29 marzo, la Brexit ha inizio. Paragone umiliante per i politicanti federali

Dunque ci siamo. La Brexit ha avuto ufficialmente inizio il 29 marzo con l’invio a Bruxelles della notifica d’inizio della procedura secondo il famoso articolo 50 del trattato di Lisbona. La votazione sulla Brexit si è tenuta, come noto, il 23 giugno 2016; a nove mesi di distanza, ecco che l’uscita dall’UE ha inizio, secondo la volontà popolare.

Un bel giorno per la democrazia, un brutto giorno per la fallita Unione europea: e le cose vanno di pari passo, visto che democrazia ed UE sono due cose inconciliabili.

Vergogna

Se a Bruxelles il 29 marzo 2017 verrà ricordato come una giornata nera, in Svizzera verrà ricordato come il giorno della vergogna. Vergogna dei camerieri dell’UE in Consiglio federale, vergogna del triciclo PLR-P$$-PPD, vergogna delle élite spalancatrici di frontiere, vergogna della stampa di regime (a partire da quella di sedicente servizio pubblico), vergogna di tutti quelli che hanno contribuito allo scandaloso affossamento del voto del 9 febbraio. E vergogna anche di quegli istituti demoscopici che adesso tentano addirittura di propinarci sondaggi-marchetta  secondo i quali i cittadini ticinesi sarebbero i più soddisfatti di tutti (!) del compromesso-ciofeca che stupra la Costituzione.

I Giuda della volontà popolare

I 9 mesi intercorsi tra il voto popolare e la lettera che dà il via al divorzio della Gran Bretagna dall’UE sono tanti o pochi? Certo è che a Londra la volontà dei cittadini – e ricordiamoci che il voto sulla Brexit aveva di per sé “solo” carattere consultivo – è stata fatta. A Berna invece non solo hanno menato il can per l’aia per tre anni ma, al termine del tempo a disposizione, i Giuda della volontà popolare hanno azzerato addirittura un articolo della Costituzione. I responsabili di questo sconcio, davanti alla letterina partita da Londra, possono fare una sola cosa, anzi due: 1) sprofondare dalla vergogna e 2) dimissionare in blocco.

Sulla 2) non ci sono ovviamente speranze, visto che questi signori e signore sono attaccati alle cadreghe come cozze allo scoglio. Nemmeno sul punto 1) ci sono grosse speranze: taluni, la capacità di vergognarsi l’hanno persa da un pezzo. Da parte nostra, faremo lavoro di utilità sociale nell’aiutarli a riacquistare l’abilità perduta. A tale scopo, non perderemo occasione di ricordare ad oltranza  lo stupro della democrazia a quanti l’hanno perpetrato. A loro, ma anche ai cittadini, affinché sappiano come regolarsi ai prossimi appuntamenti elettorali.

Ridicolizzati

Il 9 febbraio era la nostra piccola Brexit. Piccola perché non si trattava di tagliare del tutto i ponti con l’UE ma semplicemente di introdurre delle limitazioni alla libera circolazione delle persone. Limitazioni che sempre più specialisti considerano necessarie e giustificate. Apriti cielo: l’élite spalancatrice di frontiere prima si è agitata istericamente pretendendo che si rifacesse la votazione perché il popolo becero aveva deciso sbagliato. Poi, quando ha visto che il trucchetto non funzionava, è tornata a giocare la carta del terrorismo di regime: e l’incertezza giuridica (uhhh, che pagüüüüraaa!) e le conseguenze per la ricerca, e le possibili ritorsioni, ed una marea di altre boiate.

Sappiamo come  è andata finire. Con l’umiliazione della democrazia da parte dei politicanti camerieri di Bruxelles. Con il ministro dell’economia Johann “Leider” Ammann, PLR, che il giorno dell’approvazione parlamentare del compromesso ciofeca telefonava tutto scodinzolante ai suoi padroni di Bruxelles per annunciare la missione compiuta: sovranità nazionale rottamata.

Il popolo elvetico è stato ridicolizzato dai suoi indegni rappresentanti. Cosa pensano adesso  i cittadini europei di noi svizzerotti ? Facile:  “voi votate e votate, ma tanto non contate nulla, perché i vostri politici fanno quello che vogliono. E voi siete così fessi che ve lo fate andare bene”.

La risposta

La migliore risposta al terrorismo di regime sui “Bilaterali indispensabili altrimenti è l’apocalisse” si trova in un passaggio del discorso tenuto da May alla Camera dei comuni: “una dose di incertezza transitoria (…) è un prezzo inevitabile da pagare (…). I giorni migliori sono davanti a noi, dopo la Brexit”.

Noi abbiamo avuto l’incertezza e, per colpa dei Giuda della volontà popolare, invece di giorni migliori ci aspettano giorni sempre peggiori. Già, perché i balivi di Bruxelles adesso vorrebbero imporci addirittura l’accordo quadro istituzionale. Una pretesa così demenziale che qualsiasi Stato non membro dell’UE la rimanderebbe per direttissima al mittente accompagnata da un sonoro “Vaffa”. Ma con gli svizzerotti, devono essersi detti a Bruxelles, val la pena tentare: finora hanno calato le braghe su tutto, vuoi che non le calino anche su questo?

La differenza

A proposito della notifica della Brexit, sul CdT un commentatore cha scritto: “nel testo della lettera inviata (da Londra) a Tusk (presidente del Consiglio europeo) il linguaggio costruttivo e diplomatico non nasconde tuttavia i primi colpi bassi di un Paese abituato a mercanteggiare, se necessario in modo duro”. Ecco un’altra differenza fondamentale con la Confederella che, invece, è abituata ad abbassare i calzoni ad altezza caviglia. Complice anche una diplomazia flaccida, filoeuropeista, ed assolutamente inadeguata a trattare con entità ostili quale l’UE. La quale, ficchiamocelo bene in testa, è tutto tranne che nostra amica.

Lorenzo Quadri