesso: il CdS è ostaggio dei $inistrati. I quali non solo sono contrari per partito preso a qualsiasi riduzione dell’onere fiscale – anche se una candidata P$ al governicchio, in vista delle elezioni di aprile, forse immaginando che gli elettori siano fessi, ha pensato bene di dichiarare di sostenere gli sgravi per il ceto medio e per i single – ma vogliono introdurre sempre nuove tasse e balzelli, ed aggravare quelli esistenti. L’isterismo climatico ha già dato la stura al festival delle trovate demenziali dell’ammucchiata ro$$overde.
Imposta dall’alto
Tanto per cominciare: la riformetta “fiscale” (?) non è stata varata per iniziativa del DFE targato PLR. E’ stata imposta dall’alto. Infatti, è la conseguenza della votazione popolare sulla RFFA, ossia la riforma “fiscosociale” federale, approvata dalla popolazione lo scorso 19 maggio. La RFFA impone ai Cantoni di adattare le proprie aliquote per le persone giuridiche. Chi non lo fa finisce fuori mercato e perde i migliori contribuenti. Senza la pressione della RFFA, col fischio che da Bellinzona usciva qualcosa! Ricordiamo che dall’ultimo pacchetto fiscale sono passati 16 anni. In politica – soprattutto in politica fiscale – si tratta di ere geologiche.
E visto che giocoforza bisognava modificare le aliquote delle persone giuridiche, era obbligatorio intervenire anche su quelle delle persone fisiche, per creare un minimo di consenso a livello popolare.
Passata la festa, gabbato lo santo
Ma cosa si propone per le persone fisiche? Una misura al limite della barzelletta: la riduzione del 2% del moltiplicatore cantonale! Il famigerato ceto medio, con cui i politicanti si sono riempiti la bocca prima delle elezioni di aprile, di uno sgravio del 2% nemmeno se ne accorge.
Ed i famosi single, anche loro invocati a sproposito (perché sono tanti e votano) prima delle elezioni? Ed invocati non di rado proprio da quegli stessi politicanti che nel giugno 2017 hanno affossato in Gran Consiglio l’iniziativa parlamentare Canonica che chiedeva una tassazione più equa per le persone sole? Naturalmente dimenticati, anche questa volta. Passata la festa (elettorale), gabbato lo santo!
Quanto alle misure per le aziende, come detto obbligate e non frutto di un’iniziativa del CdS: non sono certo tali da scongiurare la partenza per “altri lidi” di società che pagano tante imposte.
L’ossessione per il consenso
Nell’ossessiva ricerca di un consenso globale, ai micro-sgravi fiscali sono state mischiate delle misure (su scuola, socialità e soprattutto cassa pensioni) che con la fiscalità non c’entrano un tubo. Ne esce il solito pateracchio. Ed il consenso tanto bramato, come da copione non c’è: i partitini – cabina telefonica dell’estrema $inistra hanno già annunciato il referendum. Per prevedere questo esito non c’era bisogno del Mago Otelma: bastava il Gigi di Viganello.
E’ davvero incredibile che il governicchio continui a rimanere ostaggio dei kompagni. La conseguenza è che da oltre tre lustri in questo sfigatissimo Cantone di politica fiscale non se ne fa.Ci si autoerotizza cerebralmente con manovricchie ibride, eseguite con la limetta per le unghie. Come quella proposta ora. Iniziative che servono solo al buon Vitta per metter fuori la faccia dicendo che lui “ha fatto i compiti”.
Morale: niente sgravi fiscali al ceto medio ed ai single per compiacere i $inistrati, che però il referendum lo lanceranno lo stesso. Accipicchia, questa sì che è alta strategia politica!
Cassa pensioni: referendum garantito
Che nel pateracchio “fiscale” sia stata ripresa anche l’iniezione di un altro mezzo miliardo nella cassa pensioni dei dipendenti dello Stato è semplicemente vergognoso.
Solo sette anni fa il Gran Consiglio votò un contributo di 450 milioni (la Lega era già allora contraria). E adesso si pretende un ulteriore mezzo miliardo? Ma col piffero! Questa è una rapina a danno di tutti i lavoratori ticinesi che non sono dipendenti cantonali. Lavoratori che già pagano i costi del risanamento delle loro, di casse pensioni. E adesso il governicchio li vorrebbe depredare per l’ennesima volta, e per cosa? Ma per finanziare i privilegi pensionistici degli statali (quanti funzionari dirigenti del Cantone sono andati in pensione prima dei 60 anni con rendite di platino pagate dal contribuente?) e le carenze gestionali dei dirigenti dell’istituto previdenziale cantonale!
Come già annunciato su queste colonne: se il furto da mezzo miliardo ai danni dei contribuenti dovesse venire proposto al parlamento, e se il triciclo in Gran Consiglio lo dovesse approvare, la Lega lancerà il referendum.
Quanto alla riformetta-pateracchio appena presentata, è chiaro che durante il dibattito parlamentare la Lega presenterà delle proposte di modifica.
Lorenzo Quadri