La nuova norma, plebiscitata dal popolo ticinese, è efficace. E sta facendo scuola
E’ stato divulgato in questa settimana il bilancio dei primi sei mesi d’applicazione della legge antiburqa in Ticino. Risulta che le sanzioni sono state poche: sei multe e dieci ammonimenti. I multikulti – quelli che sognano di sdoganare minareti e velo integrale e di rendere l’Islam religione ufficiale in Svizzera – ne hanno approfittato per sottolineare che si tratta di cifre piccole e quindi, a loro dire, sul pastrano integrale si farebbe “tanto rumore per nulla”.
Cifre piccole
Sulle cifre piccole: embè? Nel caso qualcuno non l’avesse capito, l’obiettivo del divieto di burqa non è mai stato quello di riempire le casse pubbliche con le contravvenzioni, bensì di chiudere le porte del nostro paese all’estremismo islamico ed ai suoi simboli, incompatibili con i valori occidentali.
L’introduzione del divieto di Burqa è stata accompagnata da un’accurata azione informativa. Evidentemente è successo proprio il contrario di quello che paventavano gli spalancatori di frontiere multikulti, i quali tentavano di colpevolizzare i sostenitori del divieto di dissimulazione del viso (“beceri razzisti islamofobi”) farneticando dei laceranti conflitti interiori (?) che esso avrebbe provocato alle donne in arrivo da paesi dove sono costrette a girare integralmente velate. Cosa è accaduto invece? E’ accaduto che le turiste arabe si sono tolte il burqa. Senza tante storie.
Nessuna defezione di turisti
Smentiti anche gli ambienti turistici i quali, preoccupati per la propria saccoccia, paventavano la diserzione dei turisti arabi. Invece i turisti dei paesi del Golfo sono arrivati tranquillamente, senza burqa. Anzi, ne sono arrivati più di prima. Forse perché il divieto di burqa non è cosa poi così scandalosa nel mondo musulmano, essendo in vigore anche alla Mecca? Ma questo i multikulti si sono ben guardati dal dirlo. Il loro unico obiettivo era infatti denigrare e delegittimare i promotori del divieto.
Un divieto, plebiscitato dal popolo ticinese, che sta facendo scuola. Ed infatti sempre più paesi lo stanno introducendo o pensano di farlo (ultima in ordine di tempo, l’Austria). Tutti scemi, i governanti di questi Stati? Tutti razzisti e xenofobi? Tutti ad autoerotizzarsi cerebralmente con “non problemi”? Oppure, per l’ennesima volta, ad essere “fuori a sbalzo” sono i multikulti? Quelli che vogliono rottamare la nostra identità ed i nostri valori per promuovere l’islamizzazione della Svizzera?
Un successo
Il divieto di burqa votato dai ticinesi è quindi un successo. Ha avuto esito preventivo (poche le sanzioni comminate), ha chiarito che in Ticino non c’è spazio per usanze incompatibili con i valori occidentali, non ha provocato né crollo del turismo dai paesi del Golfo né psicodrammi individuali. Ed ha fatto da apripista.
A rosicare è rimasta la svizzera (?) convertita all’Islam radicale Nora Illi (quella che un ex deputato verde austriaco ha definito “una marionetta insignificante a cui è stato fatto il lavaggio del cervello”) ed il di lei sodale Rachid Nekkaz, sedicente imprenditore algerino.
In effetti tra le sei donne multate in Ticino perché giravano in burqa c’è anche la Illi, che è stata sanzionata in quel di Lugano. Unico neo: la multa è stata di soli 250 Fr. Essendo la signora plurirecidiva e provocatrice, si sarebbe dovuti passare direttamente alla sanzione massima, ossia 10mila franchetti.
Lorenzo Quadri