La riorganizzazione del turismo ticinese è finalmente “a tetto”. Dopo oltre 40 anni il settore potrà dunque disporre di un quadro giuridico che gli permetterà di agire in modo più efficace. Una riforma radicale era senz’altro necessaria. A maggior ragione se si pensa che il turismo dovrà diventare una risorsa economica sempre più importante per il Cantone, visto il crollo della Piazza finanziaria dovuto a scellerate politiche federali per cui si può ringraziare la “politica del cedimento” della ministra del 5% Widmer Schlumpf e dei suoi supporters.

La riforma prevede la riduzione (in prospettiva) degli attuali 10 enti turistici a 4 organizzazioni turistiche regionali (OTR), le quali saranno dotate di nuovi compiti, ad esempio nell’ambito della propaganda, e dei mezzi finanziari per svolgerli.

Saranno dunque le OTR a giocare il ruolo principale: dovranno saperlo fare al meglio, impegnando i mezzi a disposizione secondo i criteri aziendali di efficacia ed efficienza. Il tempo della distribuzione delle risorse ad innaffiatoio in base a  valutazioni di tipo politico (per la serie: uno ciascuno non fa male a nessuno) è finito. Costituisce, peraltro, un lusso che non ci possiamo più permettere.

Attenzione ai gattopardismi

L’ente turistico ticinese verrà trasformato nell’ATT (aziende turistica ticinese), una SA nel cui CdA saranno rappresentate le destinazioni e le principali categorie professionali: saranno dunque loro i “padroni”.

Tutto bello e tutto buono? Naturalmente il rischio gattopardesco del “cambiare tutto affinché nulla cambi” è sempre in agguato. Per questo sulla nuova ATT bisognerà essere molto vigili. In particolare il trasferimento 1:1 del personale del “vecchio” Ente alla nuova azienda, da questo punto di vista può rappresentare un problema, visto che i compiti cambiano.

Carlo Luigi Caimi, presidente della sottocommissione parlamentare che ha esaminato il messaggio governativo sulla nuova Legge sul turismo (LTur), ha definito la riforma una “rivoluzione pacifica”. Rivoluzione sì; pacifica forse un po’ meno, e qui è il caso di ricordare un paio di cosette a quanti si stanno “facendo belli con le penne del pavone”, appropriandosi di meriti non loro.

In effetti la nuova legge deve la sua forma allo strappo fatto dagli enti turistici di Lugano e Locarno il 6 luglio 2012: all’assemblea di Ticino turismo i due principali enti regionali in segno di protesta ritirarono la candidatura dei rispettivi presidenti al CdA dell’ETT. Infatti la riforma della legge stava andando in tutt’altra direzione, ossia verso il potenziamento dell’ente cantonale e l’esautorazione di quelli regionali, che rischiavano di trovarsi a fare i gestori di sportelli, con tutte le competenze operative e strategiche – e le relative risorse – centralizzate a Bellinzona.

Lo strappo del 6 luglio

L’”atto di forza” del 6 luglio 2012 – che naturalmente in sede cantonale non piacque affatto – impose un cambiamento di rotta a 180 gradi, invertendo i termini della riforma della LTur.

I punti principali della nuova legge sono stati elaborati sulle rive del Ceresio e condivisi con Locarno. Evidentemente non si trattava di fregnacce, visto il consenso pressoché unanime che hanno riscosso. Al punto che in sede DFE ed ETT, visto il vento che tirava, hanno fatto in fretta a fare il salto della quaglia e a salire sul carro, presentando il concetto come proprio. Hanno voltato bandiera quando si sono resi conto di non avere i numeri per opporsi. Le loro intenzioni, però, erano di tipo diametralmente opposto, e in tale direzione sarebbe andata la nuova legge senza lo strappo del 6 luglio 2012. Una data, questa, che segna dunque una pietra miliare nel mondo turistico ticinese.

Lorenzo Quadri

Municipale di Lugano

Capodistero Turismo ed Eventi